Lunedì, 18 Gennaio 2016 15:22

agriturismo caniNon ci sono le basi giuridiche per vietare a chi non è imprenditore agricolo l’attività di addestramento cinofilo destinati alla Pet therapy.

Non si impone la qualifica di imprenditore agricolo a chi intenda svolgere l’attività di addestramento cani su terreni destinati dall’amministrazione locale ad uso agricolo. Non rileva infatti che la normativa nazionale (Legge 349/96) ascriva le attività cinotecniche ad attività di tipo agricolo.
Per il TAR Lombardia (Sezione di Brescia) la normativa è “ambigua”:  descrive infatti l’attività cinotecnica come finalizzata contestualmente ad allevamento, addestramento e selezione delle razze canine, ma non è detto che debbano esercitarsi tutte insieme. Chi intenda limitarsi al solo addestramento su un terreno classificato come agricolo non deve necessariamente essere un imprenditore agricolo, essendo peraltro ipotizzabile che le prestazioni coinvolgano animali non allevati, ma condotti dai rispettivi proprietari.

La sentenza del Tribunale bresciano si spinge oltre e nel considerare il tipo di addestramento in questione- su cani destinati ad attività assistite, definendo la cosiddetta pet therapy come “servizio di interesse pubblico”. Si legge in sentenza: “La pet therapy consiste effettivamente in un’attività terapeutica di promozione della salute dei soggetti beneficiari, i quali si trovano in condizioni di particolare debolezza o fragilità: l’instaurazione di una relazione positiva con l’animale domestico realizza un evidente interesse di portata generale, ossia il miglioramento del benessere degli individui in difficoltà.  La cura delle patologie che affliggono talune persone mediante l’ausilio di animali ben può rientrare nella definizione di “servizi di interesse pubblico”, adoperata dall’amministrazione per descrivere gli interventi ammessi nella zona ove la ricorrente svolge la propria attività”.

(TAR Lombardia-Brescia, Sez. II, sentenza 05.01.2016 n. 6)

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