Cassazioneermellino inf kjsD 1280x960WebNon è pacifica la condanna penale per il proprietario che uccise un alano per difendere il suo cane. Colpì senza o per necessità? La Corte di Cassazione (sentenza n. 50329 del 28 novembre 2016) interviene, con un nuovo orientamento giurisprudenziale sulle reazioni alle aggressioni di cani. La Corte ha annullato la condanna penale inflitta al proprietario dalla Corte d’Appello di Firenze. Saranno i giudici del rinvio che, con un nuovo processo, dovranno esprimersi sulla responsabilità penale tenendo conto delle indicazioni della terza sezione penale della Cassazione.

I fatti-  Un 71 enne di Piombino passeggiava con il proprio cane in una zona del centro abitato di Portoferraio adiacente alla spiaggia. Si avvicinava un alano condotto dal figlio del proprietario senza il guinzaglio nè museruola. L’alano aggrediva il cane, un esemplare di piccola taglia procurandogli “due piccole ferite” successivamente riscontrate dal veterinario curante. All’atto dell’aggressione, il proprietario del cagnolino reagiva con un bastone con puntale di ferro di 35 centimetri, fatale per l’alano (“colpendolo con un fendente sferrato al disopra della zampa anteriore sinistra”, la lama “era penetrata nel fianco dell’animale uccidendolo”).

Il delitto di uccisione di animali-
In base all’articolo 544 bis del Codice Penale, il delitto di uccisione di animali si configura come reato a dolo specifico nel caso in cui la condotta lesiva dell’integrità e della vita dell’animale -che può consistere sia in un comportamento commissivo come omissivo- sia tenuta per “crudeltà” e a dolo generico quando essa è tenuta “senza necessità”.

Gesto deliberato o necessità?– La difesa del 71enne motivava il gesto “sia perchè impaurito dalla aggressione verso il cane di piccola taglia” sia perchè “impaurito che l’alano potesse azzannare alla gola” lo stesso porprietario. Per la Corte di Firenze il gesto sarebbe stato, al contrario, “deliberato e non il risultato di una azione necessitata per salvare l’incolumità propria e del suo piccolo cane”. La Cassazione non ha qualificato il gesto alla stregua della Corte fiorentina e svolto considerazioni sul concetto di necessità di cui dovranno tenere conto i giudici del rinvio.

Il concetto di necessità secondo la Cassazione– Il concetto di necessità- si legge in sentenza- è “compreso lo stato di necessità di cui all’articolo 54 del Codice Penale e ogni altra situazione che induca all’uccisione o al danneggiamento dell’animale per evitare un pericolo imminente o per impedire l’aggravamento di un danno alla persona o ai beni ritenuto altrimenti inevitabile”. Sulla base di precedenti pronunce della Cassazione, la sentenza considera “carente” la decisione della Corte d’Appello di Firenze che non ha contestualizzato il momento dell’aggressione nè la percezione del pericolo e la reazione a una situazione di emergenza, bensì ha “apoditticamente” qualificato il gesto come “deliberato”.
Per l’articolo 54 del Codice Penale, richiamato dalla Cassazione, non è punibile chi ha commesso il fatto “per esservi stato costretto dalla necessità di salvare sè od altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, pericolo da lui non volontariamente causato, nè altrimenti evitabile, sempre che il fatto sia proporzionato al pericolo”.

La Cassazione non ha invece annullato gli atti giudiziari riguardanti il reato previsto dall’articolo 699 del Codice Penale (Porto abusivo di armi): il proprietario portava fuori dall’abitazione “senza giustificato motivo” un puntale di ferro, che estraeva da un bastone e per sua natura destinato all’offesa alla persona”.

La massima– “Il delitto di uccisione di animali delineato dall’art. 544 bis (che si pone in continuità normativa rispetto al reato di cui all’art. 727 cod. pen. prima della riforma attuata dall’art. 1° comma 1 della L. 20 luglio 2004, n. 189) si configura come reato a dolo specifico, nel caso in cui la condotta lesiva dell’integrità e della vita dell’animale che può consistere sia in un comportamento commissivo come omissivo, sia tenuta per crudeltà, e a dolo generico quando essa è tenuta, come nel caso in esame, senza necessità. (Sentenza 50329, sezione Terza Penale del 28-11-2016)

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