Blog

  • Gran Bretagna: sequestrati 50 coccodrilli all'aeroporto Londinese di … – Blasting News

    Gran Bretagna: sequestrati 50 coccodrilli all'aeroporto Londinese di … – Blasting News

    Davvero incredibile la notizia [VIDEO] di quanto scoperto dalla polizia aeroportuale all’aeroporto Heatrow di Londra, nel corso di una serie di controlli a tappeto programmati nell’ambito di una più vasta operazione atta a contrastare il traffico illegale di Animali esotici e specie protette. Gli agenti della polizia aeroportuale dell’importante scalo aereo londinese si sono infatti imbattuti in un ingente carico illegale di coccodrilli marini di provenienza malese.

    Fonti ufficiali hanno reso nota la notizia nella giornata di ieri venerdì 4 maggio

    I rettili, tutti giovani esemplari di coccodrillo marino dell’età di circa un anno, sono stati rinvenuti ammassati in degli angusti scatoloni.

    In base a quanto accertato dagli agenti, erano destinati ad una fattoria del Cambridgeshire dove sarebbero stati allevati come animali da macello per il consumo della loro carne.

    La notizia, che ha fatto immediatamente il giro dei media britannici [VIDEO], oltre a destare scalpore, ha sollevato anche la presa di posizione delle associazioni animaliste che denunciano il fatto che non si tratti solo di un caso illecito d’importazione di animali, ma anche di un palese maltrattamento degli stessi, viste le condizioni in cui i poveri rettili sono stati costretti a viaggiare.

    Tra quanti hanno fatto la voce grossa contro il traffico illegale di animali, vi è Grant Miller, presidente della convenzione sul commercio internazionale delle specie animali minacciate di estinzione, il quale, proprio in riferimento a questo sequestro, ha fatto notare come i coccodrilli a causa delle condizioni estreme di trasporto avessero iniziato ad attaccarsi addirittura l’uno con l’altro alla ricerca di un adeguato spazio vitale per mero spirito di sopravvivenza.

    Uno dei 50 piccoli esemplari di coccodrillo marino è morto poco dopo il sequestro, mentre gli altri, anch’essi debilitati dalle condizioni in cui sono stati trasportati, sono stati presi in consegna da veterinari specialisti per essere osservati e ricevere le cure specifiche del caso.

    Il coccodrillo marino è il più grande rettile vivente sulla terra

    Il coccodrillo marino, conosciuto anche come estuarino, è il più grande rettile vivente sulla terra, può raggiungere i 7 metri di lunghezza ed il suo peso generalmente supera la tonnellata. È presente nel subcontinente indiano, ma la superficie abitata dalla specie comprende anche l’Indocina, la Melanesia, la Malesia e le coste settentrionali australiane.

  • Il mondo cane di Wes Anderson – Rolling Stone Italia

    Il mondo cane di Wes Anderson – Rolling Stone Italia

    Prologo

    Arrivo nella hall del Grand Hotel et de Milan e capisco subito che non sarà un’intervista come le altre. Qualcuno porta un sacchetto pieno di medicine a quello che individuo essere l’assistente di Wes Anderson. Poco più di 10 minuti dopo avrei scoperto chi ne aveva bisogno. E no, non era Wes. Entro nella stanza d’albergo e saluto Roman Coppola, seduto sul divanetto. Sta benissimo. Noto anche Jason Schwartzman, mi allungo per stringergli la mano, ma «non toccarmi, sono in quarantena», mi rimprovera prontamente, mentre si dirige verso il bagno. Beccato: il malato è lui. Ma il meglio deve ancora venire. Arriva Wes Anderson, vestito esattamente come ti aspetti che sia vestito Wes Anderson: completo anni ’70 a spina di pesce marrone e cravatta a righe. Gli dico che il film è una meraviglia, lui mi ringrazia a ripetizione. Sì, perché il regista di culto texano ha dei modi che nemmeno un lord inglese d’altri tempi. Intanto Schwartzman esce dalla toilette: si è messo un accappatoio sopra gli abiti perché ha freddo, si sdraia sul letto e mi parla da lì. Tutto normale insomma, possiamo iniziare.

    Capitolo 1: I Cani

    I would like to live in a Wes Anderson movie/ See you in slow motion, when you get off the train/ I would like to live in a Wes Anderson movie/ Symmetrical shoots and then the Kinks start”. L’ho fatto davvero: ho iniziato l’intervista traducendo a Wes un paio di versi della canzone Wes Anderson dei Cani.
    Lui è sul pezzo: «La conosco, è di qualche anno fa, vero? Me lo ricordo perché me ne avevano parlato degli amici in Italia: è divertente». Che il titolo del suo nuovo film sia proprio L’isola dei cani «è una bella coincidenza». Sorride.

    Fare questa intervista è come entrare nella surreale dinamica a tre (+ 1, l’attore e co-sceneggiatore Kunichi Nomura) che ha portato alla scrittura del lungometraggio: «Wes ha la percezione iniziale», spiega Roman. «In questo caso ha sentito…». «Dei cani», lo interrompe Jason dal suo letto di dolore, «dei capi branco, che venivano maltrattati e esiliati. Poi poesia, e…». «Il Giappone», Coppola riprende la parola. «Condividiamo l’amore per il cinema e la cultura giapponese». Le influenze? «Kurosawa e Miyazaki», spiega Wes. «Sì! Miyazaki per tantissime ragioni, soprattutto per il suono, i rumori», dice Jason, e intanto imita il fruscio della carta e dell’erba con la voce. «Bellissimi silenzi», concorda il regista.
    Se vi piacciono i cani, vi commuoverete.

    Se amate il Giappone, ve ne innamorerete. E se siete fan di Wes Anderson, vi ritroverete a scodinzolare davanti a questa fiaba in stop motion, ambientata nella metropoli fittizia di Megasaki, vent’anni nel futuro. Quando in città scoppia un’influenza canina, il sindaco usa l’epidemia per fare deportare tutti i cani sull’Isola della Spazzatura. Il sottotesto politico è quasi una novità per il cineasta texano, ma qui sembra ovvio: «Sì, forse lo è», afferma. «Ma non è stata una decisione. Abbiamo iniziato a scavare nella storia: la politica era la base e, anche se è tutto immaginario, servivano degli elementi di realtà per renderla più interessante».

    Jason ricomincia a parlare dei cani protagonisti del film. Non si è mosso dal letto: «Ditemi se sbaglio, ma Spots e Chief…». Qui sgancia la bomba, lo spoiler definitivo, che non vi posso proprio rivelare. Se Schwartzman non ci fosse, bisognerebbe inventarlo. A riprendere le redini, con l’eleganza di sempre, è Wes: «A volte ci sono twist che ti sorprendono. Per questo avevamo la sensazione che la storia esistesse già, noi abbiamo solo dovuto scoprirla, rivelarla».

    Capitolo 2: Anderson & friends

    Roman Coppola è figlio di Francis Ford e fratello di Sofia. Jason Schwartzman è il cugino, sua madre è Talia Shire, la mitica Adriana di Rocky. E Wes Anderson è la loro famiglia (ulteriormente) allargata. Con il primo il regista ha realizzato quattro film, con il secondo, tra recitazione, doppiaggio e scrittura arriviamo a sette collaborazioni. Insieme il trio ha dato vita a Il treno per il Darjeeling. Un’idea penso di essermela fatta, ma cosa succede quando lavorano insieme? «Di solito Jason indossa una gran quantità di vestiti pesanti», si diverte Coppola. «E sciarpe», continua Schwartzman, mentre se ne avvolge una intorno al collo. Nel frattempo si è unito a noi nel salottino, e si è messo un termometro in bocca: «Scriviamo in posti diversi, in giro per il mondo: in India, Germania, spesso in Italia, in Francia, in Inghilterra, a New York, in California, sui treni, sulle barche». «A volte pure al telefono», interviene Roman. «In Rushmore c’è una scena in cui guido un go-kart», racconta Jason. «Ricordo che Wes mi ha detto “salta su!”, e siamo stati 10 minuti in giro per le strade di Houston. Ho visto quanto era felice e ho pensato: “Cavolo, ha fatto questo film solo per poter guidare un go-kart”. Lavorare con lui significa andare sul set ogni giorno e sapere che può succedere qualunque cosa».

    Roman e Jason sono la dimostrazione che il lavoro per Anderson è anche una questione di amicizia: se state guardando un suo film, per esempio, è altamente probabile che tra i protagonisti ci sia Bill Murray, presente in 8 pellicole su 9 del regista, compresa L’isola dei cani. «Se sei fortunato ad avere amici con molto talento, che ti aiutano a fare un prodotto migliore… A volte, quando si finisce una produzione, le persone non vogliono più vedersi. Noi tutti, invece, siamo felici di lavorare insieme. Ci divertiamo, e, anche quando ci sono giorni più complicati di altri, alla fine non vediamo l’ora di iniziare il prossimo film insieme». Nell’Isola dei cani al doppiaggio c’è praticamente mezza Hollywood: «L’impegno non è tanto, basta registrare la voce. Quindi, se amano la storia, non hanno scuse». E infatti nemmeno Yoko Ono è riuscita a trovarne una: «È stata molto carina, ha guardato i materiali e ha detto sì».

    Intermezzo

    «Pensi che riuscirai a venire alla proiezione più tardi?», chiede Wes a Jason, che nel frattempo, termometro in bocca, si riprova la febbre e risponde: «Sì!». «Devi esserci», continua il regista. «Dobbiamo fare un talk. Credo che tra un po’ ti sentirai meglio».

    Capitolo 3: Stop motion

    Sarà perché lo stop motion ha quella vibrazione old fashion, o perché il regista ha un vero e proprio debole per i dettagli, ma Wes confessa che adora questa tecnica. «Però non direi che è il mio modo preferito di fare film, il migliore resta quello classico: una camera con davanti una persona». Dopo Fantastic Mr. Fox, L’isola dei cani è il secondo lungometraggio che Anderson realizza in stop motion, probabilmente il suo film più ambizioso. La produzione è durata due anni, ci hanno lavorato 670 persone, di cui oltre 70 direttamente sui pupazzi e altre 38 all’animazione. Sono stati costruiti mille burattini, 500 cani e 500 umani, in 5 diverse dimensioni: ogni protagonista ha richiesto circa 16 settimane per essere modellato: «Abbiamo usato la computer graphic per amalgamare, alterare, cancellare. Ma mai per creare l’immagine». Parliamo di una delle forme cinematografiche più dispendiose in termini di tempo e fatica: «Se realizzi un film in stop motion, poi per riprenderti devi farne almeno altri due normali, prima di progettarne di nuovo un altro così», sorride Wes.

    Capitolo 4: Essere Wes Anderson

    L’isola dei cani è l’ennesima riprova, se mai ce ne fosse bisogno, che Anderson è uno dei pochi veri autori di oggi, l’unico indie che sia riuscito a diventare in un certo senso mainstream, pur rimanendo esattamente quello che è sempre stato, alla faccia dell’industria e dei suoi meccanismi. Non esiste un cineasta contemporaneo che sia riconoscibile sin dal primo fotogramma quanto lui: «Per me non è importante, io non ci penso mai, soltanto se qualcuno me lo chiede. Quando giro un film ciò che è fondamentale dal primo frame è cercare di renderlo interessante, comunicare un mood o il nucleo di una storia, trovare qualcosa che catturi: è già molto dura pensare a quello, senza preoccuparsi di qualunque altra cosa. Proviamo a non usare mai elementi che abbiamo già utilizzato. Ma capita che non possiamo farne a meno».

    Alzi la mano chi non ha mai sentito parlare delle inquadrature perfettamente simmetriche di Wes Anderson: «È la sua natura, non è qualcosa che fa coscientemente», spiega Roman. «Quando parte un suo film è come se si aprisse il sipario a teatro. Come se dicesse: “Ora guardiamo uno show, starete con noi per un po’”», racconta Jason. Essere un regista cult vuol dire avere una schiera di omaggi e imitazioni, vedi i trailer sul web di film famosi Wes Anderson style. Gliene elenco un po’: X-Men, Harry Potter, Fight Club, Forrest Gump e pure il discorso sullo stato dell’Unione di Obama. «Ho sentito parlare di alcuni», confessa il regista. «A volte preferisco non guardarli, perché mi chiedo: “È questo quello che faccio? Spero di no”. Ma è divertente, è bello perché ci sono persone che prestano attenzione. Spesso è un complimento, ma capita che qualcuno sia offensivo». «È come quando da piccolo facevo film sui gangster. Non erano paragonabili, ma emulare è un buon modo di imparare», interviene Jason. «A volte», conclude netto Wes.

    Epilogo

    [embedded content]

    II tempo sta per scadere ed è arrivato il momento di fare LA domanda. Dopo essere stato nominato 6 volte in diverse categorie (miglior film, cartoon, regia, sceneggiatura originale), perché Wes Anderson non ha mai vinto un Oscar? Mi guarda. «È uno scandalo, secondo me», aggiungo. Sorride: «È bello che tu pensi questo, ma non posso dire altro. Io e Roman siamo stati candidati insieme (nel 2013, per la miglior sceneggiatura originale di Moonrise Kingdom, ndr). Lui e Jason hanno vinto un Golden Globe per Mozart in the Jungle». «E pure tu ne hai vinto uno», interviene Roman. «Sì, per Grand Budapest Hotel, sono buoni premi». Non mollo: il prossimo anno sarà quello giusto per l’Academy? «Non so, forse ne stiamo parlando troppo presto, ma chissà, se saremo fortunati, vinceremo un premio al Festival di Berlino». Anderson non lo sapeva, ma da lì a un paio di giorni avrebbe portato a casa l’Orso d’argento per la miglior regia, dopo che L’isola dei cani aveva già fatto la storia come primo film d’animazione ad aprire la manifestazione.

    Per chiudere gli butto lì che è bello vivere in una città, Milano, dove c’è un locale progettato da lui, il Bar Luce alla Fondazione Prada. Lui annuisce e Schwartzman, immancabile, dice che non c’è mai stato. «Ci andrete stasera?», chiedo. «Certo, ma non dirlo a nessuno», raccomanda Wes. «Abbiamo un conto aperto?», verifica Roman. Anche se forse Jason avrebbe più bisogno di un conto aperto presso la farmacia all’angolo.

  • Microchip per il riconoscimento dei cani, per tutta l'estate la Asl 1 … – Riviera24

    Microchip per il riconoscimento dei cani, per tutta l'estate la Asl 1 … – Riviera24

    Buone notizie per glia manti degli amici a quattro zampe. La Asl1 Imperiese, nel contesto del progetto per l’identificazione dei cani,ha deciso di applicare gratuitamente il microchip di riconoscimento, nel periodo compreso tra il mese di giugno e quello di settembre.

    Il servizio avverrà su appuntamento, telefonando, da lunedì al venerdì dalle 7 alle 9 e dalle 13 alle 14, al numero 01837663. Oppure si potrà mandare una e-mail (specificando il proprio recapito telefonico) all’indirizzo: veterinari@asl1.liguria.it.

    Il chip serve per iscrivere il cane all’Anagrafe Canina Nazionale che, dopo la prima fase di avvio, si è arricchita con nuove informazioni relative all’animale quali la specie (cane, gatto, furetto), la razza e il sesso dei cani. I dati relativi alle anagrafi dei gatti e dei furetti gestite dalle Regioni sono in continua implementazione.

    Il costo dell’applicazione, passando per un veterinario privato, si aggira sui 50 euro, tramite un’Azienda sanitaria locale , si abbassa invece a 10.

  • A Firenze un'area per cani dedicata a Diesel, cane eroe degli … – Il Secolo XIX

    A Firenze un'area per cani dedicata a Diesel, cane eroe degli … – Il Secolo XIX

    Diesel, una femmina di pastore belga di sette anni, entrò per prima nell’appartamento di Saint Denis dove si nascondevano i terroristi degli attentati di Parigi del 2015 e fu uccisa. A lei è stata dedicata l’area cani del parco dell’Anconella a Firenze: all’intitolazione hanno preso parte l’assessore alla toponomastica Andrea Vannucci e numerosi cittadini della zona, con i loro amici a quattro zampe.

    LEGGI ANCHE:

    Diesel, il cane eroe degli attentati di Parigi

    Questa è la seconda `dedica´ del genere nel capoluogo toscano, dopo quella dell’area cani di via Unione Sovietica intitolata alla celebre cagnolina e cosmonauta russa Laika, celebrata il 3 novembre scorso in occasione del 60/o anniversario dal suo lancio in orbita. Altre proposte che saranno discusse in assemblee organizzate nei quartieri cittadini per nuove intitolazioni ad eroi a quattro zampe sono Hachiko, Fido (il cane mugellano), Peritas (il cane di Alessandro Magno), Balto.

    «È un modo per dare identità e riconoscimento a luoghi molto apprezzati e frequentati dai cittadini e dai loro cani – ha detto Vannucci – Un gesto di attenzione a quella larga parte di cittadinanza che fa dell’amore per gli animali un pezzo importante della propria vita. La scelta del nome di Diesel è nata da un confronto con i residenti della zona, molto affezionati a quest’area e a tutto il parco dell’Anconella, restituito a nuova vita dopo la tromba d’aria dell’agosto 2015».

    © Riproduzione riservata

  • «Show Dogs», il film commedia che aiuta i cani randagi – Vanity Fair.it

    «Show Dogs», il film commedia che aiuta i cani randagi – Vanity Fair.it

    I veri protagonisti sono loro, i cani, coinvolti in un piano per sgominare una banda di commercianti illegali di animali. Show Dogs è una folle spy comedy distribuita da Eagle Pictures, che uscirà nelle sale il 10 maggio. Ma per vederla in anteprima mondiale l’appuntamento è domenica 6 maggio, alle 16.30, al The Space Cinema Moderno a Roma. Un evento da non perdere, per almeno tre motivi.

    Il primo: all’evento, sul red carpet, parteciperanno tutti i doppiatori del film, e ciascuno di loro sfilerà con un cane in cerca di adozione. È un cast d’eccezione, che si potrà vedere dal vivo. Nella lunga lista degli attori che hanno prestato le loro voci agli animali, ci sono Giampaolo Morelli, Cristiano Malgioglio, Barbara D’Urso, Marco Bocci. E ancora Ale e Franz, Claudio Amendola, Michela Andreozzi, Benji e Fede, Giulio Berruti, Rossella Brescia, Fabio Canino, Carlo Conti, Carolina Crescentini, Giacomo Ferrara, Chiara Francini, Nino Frassica, Lino Guanciale, Valeria Marini, Marco Masini, Rocío Muñoz Morales, Lucia Ocone, Giorgio Panariello e Francesco Pannofino.

    Il secondo: le risate sono assicurate. Max, cane Rottweiler, e Frank, il suo partner umano, lavorano per l’FBI: devono occuparsi del rapimento di un cucciolo di panda, sequestrato da una banda di commercianti illegali di animali. I due agenti riescono a captare un indizio che li mette sulle tracce di una gang, che ha venduto il panda a una mostra canina di grande prestigio. Come fare per risolvere il caso? La soluzione è partecipare sotto copertura, e questo compito tocca a Max. Che, con l’aiuto di Frank, Max troverà dentro di sé la sua vera anima, quella da Show Dog.

    Ma, soprattutto, partecipando all’anteprima, si aiuteranno concretamente i piccoli amici a quattro zampe. L’ingresso costa 5 euro, e l’intero ricavato sarà devoluto all’Oipa, l’organizzazione internazionale protezione animali, per creare un fondo che verrà utilizzato dall’associazione per l’acquisto del cibo e di materiali utili per i canili. Il biglietto solidale si può acquistare attraverso questo link.

    LEGGI ANCHE

    Pet Therapy, così i cani aiutano le vittime di bullismo (e i bulli)

    LEGGI ANCHE

    Il pitbull Margot che ha protetto le gemelline nel bosco

    LEGGI ANCHE

    C-At work, quando i gatti vanno al lavoro. Le foto

    Top stories

  • A Firenze un'area per cani dedicata a Diesel, cane eroe degli … – La Stampa

    A Firenze un'area per cani dedicata a Diesel, cane eroe degli … – La Stampa

    Diesel, una femmina di pastore belga di sette anni, entrò per prima nell’appartamento di Saint Denis dove si nascondevano i terroristi degli attentati di Parigi del 2015 e fu uccisa. A lei è stata dedicata l’area cani del parco dell’Anconella a Firenze: all’intitolazione hanno preso parte l’assessore alla toponomastica Andrea Vannucci e numerosi cittadini della zona, con i loro amici a quattro zampe. 

    LEGGI ANCHE:  

    Diesel, il cane eroe degli attentati di Parigi  

    Questa è la seconda `dedica´ del genere nel capoluogo toscano, dopo quella dell’area cani di via Unione Sovietica intitolata alla celebre cagnolina e cosmonauta russa Laika, celebrata il 3 novembre scorso in occasione del 60/o anniversario dal suo lancio in orbita. Altre proposte che saranno discusse in assemblee organizzate nei quartieri cittadini per nuove intitolazioni ad eroi a quattro zampe sono Hachiko, Fido (il cane mugellano), Peritas (il cane di Alessandro Magno), Balto. 

    «È un modo per dare identità e riconoscimento a luoghi molto apprezzati e frequentati dai cittadini e dai loro cani – ha detto Vannucci – Un gesto di attenzione a quella larga parte di cittadinanza che fa dell’amore per gli animali un pezzo importante della propria vita. La scelta del nome di Diesel è nata da un confronto con i residenti della zona, molto affezionati a quest’area e a tutto il parco dell’Anconella, restituito a nuova vita dopo la tromba d’aria dell’agosto 2015». 

    *****AVVISO AI LETTORI******

    Segui le news di LaZampa.it su Twitter (clicca qui) e su Facebook (clicca qui)

    *********************************

  • Testamento, come lasciare tutta l'eredita al proprio animale domestico – Yahoo Finanza

    Testamento, come lasciare tutta l'eredita al proprio animale domestico – Yahoo Finanza

    Aumentano i cani e gatti milionari. Sarà anche una sorta di moda, ma sono sempre più gli animali domestici che alla morte del proprio padrone si scoprono milionari. Succede che i padroni decidano di lasciare agli amati amici quadrupedi una piccola o grande fortuna, per garantire un futuro più che roseo. La tendenza, premesso che ognuno è libero di disporre come meglio crede dei suoi averi, sia da vivo che da morto, apre anche qualche interrogativo di natura giuridica.

    La legge in Italia

    La normativa in vigore nel nostro Paese considera gli animali, compresi quelli d’affezione, dei beni mobili e, come tali, oggetto di diritti (come la proprietà) ma non soggetti di diritti. Non possono, quindi, ereditare somme di denaro come accade per un persona fisica. Possono però essere destinati dei lasciti sotto forma di legati, attraverso i quali il defunto dispone a carico di un suo erede un onere a favore dell’amato peloso, rimasto senza il suo padrone.

    Se non ci sono eredi?

    La faccenda legale si complica nel caso in cui il padrone muore e non ha eredi. Le ultime volontà del padrone umano, però, sono quelle di lasciare i suoi averi al cane o gatto di turno. Il rischio è che tutti i danari passino nelle mani dello Stato. Se non ci sono coniugi né parenti, fino al sesto grado, l’eredità finisce nelle casse statali. Giammai.

    Il quesito giuridico

    E se manca un erede, l’animale non può ereditare nulla? Come sempre, le leggi si possono interpretare. E’ buona cosa, in questo caso, nominare un esecutore testamentario, il quale sarà chiamato a realizzare le volontà espresse dal povero defunto nel modo migliore, destinando anche parte degli averi alla cura dell’animale domestico.

     

    Ti potrebbe interessare anche: 

     

  • Matrimonio a Prima Vista 3, il gatto di Roberto e Daniela un british … – Sky Tg24

    Matrimonio a Prima Vista 3, il gatto di Roberto e Daniela un british … – Sky Tg24

    Nel corso della terza puntata di Matrimonio a Prima Vista 3 abbiamo assistito, tra le altre cose, ai tentativi di alcuni dei protagonisti di creare l’atmosfera adatta a raggiungere l’agognata intesa sessuale. Roberto ha giocato la carta della dolcezza e ha regalato a sua moglie un gatto, ma a quanto pare non ha sortito l’effetto sperato. In attesa di scoprire quali saranno le decisioni finali, su Sky Uno, giovedì 10 maggio alle 21.15, scopri alcune curiosità su Gerry, il tenero felino di Roberto e Daniela che a un primo sguardo sembra un british shorthair, ma non lo è.

    Roberto ha regalato a Daniela un tenero gatto, a cui successivamente hanno dato il nome di Gerry, sarà stato un omaggio al loro psicologo di riferimento Gerry Grassi? Tutto sommato è anche merito suo se si sono incontrati e hanno avuto la chance di vivere questa folle avventura di sposarsi al buio e credere di poter incontrare l’amore attraverso un esperimento sociale, il più rivoluzionario del piccolo schermo.

    Come lo stesso Grassi ha avuto modo di sottolineare. “Roberto ha regalato il gatto nel tentativo di intenerire Daniela. È un gesto molto proiettato nel futuro, un animale richiede molta responsabilità e necessita di attenzioni e di tempo. Fare un regalo di questo tipo con una persona che non sta manifestando particolare interesse può essere un rischio. Potrebbe diventare un collante ma potrebbe essere vissuto anche come una eccessiva responsabilità”. Allo stesso tempo però è anche vero che: “Un animale è sempre ben disposto a rassicurarci senza volere nulla in cambio. Ci fanno spesso distogliere l’attenzione dai problemi che ci affliggono. Avere un animale domestico può essere il miglior calmante perché ci aiuta a spostare l’attenzione dalle situazioni di stress e dalle preoccupazioni. Si crea un legame speciale, basato sullo scambio di affetto ed emozioni che ci fa sentire amati incondizionatamente perché gli animali non hanno forme di pregiudizio”.

    Peccato che questo estremo tentativo da parte di Roberto si sia rivelato inutile, almeno a giudicare da quanto è successo nella scorsa puntata, quando i due ex single hanno deciso, a Portopiccolo in gita con le altre coppie di tornare a vivere ciascuno a casa propria. Gerry è rimasto da Roberto, Daniela ha ritenuto più giusto lasciarlo a suo marito, peraltro ha confessato davanti alle telecamere che non voleva che lui le rinfacciasse di aver portato il suo regalo. Giusto o sbagliato che sia, il tenero felino si ritrova con un solo “genitore” e Roberto è ben contento di accudirlo.

    Ma quali sono le dieci cose da sapere sui gatti di razza Scottish Fold?

    E’ una varietà di gatto originaria della Scozia.
    Il manto richiede frequenti cure.
    I più comuni sono di colore grigio.
    Si chiama Gatto Scottish Fold perché “Fold” in inglese significa “Piega”
    La piega delle orecchie è causata da una patologia genetica denominata osteocondrodisplasia
    E’ vietato accoppiare due scottish fold: il gene in omozigosi è deleterio; gli accoppiamenti consigliati sono con soggetti dalle orecchie dritte per evitare gravi problemi di salute.
    E’ affettuosissimo.
    Sopporta bene le basse temperature.
    Può vivere sia in appartamento, sia in giardino.
     

  • Pet therapy, guarigioni e business: i dubbi sugli “emotional support” – OFCS.Report (Comunicati Stampa) (Blog)

    Pet therapy, guarigioni e business: i dubbi sugli “emotional support” – OFCS.Report (Comunicati Stampa) (Blog)

    a cura di Sara Novello

    Aumenta il supporto all’uso di animali come terapia per patologie quali la depressione e l’autismo, ma gli “emotional support” non garantiscono alcuna guarigione. Negli Stati Uniti un animale può imbarcarsi su un volo solo se un medico ha firmato una lettera affermando che aiuta il suo proprietario ad affrontare una difficile condizione medica. Delta Air Lines ha trasportato 250.000 emotional support (cosi definiti tali animali) nel 2017, con un aumento del 150% rispetto al 2015. La maggior parte sono cani, maiali, criceti, pavoni ma anche anatre come Daniel che aiuta il suo padrone a far fronte al disturbo post-traumatico.

    “La credenza che gli animali possano avere straordinari effetti positivi su alcune patologia è assai diffuso” dice John Bradshaw, antrozoologo all’università di Bristol (Uk) che studia i modi in cui gli esseri umani e gli animali interagiscono e in particolare come gli animali possano aiutare davvero le persone affette da malattie mentali. Bradshaw ha evidenziato che ci sono pochissime prove concrete per affermare che tale interazione possa migliorare la situazione clinica di un paziente. Nonostante questo, un sondaggio del 2014 negli Stati Uniti ha dimostrato che il 97% dei medici di famiglia  ritiene che possedere un animale dia benefici per la salute

    Studi e ricerche sugli effetti della pet therapy

    È diventata una routine prendere tutti i tipi di animali tra cui gli asini per case di cura, prigioni, scuole, ospedali. Persino una ventina di animali, tra cui il famoso maialino Lilou, vagano per l’aeroporto internazionale di San Francisco per calmare i viaggiatori terrorizzati dal volo. “Molti studi suggeriscono una stretta relazione tra proprietari di cani e buona salute – afferma ancora Bradshaw – ma la dinamica causa – effetto non è poi cosi chiara”.
    Uno studio condotto in California nel 2014 ha rilevato che bambini in famiglie con animali domestici erano più sani e più attivi di quelli senza, tuttavia erano più possessivi. I ricercatori conclusero che gli effetti positivi erano dati da un risultato di fattori socio-economico. “La gente confonde il sentirsi bene in presenza di animali con i benefici clinici a lungo termine – spiega Bradshaw – Quando si accarezza un animale domestico, i livelli di ossitocina ed endorfina aumentano, la pressione sanguigna scende e il battito del cuore diventa più regolare ma non ci sono prove che questo star bene si traduca in una possibile guarigione a lungo termine”.

    Una revisione del 2017 ha rilevato che nonostante l’uso diffuso delle terapie sugli animali, la ricerca scientifica sulla sua efficacia e su come essa potrebbe concretamente funzionare è assente. Alcuni studi hanno rilevato che la presenza di animali può avere un effetto incoraggiante sui pazienti degli ospedali e sugli ospiti delle case di cura. Questo potrebbe essere determinato dal fatto che gli animali di per sé aumentano l’umore delle persone in genere rendendo un ambiente sterile più gradevole.

    Si potrebbe dunque parlare di un beneficio dal punto di vista dell’interazione sociale aiutata dal rapporto che si instaura tra essere umano e animale, ma non curativo di certe gravi patologie.

    Un grande business spesso contro il benessere animale?

    L’idea che gli animali offrano benefici per la salute risale agli anni ’60, quando lo psicoterapeuta statunitense Boris Levinson scoprì che alcuni bambini con problemi di comunicazione si aprivano maggiormente agli altri quando il suo cane, Jingle, era presente. Alcuni benefici comprovati li possiamo notare nel caso di bimbi affetti da autismo. La ricerca di Bradshaw mostra che giocare con un cane ha aiutato alcuni bambini autistici a imparare a leggere. Anche in quest’area, tuttavia, gli studi variano nelle forme di trattamento e nei risultati ottenuti. Queste affermazioni non significano che gli animali non possano aiutare le persone, ma senza una ricerca che ne controlli i reali effetti non possiamo sapere quale animale in quale contesto potrebbe essere il migliore.

    Nonostante la mancanza di prove, la terapia animale viene reclamizzata come trattamento per patologie gravi come PTSD (post-traumatic stress disorder), depressione e dipendenza trasformandosi in un grande business. Una sessione di “delfino terapia”, in cui le persone entrano in stretto contatto con questo mammifero all’interno di una piscina, può costare fino a 600 sterline l’ora. “Potrebbe essere divertente, ma non ci sono studi che dimostrino alcun effetto benefico di sorta” conclude Bradshaw.

    Inoltre, non dobbiamo occuparci solo del benessere dell’uomo ma anche di quello animale. Alcuni animali non sono idonei a queste “terapie”. È quanto sostengono alcuni veterinari: “I cervidi (cervo, daino, capriolo) anche quando allevati in cattività rimangono comunque animali estremamente sensibili allo stress: possono accettare il contatto con le persone che li accudiscono quotidianamente, ma si spaventano facilmente se esposti a persone o stimoli sconosciuti manifestando tutti i comportamenti tipici di un animale in una situazione di disagio: tentativo di fuga e manifestazioni ansiose”.

    Nel caso dei delfini, essi sono animali selvatici, anche se addestrati. La Whale and Dolphin Conservation ha chiesto il divieto di tutti i trattamenti con essi, sulla base del fatto che è dannoso sia per gli animali che per le persone.
    Inoltre, alcuni studi suggeriscono che in certe situazioni gli animali possono aumentare l’angoscia di una persona. Hal Herzog, uno psicologo della Western Carolina University, ha affermato che gli animali di sostegno emotivo potrebbero prolungare i problemi psicologici di una persona facendo evitare o ritardare la gestione dei loro problemi.

    Visualizzazioni: 3

  • L'evoluzione dei cani, li abbiamo selezionati o ci hanno scelto loro? – TargatoCn.it

    L'evoluzione dei cani, li abbiamo selezionati o ci hanno scelto loro? – TargatoCn.it

    Cani, lupi, razze, selezione, domesticazione, branco, alpha, dominanza, razze da lavoro, selezione da bellezza, inbreeding, malattie genetiche, tare ereditarie, razze da laboratorio.

    Questi sono i termini più comuni quando nei post sui social  si parla di cani.

    Ma chi è il cane? O meglio, cos’è un cane? Perchè abita con noi?

    In fondo è una bocca in più da sfamare, eppure convive con l’uomo fin dalla notte dei tempi.

    Com’è che noi e loro abbiamo fatto “amicizia”?

    Le teorie sono molte. Si pensava che fosse stato l’uomo, seguendo un processo di selezione Darwiniana, a creare il cane partendo dal lupo.

    Poi sono arrivati altri studi, altre ricerche, altri scavi e la teoria sulla domesticazione del cane è stata rivista, questo grazie sopratutto agli studi dei coniugi Coppinger: non siamo stati noi ad addomesticare loro, ma hanno scelto loro di vivere vicino a noi.

    Come?

    E’ bastato che l’uomo si riunisse in villaggi, creando così una nuova “nicchia ecologica”, un nuovo ambiente dove si poteva trovare molto cibo senza sforzo, erano i nostri avanzi, i  nostri scarti.

    Un animale molto simile al lupo ha cominciato a frequentare I confini dei nostri villaggi, a pattugliarli, a mangiare gli avanzi “tenendo pulito”, a segnalare l’arrivo di estranei, poi forse ad accompagnare gli uomini a caccia, cambiando la natura di animale selvatico ed in pratica autoaddomesticandosi.

    Inizia a cambiare la struttura sociale, non servono i branchi per fare gli spazzini.

    Cambia il carattere, diminuisce l’aggressività, che serve a cacciare animali più grandi.

    Si modifica l’aspetto, diminuisce la taglia, la dimensione del cervello, la lunghezza dei denti, il colore del mantello, la forma delle orecchie.

    Sono gli effetti della domesticazione!!

    E come siamo arrivate alle razze odierne?

    Con un processo lungo migliaia di anni, forse un po’ rovinato negli ultimi cinquanta.

    L’uomo ha visto che c’erano dei cani più adatti a fare la guardia, altri più adatti alla caccia, due dei lavori più antichi svolti dai nostri fedeli compagni.

    Le tipologie di cani iniziano a differenziarsi, l’uomo ci mette del suo, scegliendo di far riprodurre gli esemplari più bravi in quel particolare lavoro e dando loro cibo di qualità come le crocchette grain free

    La selezione è stata quindi fatta da sempre non guardando l’aspetto fisico, se non in minima parte, ma l’aspetto caratteriale e selezionando un cane per quel particolare compito, l’aspetto di quel cane veniva fuori da se. Non è un caso se i segugi si assomigliano tutti nella morfologia, così come i levrieri, i cani da guardia del gregge, i cani da presa, i bracchi. Una certa morfologia era accompagnata da determinate caratteristiche caratteriali.

    Ora invece le cose sono cambiate, pretendiamo di selezionare i cani facendo il contrario di quello che ci ha portati alle razze attuali: li vorremmo selezionare quasi esclusivamente in base all’aspetto fisico, fregandocene del carattere, della salute e delle caratteristiche mentali che tale hanno reso una razza.

    Ma per fortuna ci sono ancora allevatori ed appassionati che amano i cani, la loro storia, le loro differenze e si impegnano per continuare a mantenere le loro doti, non li vogliono omologare, non vogliono annullare il loro carattere per permettere a chiunque di tenere qualsiasi cane in qualsiasi ambiente.