Per molti un cane in casa è una presenza naturale, un’abitudine famigliare che si tramanda di generazione in generazione: lo avevano i nonni, l’avevano i genitori, ce l’hanno loro e lo avranno sicuramente i figli. E cosa significhi condividere l’esistenza con un amico a quattro zampe lo sanno bene. Per qualcun altro è un sogno di bambino che si realizza: l’avrei tanto voluto, ma mamma e papà erano contrari. Per altri ancora è una scoperta. Giorgio Panariello, per esempio, un giorno ha pensato che nella sua villa un cane avrebbe fatto pendant con i nani da giardino: ci sarebbe stato bene e avrebbe fatto la guardia. «Adesso semplicemente non potrei immaginare la mia vita senza un cane» spiega al Corriere della Sera. Ora di cani ne ha tre. «Non che prima non li amassi – racconta -. Mi piacevano come piacciono un po’ a tutti. Non capivo cosa mi stessi perdendo».

Oggi Panariello è tra gli artisti più impegnati nelle campagne a favore degli animali e l’ultima arriva in forma di libro epistolare – So che ci sarai sempre (Mondadori) -, una raccolta di lettere d’amore ai compagni scodinzolanti delle nostre vite, frutto di una call-to-action della Lega per la difesa del cane. La prima delle lettere è la sua, scritta in memoria di Zeus, il primo quattrozampe della sua vita. Le altre sono di studenti, casalinghe, anziani, uomini e donne d’affari. Raccontano storie d’amore e di dolore, di amicizie e di solitudini. Storie di coccole e di notti accucciate sul letto, di carezze infinite e di linguette che solleticano.

C’è quella di Argo, che al termine di una lunga malattia capisce che il suo giorno è arrivato e prima di chiudere gli occhi si preoccupa di salutare tutti i membri della sua famiglia umana. O quella di Snoopy, ucciso a colpi di carabina sul balcone di casa da un dirimpettaio che non sapeva come passare il tempo. Ma non è solo una Spoon River canina per commemorare chi non c’è più. Ci sono anche storie a lieto fine, come quelle dei tanti cani che grazie alle adozioni hanno lasciato le gabbie di un rifugio o quelle di chi è stato tolto dalla strada, come Bau, abbandonato nel piazzale della stazione di servizio di un’autostrada nei giorni delle vacanze, come nel peggiore degli stereotipi che però sono anche triste realtà.

Tra le pagine ci sono poi quei cani che non si limitano a farci compagnia: tipo Serpico, cane antidroga, che assieme agli altri agenti va in ospedale a trovare il compagno di pattuglia ferito; o l’anonimo cane di salvataggio che salva Graziano da una morte per annegamento; o Ludwing, cane guida i cui occhi sono diventati quelli di Lorella, rimasta cieca. «Noi ci siamo scelti – scrive Elisa nella lettera ad Artù che chiude il libro, in un pensiero che è poi quello di tutti -. Trovarti è stata la cosa più bella che mi potesse capitare».

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