IL CASO – La vicepresidente dell’associazione di Pollenza replica alle accuse sugli affidi all’estero: “Procedure regolari e l’Anta era a conoscenza di tutto”. La direttrice del canile di Montegranaro: “Non c’è in corso nessuna guerra. Se in Germania vogliono i nostri animali smettano di fare la vivisezione”

Il villaggio del cane

camion_caniledi Federica Nardi

«I cani? Non sono spariti e all’estero li affidavano anche prima. Abbiamo sempre rispettato tutti i protocolli». Si difende così la vicepresidente dell’associazione di Pollenza, assistita per la parte civile dall’avvocato Barbara Arzilli, che replica alla direttrice del canile “Villaggio del cane” di Montegranaro, Daniela Corsi, che ha chiuso le porte alla sua associazione ritenendo incerto il destino degli animali affidati all’estero (leggi l’articolo). «I cani non sono scomparsi – dice la vicepresidente –. Ora dicono di non volerli affidare all’estero, ma lo facevano già. Ho sempre rispettato un protocollo ben preciso: chip, vaccinazione e il passaporto europeo concesso su autorizzazione dell’Asur. Tutto è regolato dal sistema “Traces” della comunità europea». Poi cita un episodio del 2013: «Sui cani che mandai all’estero ci fu un’indagine del corpo forestale di Macerata, dell’Interpol e della polizia tedesca per alcune segnalazioni anonime. Sul campione dell’indagine rintracciarono tutti i cani e mi chiesero scusa. La nostra collaborazione con l’estero risale proprio al 2013, quando ancora lavoravo al “Villaggio del cane”. Tramite il canile di Alba Adriatica, sempre gestito dall’Anta, eravamo entrati in contatto con un’associazione tedesca e avevamo cominciato ad affidare cani fuori dai confini nazionali». Tesi sostenute anche da Denis Canzonetta, 28 anni, educatore cinofilo ed ex dipendente del canile di Montegranaro: «Daniela Corsi era a conoscenza di tutti gli affidi, anche di quelli all’estero. La collaborazione con l’associazione tedesca per noi è stata fondamentale in un periodo in cui scarseggiavano le risorse economiche. Ci portarono camion di cibo, cucce di prima qualità e coperte. La maggior parte dei cani anziani che sono stati adottati all’estero qui in Italia non sarebbero mai stati scelti. È un problema culturale, qui già a un anno di età il cane viene considerato vecchio».
Sulla questione dell’affidamento dei cani, interviene anche Daniela Corsi, presidente dell’Anta di Civitanova. «Non c’è in atto alcuna guerra tra associazioni. Semplicemente riteniamo di avere la responsabilità dei cani che ci vengono affidati da regolari gare d’appalto o da convenzioni sottoscritte a garanzia del rifugio “Villaggio del cane”, fatto realizzare dall’Anta per i Comuni che ora vogliono disconoscere tale impegno solo per comodità, dopo che l’Anta ha risolto loro non pochi problemi. L’Anta intende rispettare la legge e la normativa che regola tale materia, in relazione alla tutela dei cani, che non sono oggetti da mettere via se non servono o dare a chiunque senza curarsi se poi li trattano bene. Se altre associazioni intendono avere cani in affido, sottoscrivano convenzioni come ha fatto l’Anta così si assumeranno tutte le responsabilità che ne derivano. Se in Germania vogliono cani – prosegue Corsi – la smettano di fare la vivisezione o la sperimentazione animale, legalizzata dalla comunità europea, o prendano i loro cani. Se poi i Comuni pensano di risparmiare sul randagismo obbligandoci a dare cani a chiunque e per qualsiasi ragione, diciamo che sbagliano e non si risparmia per nulla. Possono risparmiare solo facendo prevenzione così come indica la legge, mentre non esistono norme che impongono il risparmio dando i cani in affido, perché ovviamente i cani hanno diritto di essere tutelati come prescrive la legge quadro sul randagismo».

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