Nell’attuale panorama editoriale connotato da un’offerta omologata, sono pochi i libri che risaltano per originalità, e, quasi sempre, provengono da piccole case editrici e da autori inclini a schivare il grosso mercato.

E’ il caso de “Il cane della mafia” (sottotitolo “I siciliani e i cani di mànnara – divertissement”) di Salvatore Mugno, Algra editore. Salvatore Mugno è un poligrafo trapanese (più saggista che narratore) attento alle curiosità più varie e indifferente alle tendenze commerciali; Algra è una giovane e piccola casa editrice catanese che punta sulla qualità.

“Il cane della mafia” è un’insolita (se vogliamo, bizzarra) divagazione su una razza canina, quella appunto dei cani di mànnara, in via d’estinzione, che però ha assunto, nella Sicilia rurale assoggettata al latifondismo e alla mafia, un aspetto quasi simbolico e persino metaforico. Mugno, nel suo personalissimo pamphlet, ci illustra – anche con una punta di sobrio, divertito umorismo – la storia, le radici etimologiche della denominazione, la fisionomia, i tratti salienti, la non comune ferocia dei cani di mànnara. E si sofferma, soprattutto, sul ruolo da essi esercitato nella difesa delle greggi e sul loro rapporto con i padroni, quasi sempre campieri a servizio dei “possidenti”. Un rapporto – nota Mugno con gustosa ironia – che ha condotto nel tempo a una sorta di reciproca assimilazione caratteriale: torvi, taciturni, aggressivi, alieni a manifestazioni gioiose i cani di mannara allo stesso modo dei loro affidatari, e con la loro medesima, o simile, andatura altezzosa, ancheggiante, “malandrina”, rivelatrice di una baldanza paramafiosa.

Nel delizioso libriccino di Mugno, le digressioni che prendono spunto da questo esemplare di cane tipicamente siciliano sono tante. Un capitolo, ad esempio, è dedicato ai cani nella letteratura prodotta in Sicilia, con in primo piano naturalmente – noblesse oblige – Bendicò, l’elegante alano dal misero destino che per Tomasi di Lampedusa è una delle chiavi del suo tuttora incompreso capolavoro, e un riferimento al cimitero dei cani nella tenuta di Capo d’Orlando degli eccentrici fratelli Piccolo. Un altro capitolo approccia scientificamente la razza in questione e informa delle iniziative condotte e in atto per la sua protezione e promozione e persino dei relativi raduni e meeting organizzati in Sicilia. Né mancano, ad arricchire il singolare volumetto, una dettagliata bibliografia e un piccolo corredo fotografico.

Si scrivono tanti saggi sulla Sicilia e sui siciliani, molti pretenziosi e uniformi che nulla aggiungono a ciò che sappiamo e che è risaputo. Il divertissement di Mugno, invece, nel suo gradevole minimalismo, garantisce una lettura stuzzicante capace di offrirci uno spaccato dell’isola e della sua storia.

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