Giovedì, 14 Aprile 2016 08:15

mascherinIl Consiglio di Stato ha sospeso l’esecutività della sentenza con la quale il TAR Lazio riteneva applicabile agli Ordini professionali l’intera disciplina anticorruzione.
A determinare in questa direzione il Consiglio – che ha comunque già fissato la data dell’udienza di merito al 17 novembre -sono anche “gli sviluppi normativi attualmente in itinere, aventi finalità chiarificatrici  riguardo alla portata applicativa soggettiva dell’attuale disciplina normativa in materia di contrasto alla corruzione”. 

Ci sono almeno due corsie legislative aperte: il Ddl Lorenzin che aggiorna la normativa degli ordini professionali e i decreti attuativi della Riforma Madia rispetto alla collocazione degli Ordini, in quanto ‘enti pubblici non economici’ nel contesto delle leggi sulla trasparenza e la prevenzione della corruzione.

Ma intanto, stop alle delibere dell’ANAC che comportavano l’adozione completa delle misure anti corruzione anche agli ordini professionali. Fra queste, l’obbligo per i vertici delle categorie (e ai loro familiari) degli stessi obblighi di trasparenza imposti a politici e dirigenti pubblici e anche l’obbligo di adottare il piano triennale anticorruzione con l’osservanza dei divieti in materia di inconferibilità e incompatibilità degli incarichi.

Il Presidente dell’ANAC Raffaele Cantone– che si era detto disponibile ad alleggerire il carico di adempimento per gli enti di piccole dimensioni- conferma, dopo il Consiglio di Stato che “i controlli si faranno lo stesso”. Dal canto suo Andrea Mascherin, al vertice dell’Albo forense, dichiara che la materia del contendere cesserà “se andrà in porto il progetto governativo che riconosce una certa flessibilità nell’applicazione delle norme”.

E ancora: “Siamo assolutamente favorevoli, ovviamente, ad ogni misura che favorisca la trasparenza e il contrasto alla corruzione- dichiara Mascherin a Il Fatto Quotidiano-  ma qui c’è una questione di principio: perché un consigliere dell’ordine deve pubblicare anche i suoi redditi professionali? Che c’entra con la trasparenza che debba rendere pubblico l’acquisto di un castello se magari è riuscito a comprarselo con il suo lavoro? E’ giusto semmai che si sappia dei gettoni di presenza, dei compensi o degli rimborsi spesa che gli derivano dalla sua funzione in seno agli organi rappresentativi di categoria”.

Il presidente del Consiglio nazionale forense che insiste anche su un altro punto: “Il patrimonio che serve a gestire questi ordini non è denaro pubblico”. Tant’è vero che non è sottoposto al controllo della Corte dei conti. “Le norme di legge vanno bene per un ministero inteso come macchina complessa. O per i parlamentari che hanno una funzione politica, ma non si adattano a noi. E devo dare atto a Cantone della sua attenzione e del rispetto che ha dimostrato per il nostro ruolo”.

Sul punto il TAR Lazio era dell’avviso opposto: sussiste eccome un “interesse generale alla conoscenza del modo in cui le risorse degli ordini vengano impiegate”, indipendentemente dal fatto che siano contribuzioni private degli iscritti. Si tratta pur sempre di quote riscosse in funzione della natura pubblica degli Ordini,  riconosciute per legge anche in funzione delle attività che competono agli ordini professionali.

pdfIL_TESTO_DELLORDINANZA_DEL_CONSIGLIO_DI_STATO.pdf156.53 KB

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