di Federica Pezzoli

Quante (giuste) campagne di sensibilizzazione nelle estati italiane contro l’abbandono dei nostri amici a quattro zampe? E se ad andarsene invece fosse lui? “Apri la porta di casa e non c’è più chi ti aspetta”.

È l’incipit di “Qualche volta scappano”, la pièce vista al Teatro Nuovo di Ferrara sabato 4 marzo, diretta e interpretata da Pino Quartullo, che vede il debutto come attrice di Rosita Celentano; completa il trio Attilio Fontana. Lo spettacolo è la versione italiana della commedia francese “Toutou” di Daniel e Agnès Besse: un viaggio nel mondo di tutti quelli che hanno un cane.

Alessandro (Pino Quartullo) una sera, durante la solita passeggiata prima di andare a dormire, non si sa come – anche se le chiacchiere con una vicina molto carina, anche lei proprietaria di un cane, sembrano averci messo lo zampino – perde Toutou, un barboncino “rosso-miele” che lui e la moglie Marzia (Rosita Celentano) hanno adottato otto anni prima a Genova mentre facevano i volontari dopo un’alluvione. Lo hanno chiamato Toutou perché rischiava di finire sotto un treno e loro se lo sono preso prima di andarsene, cacciati a causa di una scenata di gelosia di Alessandro.

Il cane si è perso o è fuggito? “Credo di non essere stato io a perderlo, ma lui che se n’è andato”, si giustifica Alessandro con Marzia.

L’improvvisa e inattesa fuga dell’amato quadrupede di casa mette in crisi la coppia abbandonata, che comincia a interrogarsi sul perché il proprio cane se ne sia andato, si considerano colpe reciproche passando via via dal cane al matrimonio. L’arrivo in piena notte del migliore amico di Alessandro, Paolo (Attilio Fontana), in crisi con la sua donna, non migliora la situazione. Lui detesta i cani e fa capire loro come la loro vita sia cambiata, anzi finita, per colpa di Toutou.

Con “Qualche volta scappano” il pubblico si divide in due. Parte degli spettatori si riconosce nei disperati Marzia e Alessandro, sostenitori del legame forte e particolare che si instaura fra l’essere umano e il proprio cane, che chi non possiede un animale non può capire. Parte nell’amico Paolo, che cerca di ridimensionare il dramma e rivela ai due che a volte i padroni dei cani esagerano, suscitando a dire il vero molta più simpatia dei primi.

Nel mezzo sta Toutou, rappresentante della razza canina sempre più umanizzata. “Il migliore amico dell’uomo è il cane”, ma non è detto che sia il contrario. Tralasciando tutti gli episodi di abbandono e maltrattamento, all’estremo opposto c’è la strumentalizzazione di questi esseri viventi, trattati come oggetti da decorare e non compagni di vita da rispettare. E, in effetti, a pensarci bene la vita degli animali domestici comporta qualche compromesso, in cambio – ammettiamolo – di coccole e pasti quotidiani senza troppa fatica: non potersi sporcare, non poter abbaiare, ringhiare, mordere, annusare e sfogare gli altri istinti. “Stai seduto, dà la zampa, dà un bacino”; e croccantini insipidi al posto di un bell’osso o di un pezzo di carne cruda. Non c’è da stupirsi se a Toutou è “tornata la voglia di vivere la sua vita libera”.

Invece no, Toutou rispunta scodinzolando sul palco come se niente fosse: forse ha pensato – a ragione – che i suoi due padroni sarebbero stati persi senza di lui. E dunque: se a volte scappano, “meno male che alla fine ritornano”.

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