Come tutti gli anni, durante il periodo estivo si moltiplicano gli appelli affinché chi si reca in vacanza non decida di abbandonare il proprio cane. Un fenomeno purtroppo frequente quando si avvicinano le vacanze e Fido appare più ingombrante della valigia.

Alla coscienza, che vieta un atto così crudele e degradante si unisce anche la Legge. In Italia l’abbandono dei cani è vietato ai sensi dell’art. 727 del Codice Penale e chi non lo osserva rischia l’arresto. Far prevalere le ragioni del cuore, quindi, diventa quasi un precetto: “Il cane va amato, mai abbandonato”. Etica e morale invitano a riflettere su tutte le implicazioni di un tale gesto, che fa il paio con le violenze che tanti cani sono costretti a subire per soddisfare un divertimento umano, che in tanti casi si fa macabro e delittuoso. Dopo i tristi fatti di Sangineto (Cosenza) in cui un cane randagio è stato oggetto di sevizie da parte di quattro ragazzi, l’indignazione del mondo animalista e non solo è sempre più forte e coesa nel dire basta a fatti che non vengono mediatizzati se non dagli stessi autori, che con cura maniacale filmano la crudele azione per poi postarla su Facebook.

Quello che è successo in Calabria evidenzia la connessione che esiste tra soprusi sugli animali e abbandono per una cultura del rispetto e dell’amore verso creature deboli ed indifese che non si è ancora fatta sufficientemente strada tra le mode di oggi.

Anche i cani vanno in paradiso e insieme a Charlie (il protagonista dell’omonimo film) così il povero Angelo (questo il nome del cane barbaramente ucciso a Sangineto)  veglierà dal cielo su tutti i suoi amici a quattro zampe, perché, oltre che dalle ferite fisiche possano riprendersi pure da quelle profonde dell’animo e ritornare ad avere fiducia in quell’essere, a volte così tanto spietato, che è l’uomo.

Un famoso scrittore, alla domanda: “Ma secondo lei, i cani, ce l’hanno un’anima?”, amava rispondere: “Non hanno un’anima, ne hanno due!”.

Si.Gu.

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