Mercoledì, 09 Marzo 2016 14:03

canile“Dopo 25 anni dalla Legge sul randagismo in Italia, che ne ha vietato la soppressione come norma di civiltà, occorre riflettere con serena e spietata autocritica”. Lo scrive il Presidente di WWF Umbria, Sauro Presenzini,  che invita sulla stampa locale a soffermarsi “sui risultati pratici prodotti da una legislazione nazionale e regionale rimasta in buona parte solo sulla carta”. Una Legge- continua Presenzini-  che “ha fallito tutti i suoi obbiettivi, ovvero la prevenzione delle nascite e il superamento della struttura canile, come meta ultima per l’animale. Gli animali agonizzano in attesa della morte, noi del Wwf siamo convinti che siano vittime di un sistema, che prospera sulla loro prigionia”.

C’è un esempio virtuoso: il canile sanitario di Collestrada, gestito dalla Dott.ssa Mancini della Asl 1 di Perugia. “Nel corso dell’anno 2015 – scrive il Presidente del WWF Umbria- a fronte 432 cani entrati in questa struttura, ne ha restituiti 252 perché tramite il microchip si è potuti risaliti al proprietario, ma soprattutto tramite il progetto “RandAgiamo” in collaborazione con l’Università di perugia”. Un “vero miracolo”, che ha affidato e trovato casa a 180 randagi, “azzerando quindi tutti gli ingressi del canile dell’anno 2015 svuotandolo letteralmente. Di più, è riuscita ad intaccare anche lo zoccolo duro degli anni precedenti con ulteriori 25 affidi portando la percentuale d’affidamento al 114% rispetto agli ingressi dell’anno 2015, senza incentivi, senza sovvenzioni, senza bisogno di denaro pubblico, semplicemente per zelo, senso di responsabilità, amore verso la sua professione e verso gli animali”.

Un elogio in piena regola a fronte di un quadro generale molto diverso: “I canili lager non devono più esistere, né privati, né Onlus”- continua Presenzini che agiunge: “Bisogna smettere di pensare che gli animali siano al sicuro allorché gestiti dai “buoni”, non è mica un assioma!. Il Presidente del WWF Umbria parla di “lotta ad accaparrarsi la gestione di canili e rifugi in convenzione, finanziati con fondi pubblici senza quartiere e c’è chi oggi ve ne chiede conto verificando e denunciando (se del caso), opacità, poca trasparenza, discrezionalità assoluta e immotivata, mancanza di verifiche, riscontri e risultati, fin’anche a vizi nelle gare d’appalto. I soldi sono parecchi, stanziati perlopiù dalle amministrazioni locali, i privati, le associazioni ricordiamo, gestiscono oltre il 75% del mercato economico del randagismo, pari a finanziamenti da 350 milioni di euro l’anno in Italia. I canili sono oggi un sistema che serve a far soldi, la Legge dice invece che vanno creati dei rifugi e i canili devono rimanere solo come presidi sanitari e luoghi di transito, ma così non è stato!!!” è la conclusione.

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