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  • Toxoplasmosi e gravidanza

    Torniamo a parlare di toxoplasmosi: valuteremo insieme come si contagia l’uomo, quanto è resistente l’oociste e le precauzioni per la donna in gravidanza.

    Modalità di trasmissione

    Attraverso i cibi

    • Ingestione di carne cruda o cotta solo in parte, specialmente di suino, ovino o selvaggina. Il ruolo della carne bovina sembra essere minore. Toccarsi la bocca dopo aver manipolato carne cruda contaminata o assaggiare le preparazioni prima o durante la cottura

    • Contaminazione di coltelli, utensili, taglieri o alimenti che sono stati in contatto con della carne cruda contaminata

    • Il latte crudo (non pastorizzato) di capra o pecora può contenere tachizoiti. E se anche i tachizoiti mal sopportano l’acidità gastrica alcune infezioni sono state descritte. Con la carne noi veniamo in contatto con i bradizoiti che sono molto più resistenti ai succhi gastrici e trasmettono l’infezione.

    Attraverso l’acqua

    • Bevendo acqua contaminata contenenti le oocisti.

    TOXOPLASMOSI

    Altre modalità

    • Ingestione accidentale di feci di gatto. Questo può accadere se ci si tocca accidentalmente la bocca dopo aver fatto giardinaggio, pulito la lettiera del gatto, o toccato qualunque cosa sia venuta in contatto con con le oocisti sporulate.

    • Ingestione di terra contaminata.

    • Dalla madre al feto, se la donna viene in contatto con il parassita per la prima volta durante la gravidanza

    • L’inalazione di oocisti sporulate è rara ma descritta.

    • Sebbene sia molto raro, il toxoplasma si può trasmettere attraverso trasfusioni o trapianti di organi

    • In uno studio multicentrico in Norvegia ed Europa del 2000 su infestazioni in gravidanza non ne ha evidenziate per contatto diretto con il gatto.

    Resistenza

    Cisti tissutali:

    Sono quelle forme che ingeriamo con la carne, e anche se sono meno resistenti delle oocisti ambientali non è così facile eliminarle.

    • resistenti ai succhi gastrici

    • resistenti a 1 grado per più di 3 settimane

    • Non tutte vengono distrutte a – 12 °C dipende dai ceppi di toxoplasma (dati non chiari sul congelamento/surgelamento)

    • Vengono uccise dalla salatura e affumicamento degli insaccati stagionati, non di quelli freschi o fatti in casa

    • Vengono uccise subito a 67 °C, resistono 4 minuti a 60°C (generalmente le cotture della carne durano di più)

    • Vengono uccise dai detergenti e, quindi, le mani e tutti gli utensili utilizzati per la
      preparazione di carne cruda o altri alimenti da animali devono essere puliti a fondo con acqua calda e detergente

    • La cottura a microonde non garantisce l’uccisione

    Oocisti: sono quelle eliminate nelle feci dai felini, ma che non sono subito sporulate e quindi non immediatamente infettive. Servono almeno 24 ore nelle condizioni ideali.

    • Terreni umidi e sabbia per 18 mesi

    • In laboratorio: in frigorifero a 4° gradi per 54 mesi e al congelamento a – 10°C per 106 giorni

    • Cottura a 55-60 gradi resistono solo 1 – 2 minuti

    • Molto resistenti ai disinfettanti

    Precauzioni

    Queste misure preventive devono essere osservate principalmente dalle donne in gravidanza e da persone con il sistema immunitario indebolito.

    Di interesse alimentare
    • Lavarsi bene le mani con acqua e sapone dopo qualunque attività all’aperto, specialmente prima di mangiare e di cucinare

    • Quando si prepara della carne cruda, lavare bene con sapone e acqua calda i taglieri, i lavandini, i coltelli e altri utensili che possono essere venuti in contatto con essa per evitare la contaminazione crociata con altri cibi

    • Lavarsi bene le mani con il sapone dopo aver manipolato carne cruda

    • Cuocere tutta la carne completamente. Non assaggiare la carne prima che sia completamente cotta.

    • Preferire le verdure cotte, il lavaggio abbondante o con disinfettanti non garantisce assolutamente l’eliminazione delle oocisti.

    • Evitare i latti crudi non pastorizzati

    • Evitare gli insaccati freschi (salami e salsiccie) e quelli casalinghi

    • Bere solamente acqua potabile, in casi dubbi preferire quella confezionata (viaggi)

    In altri ambiti
    • Indossare i guanti quando si fa giardinaggio o qualunque altra attività che richiede di toccare la terra. I gatti, che di solito possono trasmettere i parassiti attraverso le feci, usano spesso i giardini per i loro bisogni o le aree gioco dei bambini.

    • Se si possiede un gatto, evitare che contragga la malattia: tenerlo in casa e nutrirlo con cibi industriali. I gatti si infettano mangiando prede infette o se gli viene data carne contaminata, cruda o poco cotta

    • Non portare un gatto nuovo in casa se può avere trascorso del tempo all’aperto o aver mangiato carne cruda. Evitare in particolare gatti randagi o gattini che hanno le loro abitudini

    • Assicurarsi che ci sia qualcuno in buona salute e non in gravidanza che si occupi di svuotare la lettiera del gatto. Se questo non è possibile, indossare i guanti e pulire la lettiera ogni giorno (il parassita che si trova nelle feci di gatto, impiega almeno un giorno prima di diventare infetto), lavarsi le mani e la lettiera con acqua calda e sapone una volta finito. La lettiera del gatto dovrebbe rimanere coperta quando non è usata

    L’epidemia più grandi e meglio documentata della toxoplasmosi acuta nell’uomo fino ad oggi si è verificata in 110 individui a Vancouver, in Canada, nel 1995. Gli studi epidemiologici hanno chiaramente che l’epidemia era stata causata dalla contaminazione delle acque potabili con oocisti.

    A cura del Dott. Borgarello.

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  • Esami del sangue: magnesio e cloro

     

    piscina

    Oggi concludiamo il percorso dedicato agli elettroliti parlando di: magnesio (Mg2+ ) e cloro (Cl).

    Il magnesio rappresenta, dopo il potassio, l’elemento minerale maggiormente presente nei tessuti molli e a livello intracellulare. Soltanto l’1% della sua quantità totale è presente nel siero e, come il calcio, la forma fisiologicamente attiva è quella ionizzata. I normali esami biochimici,però, valutano la concentrazione nel sangue soprattutto nella forma totale, non ionizzata: questo tipo di rappresentazione del magnesio non riflette, purtroppo, in modo accurato il suo reale stato in relazione a certe manifestazioni cliniche. Al di là delle variazioni tra i vari laboratori, mediamente il range fisiologico del Mg2+ è: 0,59-0.86 mmol/l nel cane e 0,74-1,20 mmol/l nel gatto.

    magnesio

    Il magnesio viene introdotto nell’organismo con la dieta e immagazzinato soprattutto nelle ossa ma, a differenza del calcio, negli stati carenziali non subisce una rapida mobilitazione. Nella sua forma extracellulare crea complessi con anioni(fosfato, citrato, solfato). I meccanismi che regolano la sua omeostasi non sono ancora stati chiariti del tutto: il suo assorbimento avviene a livello intestinale e la sua escrezione è renale.

    Il magnesio è un importante co-fattore per il funzionamento della pompa sodio-potassio il che lo rende cruciale nella corretta distribuzione dei due cationi tra sede intra ed extracellulare. Esso è inoltre implicato nella contrazione muscolare, nella stabilità delle membrane cellulari mitocondriali e nella fosforilazione ossidativa. I sintomi clinici più frequenti legati ad un alterazione della concentrazione di magnesio Mg2+sono soprattutto di tipo cardiocircolatorio (soprattutto aritmie) e neuromuscolare (debolezza muscolare, fascicolazioni, atassia, convulsioni). La condizione di elevata concentrazione di magnesio ovvero l’ipermagnesemia è piuttosto rara; i segni clinici sopra descritti, infatti, si riferiscono ad una situazione di ipomagniesemia cioè il suo abbassamento.

    cloro

    Il cloro rappresenta l’anione più abbondante del plasma e del liquido extra-cellulare ed è anche quello maggiormente filtrato e riassorbito dai glomeruli renali. Esso è in grado di bilanciare due terzi del sodio totale in esso presente: insieme Cle Na+ costituiscono il 90% dei soluti presenti nell’ECF. La sua concentrazione plasmatica media è di 100mEq/l nel cane e 120mEq/l nel gatto.

    Le sedi che ne contengono di più, oltre ai reni, sono lo stomaco e l’intestino. La sua presenza a livello intracellulare,invece, è decisamente ridotta e ciò è dovuto al potenziale di membrana a riposo delle cellule: l’unica eccezione sono gli eritrociti che, a causa proprio del loro particolare potenziale di membrana, permettono agevolmente l’entrata e l’uscita degli ioni Cl-.

    Il cloro svolge un ruolo fondamentale nel mantenimento dell’equilibrio acido-base nell’organismo pertanto le variazioni di tale anione risultano fondamentali in corso di patologie quali l’alcalosi metabolica (in cui ha una relazione inversa coi bicarbonati), acidosi metabolica e acidosi respiratoria cronica.

    sali-di-magnesio

    L’aumento della concentrazione plasmatica di Clviene definito ipercloremia e può verificarsi per eccessiva perdita d’acqua in seguito a diarrea con conseguente perdita di sodio e bicarbonati, per acidosi renale tubulare, per ritenzione renale di Cle ancora in corso di insufficienza renale, diabete mellito, ipoadrenocorticismo, alcalosi respiratoria cronica, eccessivo apporto dall’esterno o a causa di alcuni farmaci (ad esempio lo spironolattone). Non esistono segni clinici “specifici” da ipercloremia.

    La condizione opposta viene definita ipocloremia ed è dovuta o a perdita effettiva di ioni Cla livello gastro-enterico (vomito, diarrea), renale (uso di diuretici), in corso di acidosi respiratoria cronica, iperadrenocorticismo, terapie con glucocorticoidi o, ancora, per eccessiva assunzione di sostanza contenenti sodio.

    Articolo a cura della Dr.ssa Martina Chiapasco, Clinica Veterinaria Dr.Borgarello

     

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  • L’occlusione dei denti

    Occlusione è il termine impiegato per descrivere il modo in cui i denti combaciano reciprocamente. La malocclusione è un’anomalia della posizione dei denti e può derivare da discrepanze della lunghezza o larghezza della mandibola, dall’errato posizionamento dei denti o da una combinazione di entrambi i fattori. La malocclusione è comune nel cane ma si verifica anche nel gatto, e dal punto di vista clinico può essere l’origine di un disturbo o anche di una sintomatologia algica.

    In alcuni casi essa rappresenta la causa diretta di una grave patologia orale; di conseguenza è importante la diagnosi precoce di malocclusione, al fine di porre in atto tempestive misure preventive.

    image

    Le fasi di sviluppo dell’occlusione sono regolate da fattori genetici e ambientali, ed è risaputo che le seguenti conformazioni sono ereditarie:

    • lunghezza della mandibola

    • posizione della gemma dentale (nonostante diversi eventi nel corso dello sviluppo e della crescita possono influenzarne la collocazione definitiva)

    • dimensione del dente.

    La malocclusione scheletrica può anche derivare da disordini ormonali, da traumi o da modifiche funzionali.

    In caso di occlusione normale è la forma della testa a influenzare la posizione dei denti. Tra i nostri animali domestici esistono le seguenti conformazioni:

    • CANI e GATTI MESOCEFALICI: in cui la mandibola risulta più corta e meno ampia rispetto la mascella; per cui gli incisivi superiori sono posti più rostralmente rispetto a quelli inferiori. La diversità nel gatto sta nel fatto che non presenta denti con superfici masticatorie.

    • CANI e GATTI BRACHICEFILICI: presentano una mascella più corta del normale.

    • CANI e GATTI DOLICOCEFALICI: presentano una mascella più lunga del normale

    Entrambe queste ultime due classi morfologiche mostrano un certo grado di malocclusione rispetto gli animali mesocefalici.

    Le informazioni sull’occlusione si possono ottenere con l’esame obiettivo con il paziente vigile, così come evidenti anomalie macroscopiche. Si esamina dapprima la bocca mantenendo la mandibola chiusa con delicatezza e retraendo le labbra al fine di osservare i tessuti molli e la superficie buccale dei denti. In questo modo si possono osservare la simmetria della testa, la correzione degli incisivi, l’occlusione dei canini, l’allineamento dei premolari, l’occlusione dei premolari e dei molari distali, e infine la posizione di ciascun dente. Per un esame orale risolutivo è invece sempre necessario ricorrere all’anestesia generale.

    Continua a seguirci o se hai necessità di maggiori informazioni contattaci
    sul sito www.clinicaborgarello.it
    o per telefono alla 011-6471100

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  • Cardiomiopatia ipertrofica del gatto

    Una delle cardiopatie più comuni nei felini è la cardiomiopatia ipertrofica.
    E’ caratterizzata da ipertrofia concentrica del miocardio in assenza di cause identificabili di sovraccarico pressorio come stenosi aortica e ipertensione sistemica. Altre cause di ipertrofia miocardica da escludere sono ipertiroidismo, acromegalia e recente somministrazione di corticosteroidi.

    L’eziologia è sconosciuta anche se una linea di gatti Maine Coon allevati in California è stato possibile identificare l’ereditabilità della malattia. Alcune forme sospette di cardiomiopatia ipertrofica ereditabile sono state descritte nell’American Shorthaired, Ragdoll, Norvegese, British Shorthair.

                                       Ragdoll

    FISIOPATOLOGIA

    La cardiomiopatia ipertrofica si presenta con diverse varianti anatomo-patologiche e quindi fisiopatologiche, più frequenti si riconoscono la forma simmetrica con ipertrofia concentrica diffusa a carico di entrambe le pareti ventricolari e del setto interventricolare e la forma asimmetrica caratterizzata da una prevalente ipertrofia settale, entrambe queste varianti sono accompagnate quasi sempre da ostruzione dell’efflusso ventricolare e distensione atriale di gravità variabile.

    La gravità del quadro emodinamico e quindi della sintomatologia clinica è in funzione del grado di ostruzione all’afflusso ventricolare sinistro. L’ipertrofia concentrica viene a limitare il riempimento diastolico ventricolare, a questo impedimento consegue anche un rigurgito mitralico con esito una dilatazione atriale sinistra abnorme che è caratteristica della cardiomiopatia ipertrofica.

                                     cardiomiopatia ipertrofica

    DIAGNOSI CLINICA

    I rilievi clinici più comuni sono la dispnea a riposo, le crisi sincopali, sono stati riportati rari casi di morte improvvisa e in caso di tromboembolia aortica si può riscontrare paralisi improvvisa degli arti posteriori. All’auscultazione cardiaca si rilevano tachicardia, ritmi di galoppo, extrasistolie e soffi da rigurgito atrio-ventricolare. I rumori cardiaci possono essere attutiti a causa di versamenti pleurici.
    L’elettrocardiografia può evidenziare le disritmie ventricolari e sopraventricolari, esempi di ingrandimento ventricolare sinistro o di un difetto di conduzione compatibile con il blocco fascicolare anteriore sinistro.
    Spesso l’elettrocardiogramma è irrilevante.
    L’esame radiografico può rilevare in ventrodorsale il tipico cuore a “ Valentina “, in laterolaterale si osserva dilatazione atriale sinistra, aumento del diametro longitudinale del cuore con congestione venosa polmonare marcata e andamento tortuoso delle arterie polmonari basali.

    Nella cardiomiopatia ipertrofica sono caratteristici i rilievi ecocardiografici sia mono che bidimensionali, oltre a poter valutare versamenti pleurici e pericardici anche evidenziare ipertrofia del setto e della parete posteriore sinistra, con indici di contrattilità spesso aumentati, dilatazione atriale sinistra e indice Ao/AS diminuito.
    L’esame doppler spettrale e quello a codice di colore sono strumenti utili per identificare la presenza di un rigurgito mitralico o per valutare l’ostruzione del tratto d’efflusso del ventricolo sinistro.

    TERAPIA

    Per migliorare il riempimento del ventricolo sinistro e la performance cardiaca dei gatti affetti da cardiomiopatia ipertrofica sono state utilizzate due classi di farmaci, i β-bloccanti ed i calcio-antagonisti, entrambi somministrabili per via orale.

    Β-bloccanti adrenergici

    ®Propanololo: 0.5-2 mg/Kg ogni 8 ore

    ®Atenololo: 6.25-12.5 per gatto ogni 12 ore.

    Cacio-antagonisti

    ®Diltiazem: 7.5mg PO ogni 8 ore / 30 mg PO ogni 12 ore / 45 mg PO ogni 24 ore a seconda della formulazione usata.

    Si preferisce instaurare la terapia con il diltiazem e utilizzare atenalolo o il propanololo in un secondo momento.

    PROGNOSI

    La prognosi si basa generalmente sulle condizioni cliniche del paziente, sulla presenza degli aspetti ecocardiografici indicativi di un aumento della pressione intracardiaca e sulla risposta alla terapia.
    I gatti asintomatici che presentano un ipertrofia di grado lieve o moderato e no presentano una dilatazione dell’atrio sinistro hanno di solito una prognosi a lungo termine favorevole.
    I pazienti che presentano un ispessimento parietale e un ingrandimento atriale significativi sono maggior rischio per lo sviluppo dei segni clinici dell’insufficienza cardiaca.
    I gatti sintomatici con segni clinici di insufficienza cardiaca hanno una prognosi meno favorevole.
    Non è raro riscontrare morte improvvisa nei gatti affetti da cardiomiopatia ipertrofica.
    Per questi aspetti una visita accurata e una diagnosi precoce possono allungare la sopravvivenza e la qualità di vita del vostro paziente.

    Articolo a cura della Dott.ssa Daniela Ferrari, Clinica Veterinaria Borgarello

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  • Orzaiolo, calazio e neoformazioni palpebrali.

    L’orzaiolo è un processo purulento che coinvolge le ghiandole palpebrale: si definisce orzaiolo esterno se colpisce le ghiandole di Zeiss o di Moll, se interessa le ghiandole di Meibomio si definisce orzaiolo interno.

    Se il processo infiammatorio interessa in modo diffuso tutte le ghiandole di Meibomio si utilizza il termine meibomite. E’ possibile analizzare il materiale contenuto nell’orzaiolo mediante striscio su vetrino: il riscontro di batteri di forma coccica o bastoncellare può indirizzare nella scelta dell’antibiotico d’elezione, mentre la presenza di popolazione infiammatoria, prevalentemente rappresentata da eosinofili può suggerire una terapia a base di antibiotici e steroidi. L’orzaiolo semplice richiede una terapia topica e sistemica con antibiotici e/o steroidi cortisonici.

                                     neolplasia palpebrale

    Il calazio è un particolare tipo di infiammazione granulomatosa delle ghiandole di Meibomio, derivante da un ristagno di secrezione ghiandolare, con passaggio di parte del secreto nei tessuti adiacenti: il trattamento richiede un currettage chirurgico della congiuntiva seguita da terapia topica antibiotica e steroidea.

    Le palpebre, inoltre, sono frequentemente sede di neoplasie che possono originare dalle strutture ghiandolari o cutanee. Nel cane spesso si riscontrano neoplasie benigne di origine ghiandolare, in particolare adenomi delle ghiandole di Meibomio. Si distinguono anche forme localmente invasive, come gli epiteliomi sebacei, mentre di rara incidenza sono gli adenocarcinomi sebacei. Nei cani giovani possono osservarsi istiocitomi o papillomi di origine virale.

    Nel gatto sono più frequenti neoplasie maligne, come il carcinoma squamo cellulare, i fibrosarcomi o i mastocitomi.

    Prima della rimozione chirurgica è consigliato eseguire un esame citologico della neoformazione, soprattutto per riconoscere le forme tumorali maligne.

    A cura della Dott.ssa Valentina Declame

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  • Toxoplasmosi: pericolo per la donna in gravidanza

     La toxoplasmosi è sicuramente la zoonosi che più interessa
    la vita di tutti i giorni.  La
    toxoplasmosi è una zoonosi: cioè una malattia che può venire trasmessa dagli
    animali all’uomo, causata da Toxoplasma gondii, un microrganismo che
    compie il suo ciclo vitale, estremamente complesso e diverso a seconda
    dell’ospite, solo all’interno delle cellule.
    Il parassita può colpire moltissimi animali e può
    trasmettersi da un animale all’altro attraverso l’alimentazione con carne
    infetta o con verdure contaminate.
    Questo perché il gatto può eliminare il toxoplasma con le
    feci, in tutti gli altri animali il toxoplasma si annida a livello dei muscoli.
    Qualunque forma venga ingerita può dare malattia. Bisogna però dire che il
    soggetto che contrae la toxoplasmosi resta poi protetto per tutta la vita.
    Normalmente nell’uomo la toxoplasmosi decorre in modo
    asintomatico o con sintomi estremamente lievi, esistono però due categorie di
    individui in cui l’evoluzione è estremamente pericolosa ed a volte drammatica:
    le persone immunodepresse e le donne in gravidanza.
    Il ciclo biologico.
    Il protozoo toxoplasma ha un ciclo vitale particolare e
    abbastanza complicato da comprendere. Nell’illustrazione potete vedere come può
    facilmente infettare animali e persone.

    Toxoplasma copie
    il ciclo intestinale ed extraintestinale solo nei felini, in quanto ospiti
    definitivi. Per ospite definitivo si intende quello in cui il parassita si
    replica e viene riimmesso nell’ambiente. Tra questi, il gatto è il più
    importante per la sua presenza e diffusione nelle aree urbane.
    Gli ospiti
    intermedi, dove può compiere solo un ciclo extraintestinale senza eliminazione
    del parassita nell’ambiente esterno sono tutti i mammiferi, uomo compreso, ed i
    volatili.
    La
    localizzazione dei tachizoiti (forme a rapida replicazione) e dei bradizoiti
    (forme parassitarie tissutali a lenta replicazione) negli ospiti intermedi come
    nell’ospite definitivo avviene in vari tessuti quali muscolatura, polmone,
    fegato e cervello; mentre solo nel gatto, unico ospite definitivo, si formano
    schizonti , gameti e quindi oocisti a livello intestinale. 
    L’infestazione
    può avvenire sia con l’assunzione delle oocisti dall’ambiente che tramite
    l’assunzione di forme che si trovano nelle carni.
    La maggior parte
    dei gatti si infettano tramite l’ingestione di ospiti intermedi con il parassita
    incistato nei loro tessuti: i piccoli roditori sono i più comuni tra questi.
    L’ingestione dei bradizoiti  maturi rappresenta la via di trasmissione più
    importante nel gatto e causa la produzione ed il rilascio di un numero di
    oocisti molto elevato.
    Queste sono
    eliminate nell’ambiente esterno nella forma non sporulata (non infettante), in
    seguito, in condizioni ottimali di temperatura ed umidità sporulano diventando
    potenzialmente infettanti per tutti gli ospiti intermedi, uomo compreso.
    L’oocisti
    sporula nell’ambiente esterno diventando infettante per l’uomo e qualsiasi
    ospite intermedio in circa 24 ore di tempo in condizioni ottimali o comunque
    entro 4 o 5 giorni. Le oocisti sono escrete per sole 1 o 2 settimane dal gatto.
    Negli ospiti
    intermedi (uomo e mammiferi) avviene  solo la fase extraintestinale del ciclo
    caratterizzata solo dallo sviluppo di tachizoiti e bradizoiti. 
    L’infestazione può avvenire in diversi modi:
    –  Per ingestione
    delle oocisti sporulate  che hanno
    contaminato alimenti come ortaggi, frutta, insalata
    – Per ingestione
    delle oocisti contenute nelle feci di gatto (contatto con la lettiera ma solo
    dopo almeno  24 ore dell’emissione delle
    feci)
    –  Per ingestione
    di tachizoiti o bradizoiti nelle carni crude o poco cotte di altri ospiti
    intermedi
    – Maneggiando
    carni crude o poco cotte con presenza di ferite sulle mani: ingresso diretto di
    tachizoiti
    – Congenitamente
    quando la madre è esposta per la prima volta all’infezione, mancando infatti
    una risposta immunitaria efficace, i tachizoiti possono migrare attraverso la
    placenta e infettare il feto a livello di vari tessuti ed in particolare a
    livello del SNC.
    Le mosche
    possono essere dei vettori passivi del parassita potendo insudiciare i cibi con
    le feci di gatto infetto.
    Contrariamente a
    quanto si pensa comunemente l’uomo si infetta molto raramente direttamente dal
    gatto solitamente l’infestazione avviene tramite le verdure crude e le carni
    poco cotte.
    Perché si contrae raramente dal gatto?
    L’infestazione dal gatto avviene tramite la pulizia della
    lettiera, ma le feci devono essere presenti da almeno 24 ore o residui mal
    lavati, inoltre i gatti che utilizzano la lettiera generalmente sono casalinghi
    e mangiano alimenti confezionati (non possono contrarre la malattia) e un gatto
    può eliminare le oocisti solo per alcuni giorni ed una sola volta nella sua
    vita.
    Nei prossimi articoli tratteremo alcuni aspetti  che riguardano  la resistenza dell’oociste nell’ambiente e
    quelle che sono le precauzioni da prendere durante la  gravidanza.

     


    A cura del Dott. Borgarello.
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  • L’endoscopia nel cane e nel gatto: introduzione

    Negli ultimi anni la medicina veterinaria si è trovata spesso ad attingere dalla medicina umana. In questo campo si cerca continuamente di trovare delle metodiche che siano il meno invasive possibile ma che garantiscano comunque un ottimo risultato. In questa sede tratteremo di un argomento sul quale c’è ancora tanto da scoprire per quanto riguarda la veterinaria, ma che in questi ultimi tempi sta prendendo piede proprio perchè così come in umana, si vuole ridurre al minimo la manipolazione chirurgica dei piccoli animali. In particolare tratteremo dell’endoscopia e della chirurgia mininvasiva.
    L’endoscopia (dal greco èndon “interno, dentro” e skopê “osservazione”) è una tecnica diagnostica e terapeutica che permette di avere una visione diretta, dall’interno, di alcuni organi, con l’obiettivo di verificare l’eventuale presenza di alterazioni o lesioni e di effettuare all’occorrenza piccoli interventi quali asportazione di materiale patologico o corpi estranei, cauterizzazioni, biopsie e interventi chirurgici di semplice esecuzione.

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    Questa tecnica soddisfa le caratteristiche di una chirurgia mini-invasiva, e per questo può essere applicata anche per evitare un intervento chirurgico tradizionale.L’endoscopia è una metodica basata sull’utilizzo di specifici strumenti che vengono inseriti nel corpo attraverso le cavità naturali (endoscopi), costituiti solitamente da un tubo munito di sottilissime fibre ottiche che trasmettono le immagini in uno schermo.
    La strumentazione necessaria dipende dal tipo di endoscopia e dall’apparato da indagare. Fondamentalmente esistono endoscopi rigidi e flessibili, disponibili in un ampia varietà di calibri e lunghezze, entrambi con vantaggi e svantaggi.
    In base al distretto anatomico interessato dall’indagine endoscopica si parla di:

    GASTRODUODENOSCOPIA: è l’endoscopia dell’esofago, dello stomaco e del duodeno (e occasionalmente del tratto superiore del digiuno);

    COLOSCOPIA: è l’endoscopia del colon;

    ILEOSCOPIA: è l’endoscopia dell’ileo e viene effettuata in associazione alla coloscopia;

    PROCTOSCOPIA: si riferisce all’esame dell’ano e del retto;

    BRONCOSCOPIA: è l’endoscopia della trachea e dei bronchi;

    LARINGOSCOPIA: è l’esame della faringe e della laringe;

    OTOSCOPIA: si riferisce all’esame del condotto uditivo, il timpano e la bolla timpanica;

    RINOSCOPIA: è l’esame delle vie nasali con accesso dalle narici;

    CISTOSCOPIA: è l’endoscopia della vescica urinaria e può essere effettuata per via retrograda (cioè facendo avanzare l’endoscopio attraverso l’uretra fino alla vescica) o mediante l’inserimento transaddominale (cioè inserendo l’endoscopio attraverso una cannula che viene fatta passare attraverso la parete addominale e quella vescicale);

    VAGINOSCOPIA: è l’endoscopia della vagina;

    LAPAROSCOPIA: è l’esame della cavità peritoneale e può essere effettuato a scopo diagnostico oppure per eseguire un intervento;

    TORACOSCOPIA: è l’endoscopia della cavità pleurica e può essere anch’essa diagnostica o interventistica.

    ARTROSCOPIA: è la tecnica endoscopica eseguita su un’articolazione.

    In tutte le endoscopie, con i termini di red out o white out si definisce una condizione per cui la punta dell’endoscopio è così vicina alla superficie di ciò che si sta esaminando che non è possibile metterla a fuoco (si vede solo una forma indistinta) oppure è coperta da detriti.

    In questo percorso tratteremo dell’importanza delle metodiche suddette e della loro applicazione in medicina veterinaria.

    A cura della dott.ssa Katiuscia Camboni della Clinica Veterinaria Borgarello.

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  • Esami del sangue: fosforo

    Oggi il nostro percorso sugli elettroliti è incentrato sul fosforo, in particolare nella sua forma inorganica di fosfato.

    fosforo 

    Il fosforo svolge un ruolo fondamentale sia per quanto riguarda la struttura che le funzioni della cellula: esso va a costituire i fosfolipidi delle membrane cellulari, l’idrossiapatite dell’osso, entra nella composizione degli acidi nucleici e delle fosfoproteine coinvolte nella fosforilazione ossidativa mitocondriale, processo “vitale” per qualsiasi cellula. E ancora: rappresenta, in forma di ATP, il “magazzino energetico” per eccellenza in processi fondamentali quali la contrazione muscolare, la conduzione nervosa, il trasporto a livello epiteliale. Esso svolge inoltre il ruolo di intermediario nel metabolismo delle proteine, dei lipidi, dei carboidrati oltre a rientrare nella composizione del glicogeno.

    forme del fosforo

    Il fosforo è presente nell’organismo sia in forma organica (fosfolipidi ed esteri fosforici) che inorganica (acidi orto e pirofosforico): circa l’80-85% è rappresentato dall’idrossiapatite delle ossa, sua forma inorganica. Il restante 15% è contenuto in forma organica nei tessuti molli, soprattutto i muscoli, ma può essere convertito in forma inorganica all’occorrenza. Nel siero, in realtà, si va ad analizzare non il fosforo totale dell’organismo bensì il fosfato che è l’anione quantitativamente più numeroso a livello intracellulare (nel compartimento extracellulare c’è soltanto l’ 1% del fosforo totale).

    cibo fosforo

    IL fosforo viene assunto attraverso la dieta ed è importante mantenerne il giusto bilancio. Questi è poi assorbito a livello intestinale secondo due processi: il primo e prioritario è di tipo “passivo”, mentre la via di assorbimento “attiva”, per così dire secondaria, dipende dalla concentrazione di sodio che fa’ da trasportatore ed è mediata dal calcitriolo, forma attiva della vitamina D3. E’ importante sapere che un eccessivo apporto di calcio dall’esterno può ostacolare l’assorbimento del fosforo a livello enterico perché i due formano complessi non assimilabili dall’intestino, da cui deriva l’importanza capitale di fornire questi due minerali in maniera molto ben bilanciata, soprattutto nel periodo dell’accrescimento. A livello renale, infine, si ha prima una filtrazione poi un riassorbimento del fosfato in maniera tale da mantenere il bilancio tra anioni e cationi neutro o zero.

    cane-e-gatto fosforo

    La diminuzione di fosfato sierico viene definita ipofosfatemia e può verificarsi, almeno inizialmente, senza che si abbia una vera e propria riduzione del fosforo totale presente nel corpo. I meccanismi che portano ad ipofosfatemia possono dipendere o da un alterata distribuzione intra ed extracellulare del fosfato o da un cattivo assorbimento a livello intestinale o da un aumento di perdita a livello renale. Tra le patologie più frequenti associate ad ipofosfatemia annoveriamo: l’iperparatiroidismo primario, l’ipercalcemia associata a neoplasia, la mancanza di calcio nella dieta, l’ipovitaminosi D,il diabete mellito e la chetoacidosi diabetica, l’alcalosi respiratoria correlata ad iperventilazione, l’iperadrenocorticismo, l’eclampsia e il malassorbimento o il digiuno.

    accrescimento fosforo

    L’iperfosfatemia è invece una condizione di aumentata concentrazione sierica del fosforo: le principali conseguenze cliniche sono l’ipocalcemia, che a sua volta può causare il tetano , e la mineralizzazione dei tessuti molli. Se l’innalzamento si verifica in un soggetto che ha contemporaneamente valori di calcio sopra la norma, si può addirittura arrivare ad una calcificazione acuta di numerosi organi, compresi cuore e polmoni, con risultati fatali. Un’altra gravissima conseguenza di iperfosfatemia è rappresentata dall’insufficienza renale acuta dovuta agli effetti tossici del fosforo in eccesso sui tubuli renali. Il fosforo può aumentare oltre i valori limite per un’alterata distribuzione tra il comparto intra ed extracellulare (lisi cellulare tumorale, traumi ai tessuti molli o rabdomiolisi, emolisi, acidosi metabolica) o per un aumento di apporto dall’esterno (intossicazione da vitamina D, eccessiva somministrazione endovenosa di fosfato) o per una riduzione della sua escrezione (insufficienza renale acuta e cronica, uroaddome (urina libera in addome) o ostruzioni uretrali, ipoparatiroidismo, ipertiroidismo). C’è solo una condizione “fisiologica” in cui il fosforo è più alto della norma ma non crea danni ed è durante l’accrescimento.

    Nel prossimo articolo chiuderemo il capitolo elettroliti parlando di magnesio e cloro. Continuate a seguirci sul tgvet

    Articolo a cura della Dr.ssa Martina Chiapasco, Clinica Veterinaria Dr.Borgarello

     

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  • Leishmaniosi canina: terapia, quali farmaci usare?

    Prima di parlare della terapia che viene effettuata contro la Leishmaniosi canina va premesso che i farmaci che vengono utilizzati sono stati ideati e sviluppati esclusivamente per la terapia delle Leishmaniosi umane e solo successivamente sono stati utilizzati nel cane. Per questo motivo molti degli studi riportati in letteratura veterinaria presentano numerose carenze metodologiche. I problemi più frequentemente rilevabili riguardano il mancato uso di gruppi di controllo, il numero ridotto di cani che effettuano lo stesso protocollo terapeutico, la grande variabilità dei criteri diagnostici e clinici e l’estrema differenza dei criteri di "guarigione" clinica e/o parassitologica. Inoltre cambiano di molto anche i periodi di follow-up, i dosaggi e i tempi di terapia, anche se viene utilizzato lo stesso farmaco. Risulta quindi evidente che spesso l’uso di alcuni farmaci non è supportato da un valido supporto scientifico.

    I protocolli terapeutici in corso di Leishamniosi canina comprendono i seguenti farmaci:

    • Antimoniato di N-metilglucammina

    • Allopurinolo

    • Miltefosina

    • Amfotericina B liposomiale

    • Amminosidina

    Nella pratica clinica quotidiana, inoltre vengono spesso utilizzati protocolli derivanti da associazioni di più farmaci con l’intento di ottenere un potenziamento d’azione e di limitare i fenomeni di chemioresistenza. L’associazione tra Antimoniato di N-metilglucammina e Allopurinolo è la più utilizzata nella terapia della Leishmaniosi del cane, ed è senza dubbio il protocollo per il quale esistono maggiori consensi ed evidenze bibliografiche. E’ stato dimostrato che i soggetti trattati con la combinazione di questi due farmaci, hanno una remissione più duratura. Inoltre un altro dato interessante è la buona tollerabilità.

    Questo tipo di protocollo prevede una terapia di circa due mesi con l’Antimoniato, e di parecchi mesi con l’Allopurinolo anche dopo la remissione dei sintomi. Se applicato correttamente determina quasi costantemente la guarigione clinica ed il suo mantenimento per periodi quasi sempre superiori all’anno. La terapia con i due farmaci in associazione consente anche un drastico abbassamento della carica parassitaria infettante per alcuni mesi e, di conseguenza, un minore tasso di infettività per i flebotomi. Nei casi più gravi, si può ottenere un temporaneo miglioramento dei sintomi, però non si può parlare di guarigione clinica dell’animale.

    Bisogna sempre tenere in considerazione la possibilità di comparsa di recidiva della malattia, nonostante il protrarsi della terapia. Gli studi più recenti sono orientati all’utilizzo di una nuova molecola, la Miltefosina, che provoca alterazioni al metabolismo dei fosfolipidi del parassita. E’ un farmaco che sarebbe comunque meglio utilizzare in associazione con l’Allopurinolo. I risultati hanno dimostrato una significativa riduzione dello score clinico, la normalizzazione dei dati di laboratorio e la riduzione della carica parassitaria.

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    sul sito www.clinicaborgarello.it
    o per telefono alla 011-6471100

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  • Trattamento dell’insufficienza cardiaca congestizia difficile e refrattaria

    L’efficacia dei diuretici nelle ultime fasi dell’insufficienza cardiaca dipendono dall’aderenza a una dieta povera di sodio. Nella maggior parte dei cani con insufficienza cardiaca è adeguata una moderata restrizione dell’assunzione di sodio. Il flusso ematico renale e la filtrazione glomerulare si riducono con la progressiva riduzione della portata cardiaca e il raggiungimento da parte della furosemide delle sue sedi di azione diminuisce con il peggiorare dell’insufficienza cardiaca. Questa fondamentale limitazione della terapia diuretica è ulteriormente complicata, durante la terapia cronica, dall’ipertrofia del tubulo renale distale. Questa modificazione adattativa aumenta la velocità di riassorbimento del sodio, riducendo l’effetto natriuretico della furosemide.
    L’aumento della frequenza di somministrazione della furosemide spesso risolve la resistenza al diuretico. L’aggiunta di una classe differente di diuretici blocca alcune delle risposte adattative che limitano la terapia con agente singolo, spesso determinando un effetto diuretico sinergico.

    trattamento dell'insufficienza cardiaca congestizia

    Quindi la risoluzione dell’edema polmonare refrattario può richiedere l’uso combinato di furosemide, spironolattone e clorotiazide o idroclorotiazide. Il trattamento combinato giornaliero con furosemide e un diuretico tiazidico condivide gli stessi problemi della terapia con furosemide ad alto dosaggio, ovvero la disidratazione e la deplezione elettrolitica.
    La limitazione del trattamento con il diuretico tiazidico ogni due giorni risolve in genere la congestione polmonare refrattaria in assenza di queste conseguenze avverse.
    Quando si adotta una terapia diuretica aggressiva, occorre monitorare il peso corporeo, il consumo di acqua e sodio, gli elettroliti sierici, la funzionalità renale, e la produzione di urine.
    Il riscontro di iponatriemia in un cane con insufficienza cardiaca congestizia comporta in genere una prognosi sfavorevole.
    Le opzioni terapeutiche in questo caso sono piuttosto limitate.
    I vasodilatatori arteriosi possono essere utilizzati per aumentare la portata cardiaca nei cani normotesi con insufficienza cardiaca refrattaria. Tra le alternative disponibili, solo idralazina e amlodipina sono utilizzate nel cane.
    I venodilatatori nitro-derivati sono spesso consigliati per favorire la risoluzione dell’edema polmonare refrattaria nel cane.
    La misurazione della pressione venosa centrale fornisce una misura oggettiva del successo del trattamento.

    Articolo a cura della Dott.ssa Daniela Ferrari, Clinica Veterinaria Borgarello

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