In Cassazione, l’imputata contesta tra l’altro la sua responsabilità per lesioni colpose e omessa custodia e malgoverno di animali ex art. 672 c.p.: secondo la difesa, la condotta della padrona dell’American Stafford sarebbe stata ritenuta negligente e imprudente solo sulla base “dell’aprioristico concetto della differenza di razza e di dimensioni tra i due cani“.

I giudici, secondo la ricorrente, non avrebbero tenuto conto, invece, della differenza di età dei due cani, essendo quello dell’imputata un cucciolo di nove mesi, istruito ed educato da un educatore cinofilo, mentre l’altro cane, di cinque anni, sarebbe stato adulto e quindi più maturo e aggressivo.
Inoltre, il difensore ricorrente evidenzia le differenze caratteriali tra le due razze di cani, rilevando la maggiore aggressività e disubbidienza di quello appartenente alla persona offesa.

La posizione di garanzia del padrone del cane

Una conclusione che gli Ermellini ritengono priva di fondamento. I giudici di merito, infatti, hanno dato conto, in primis, della indubbia posizione di garanzia assunta dall’imputata in relazione ai possibili danni che potessero derivare dal comportamento del proprio cane, accentuatasi ancor più una volta che la stessa aveva rassicurato la persona offesa circa il fatto che il proprio cane fosse docile e non aggressivo.
La giurisprudenza della Cassazione, rammenta il collegio, ha da tempo ribadito che, in tema di lesioni colpose, la posizione di garanzia assunta dal detentore di un cane impone l’obbligo di controllare e custodire l’animale adottando ogni cautela per evitare e prevenire le possibili aggressioni a terzi, finanche all’interno dell’abitazione (cfr. ex multis Cass., n. 18814/2011).

Neppure è fondata la doglianza della ricorrente secondo cui ogni valutazione della sussistenza della colpa in capo alla proprietaria dell’American Stafford sia stata fatta derivare dalla diversa taglia dei due cani e da una presunzione di pericolosità e di aggressività della razza dell’uno piuttosto che dell’altra.

Nonostante il cane dell’imputata fosse un cucciolo, appare fuori discussione che le due specie, in termini di stazza e potenzialità offensiva, fossero caratterizzate, anche per la taglia, da una ben diversa aggressività.

Cane di razza pericolosa: maggiore l’obbligo di custodia del proprietario

Per gli Ermellini di fronte a un cane di una razza che, per mole e indole, si palesi più aggressivo, l‘obbligo di custodia che grava sul detentore si attiva ancor più.

Rientra, in altri termini, in un criterio di assoluta logica che, attese le diverse potenzialità lesive, pur senza che operi alcuna presunzione, vi siano talune razze di cani che necessitino, normalmente, di una maggiore attenzione da parte di chi li detiene.

Ne consegue che al proprietario del cane fa capo una posizione di garanzia per la quale egli è tenuto ad adottare tutte le cautele necessarie a prevenire le prevedibili reazioni dell’animale, considerando la razza di appartenenza e ogni altro elemento rilevante.

Inoltre, l’obbligo di custodia si connota diversamente a seconda delle condizioni di tempo e di luogo in cui venga ad accadere un determinato fatto. Nel caso di specie, l’imputata è contravvenuta anche alle disposizioni del Regolamento Comunale il quale aveva chiariva che “i cani di indole mordace” dovessero essere muniti di museruola.

L’imputata, non adeguandosi alle norme di comportamento stabilite dal Comune, è incorsa in un profilo di colpa generica e anche specifica, finendo per contravvenire al disposto di cui all’art. 672 c.p. che sanziona chiunque non custodisce con le debite cautele, animali pericolosi da lui posseduti. La donna avrebbe dovuto tenere conto della inevitabile reazione che il proprio cane avrebbe potuto avere nel momento in cui l’altro le si è avvicinato.

La norma cautelare violata, infatti, le richiedeva, prima di consentire l’ingresso del Beagle all’interno dello sgambatolo, di accertarsi che tra i due cani non si potessero creare ostilità e aggressioni, data la evidente differenza sia di razza che di età tra i due animali che si vedevano per la prima volta.

Invece, la signora ha superficialmente acconsentito a far entrare in un’area circoscritta, quale l’area ove i cani entrano, appunto, per rimanere liberi, un altro cane sconosciuto che, al contrario del suo che proveniva da fuori sede, verosimilmente, doveva ritenersi “di casa” e che avrebbe potuto avere comportamenti tipici degli animali in ordine alla difesa del proprio territorio.
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