Un attore del muto, W.C. Fields, consigliava di non recitare mai con bambini e cani, perché rubano la scena. Meglio allora vedere questi ultimi nei film di animazione, dove hanno campo libero, danno il meglio di sé senza danneggiare gli umani. Il primo cane animato e antropomorfo sul grande schermo appare nel 1934 quando Disney decise che Mickey Mouse e Donald Duck avevano bisogno di un’altra spalla per le loro gags: era Goofy, divenuto subito Pippo in Italia.

Alto, allampanato, goffo come il nome americano lascia intendere, Pippo viene anche prima di Pluto, questa volta cane “vero”, anch’esso protagonista di numerose avventure con e senza Topolino. Da lì in poi, Disney avrebbe portato al cinema altri cani: da Lilli e il vagabondo – per sempre nel nostro immaginario mentre dividono un piatto di spaghetti – a Nana – il San Bernardo baby sitter di Peter Pan –, a Pongo e Peggy e a tutti i dalmata de “La carica dei 101”. Si arriva a oggi con Bolt, certo di avere i superpoteri perché lavora in una serie tv, dove è famoso per il suo superlatrato; i superpoteri li aveva invece veramente Krypto, il labrador bianco di Superman, che volava indossando la mantellina rossa come il suo padrone.

La Disney continua anche perché ha acquistato la Pixar, che ha sfoggiato ben due cani nella serie Toy Story”: Slinky, il bassotto a molla, e Buster, il setter che preferisce obbedire al pupazzo cowboy Woody piuttosto che al padroncino Andy. Concorrenti della Disney sono stati per anni i cartoons di Hanna & Barbera: i meno imberbi ricorderanno il Braccobaldo Show, serie di cartoni condotta da Braccobaldo Bau, un bloodhound che canticchiava “Oh my darling Clementine”: lo doppiava in italiano Renzo Palmer, ma in originale si chiamava Hucleberry Hound e parlava con un forte accento del Tennessee.

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Completavano la scuderia, Astro, il cane del futuro de “I pronipoti”, e l’alano Scooby-Doo, il primo cane a essere “cool” e a viaggiare su un Bulli Volkswagen in puro stile “flower power”: la sua è una serie che non conosce cali: tra fantasmi e misteri da risolvere continua ininterrotta dal ’69 (è la serie animata più longeva), in tv e al cinema. Classico, e insieme tutto diverso, è Snoopy, il beagle di Charlie Brown creato da Charles Schulz coi suoi Peanuts, il cane filosofo-aviatore-scrittore che dalle strips è giunto direttamente sul grande schermo.

Partito nel ’50 come comprimario, ha via via acquisito importanza, rivelando aspetti sempre nuovi, creativi e di vera simpatia, diventando figura di spicco assoluto anche delle versioni cinematografiche. All’imponente scuderia americana gli inglesi hanno risposto con aplomb misto a un filo di follia e rivestito di plastilina: è il caso di Gromit, del duo Wallace and Gromit, un cane che pare uscito dai racconti di P.G. Wodehouse. Se il suo padrone è imbranato e propenso a cacciarsi nei guai, Gromit sembra un ingegnere capace di risolvere qualsiasi problema.

Un buonsenso che divide con Bitzer, coprotagonista anche al cinema in “Shaun the Sheep”, il cane da pastore che deve badare a un gregge di pecore ribelli pronte a far festa a ogni occasione. A gennaio arriva al cinema, già serie tv, un’altra squadra di cani animati che per i bimbi sono irresistibili: è “Paw Patrol”; dotati di qualsiasi supertecnologia promettono di salvare chiunque sia in pericolo: quasi sempre umani, cui ormai hanno rubato tutta la scena.

Beppe Musicco, Vogue Italia, dicembre 2016, n.796, pag.88

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