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  • Insegue un coniglio e cade da una scogliera in mare, cane sopravvive – La Stampa

    Insegue un coniglio e cade da una scogliera in mare, cane sopravvive – La Stampa

    Un miracolo. Non ci sono parole diverse per descrivere l’esperienza vissuta da un cane che è sopravvissuto alla caduta in mare da una scogliera. Un volo di ben 36 metri nelle gelide acque della Manica.  

    La brutta avventura di Spot, questo il nome del Jack Russell, è accaduta durante una passeggiata lungo la Jurassic Coast, vicino a Swnage, nella contea Dorset a sud-ovest del Regno Unito. Una normale passeggiata che il cagnolino ha deciso di animare mettendosi a rincorrere un coniglio spuntato da un cespuglio. Pochi istanti e Spot cade giù dalla scogliera tra le urla dei suoi proprietari che cercavano di richiamarlo indietro

    Con il cuore in gola la coppia si è sporta per guardare giù dalla scogliera scoprendo che, veramente per miracolo, il loro cagnolino era ancora vivo, sebbene in balia del mare. Allertati i soccorsi, è prima intervenuto un scalatore amatoriale che è sceso per tranquillizzare il cane, poi entrambi sono stati portati a riva dalla guardia costiera.  

    © MCA/SwanageCoastguard/BNPS

    Spot ha riportato qualche ferita, ma poteva andare molto peggio vista l’altezza da cui è caduto. «Il nostro consiglio – spiegano gli operatori della guardia costiera – è sempre quello di tenere sempre al guinzaglio i cani quando si passeggia lungo una scogliera e, nel caso cadano, non cercare mai di salvarli da soli». 

    *****AVVISO AI LETTORI******

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  • Una ciotola d’acqua per il cane al… – Tribuna di Treviso

    Una ciotola d’acqua per il cane al… – Tribuna di Treviso

    TREVISO. “Scusi, potrebbe portarmi un aciotola d’acqua per il cane?” Quante volte proprietari di cani o avventori di locali hanno sentito pronunciare questa frase? La risposta, come sempre avviene, è statacortese, e al tavolino del bar Signore e Signori di Treviso la ciotolina è arrivata permettendo così anche la cane di una coppia di trevigiani di trovare un po’ di refrigerio nella torrida domenica pomeriggio di Marca.leggi anche:Il prefetto Maria Augusta MarrosuAl ricevimento col cane, il prefetto cacciato dal localeImbarazzo e stizza all’ultimo appuntamento della manifestazione di Cimadolmo, il titolare del locale è stato irremovibileFin qui tutto normale. Quel che ha fatto balzare sulla sedia la coppia, che al tavolo aveva bevuto spritz e acqua e menta, è stata il conto. Il loro? Macchè, quello del cane. Già, perchè anche quella ciotola d’acqua per l’amico a quattro zampe era rientrata nello scontrino alla voce “acqua cane” (anche segno che in cassa l’importo è regolarmente registrato). Costo? Non un’infinità, ci mancherebbe. Ma su quei 30 centesimi si sta scatenando un putiferio.I titolari non hanno problemi a giustificare il costo: “servizio e citolina”.

  • Estate: ombrellone e ferma guinzaglio, a Bibione la ‘spiaggia di … – ArezzoWeb.it

    Estate: ombrellone e ferma guinzaglio, a Bibione la ‘spiaggia di … – ArezzoWeb.it

    (AdnKronos) – Tra i tanti servizi che la spiaggia offre ci sono il noleggio di lettini e ombrelloni, ciotola per abbeverare il cane, kit di benvenuto, guinzaglio con doppio moschettone con cauzione di 15 euro oppure con proprio della lunghezza di non oltre 2 metri, accesso disabili, servizio di salvataggio, cassetta di sicurezza, doccette a misura di cane, noleggio trasportino per cani adattabile anche alla bicicletta, ombrelloni igloo che riparano dal vento e assicurano la privacy, una Pet Card con tante sorprese entusiasmanti, servizio di dog sitter, snack bar self service.
    Il divertimento per i migliori amici dell’uomo è assicurato con i corsi gratuiti di educazione cinofila, che durante l’estate si tengono due volte a settimana, e i percorsi di agility dog. Nella Spiaggia di Pluto, i cani potranno anche gustare il famoso gelato Ice Bau e usufruire di un’area special dog dotata di ombrelloni con recinto dove correre e giocare liberi per avere più spazio e comodità.

  • Quando abbandoni un cane – L’Huffington Post

    Quando abbandoni un cane – L’Huffington Post

    Io me lo ricordo quando siamo andati a casa assieme. Era un giorno di sole e la foglie erano gialle e rosse e quando ci camminavo sopra scricchiolavano rumorose. Mi ricordo che mi appoggiavi piano per terra e ridevi vedendomi incerto a zampettare su quelle foglie mentre mi giravo al suono della tua voce, cercando i tuoi occhi e la carezza della tua mano.

    Mi ricordo di quando quelle foglie sono diventate un’umida poltiglia nascosta da uno strato bianco di neve. Che era fredda, ma così morbida che ci affondavo tutto fino al collo. E tu correvi con me, io andavo avanti e tu restavi un po’ più indietro. Ma io ti aspettavo, non ti avrei mai lasciato solo.

    Ti aspettavo ogni giorno. Aspettavo la tua voce che mi raccontava la sua giornata. Capivo quando era stata una buona giornata, quando al lavoro il tuo capo non ti aveva maltrattato, e capivo quando invece ti avevano fatto arrabbiare. Allora mi sedevo buono vicino a te: infilavo la mia testa sotto al tuo braccio e cercavo di farti ridere, come quel giorno in cui eravamo andati a casa assieme e io facevo scricchiolare le foglie.

    Ti aspettavo anche quando avevi troppo da fare per passare del tempo con me: quando uscivi al mattino e tornavi la notte. Sono paziente e non conosco il rancore: so che nella vita ci sono della cose importanti e ho imparato che ce ne sono molte prima di me. Ho trascorso la mia vita ad aspettare la tua, a cercare il tuo cuore scavando tra i cuscini del tuo divano. Non l’ho trovato spesso, il tuo cuore: ma qualche volta l’ho visto e ho imparato a riconoscerlo.

    L’ho riconosciuto nelle tue lacrime quando il tuo dolore aveva un sapore salmastro che sentivo sulla punta della lingua. L’ho riconosciuto quando sei tornato a casa, un giorno, con un fagotto che profumava di talco e di pipì, e che mi ha fatto finire in un angolo buio di quel cuore. Non mi serve la luce, mi basta il buio se quel buio è un posto che conosco. E il tuo cuore io lo conosco, so che mantiene un posto per me.

    Anche oggi ti aspetto. Anche oggi che fa caldo e di foglie gialle e rosse per terra non ce ne sono. Anche oggi che le mie zampe sono arricciate dall’artrosi e non mi permettono più di correrti davanti e fermarmi ad aspettarti. Anche oggi io ti aspetto, anche se non so dove sono, non conosco questa strada in cui continuo a girare cercando il tuo profumo, la tua traccia. Ma il mio naso non è più buono, o forse la tua traccia se ne è andata via con te e allora è meglio che io torni là dove mi hai lasciato: verrai a prendermi e mi solleverai in braccio come quando ero piccolo e avevamo ancora un sacco di giorni da vivere assieme.

    Ho fiducia nel tuo cuore. È il solo cuore che conosco. Tornerai a prendermi con una ciotola piena d’acqua dove potrò dissetarmi e una scatola di pappa che io mangerò troppo velocemente. E poi mi farai risalire in macchina dove c’è la mia coperta, quella col mio odore, quella in cui mi addormentavo quando facevamo dei viaggi lunghi a scoprire il mondo. Che ne abbiamo visto un bel po’ eh, di mondo? Per questo so che tornerai e continuo ad aspettarti: esattamente qui dove mi hai lasciato. Anche se sono passate un po’ di notti e qualche giorno, io so che presto vedrò spuntare la tua macchina in fondo alla strada e allora sarà di nuovo come il giorno in cui siamo andati a casa assieme e tu sarai felice di avermi con te e io sarò felice di essere con te.

    Fai presto però, perché io sono paziente, ma il mio cuore batte lento, lo sento stanco, pesante di fatica e di paura. Allora mi accuccio: quando arriverai, se tu non riuscirai a vedermi, alzerò la coda a salutarti e festeggiare il tuo ritorno.

    Fai presto, davvero, perché ho gli occhi pieni di nebbia e ho paura di non riuscire a vederti, a riconoscere la tua mano che si abbassa ad accarezzarmi la testa, a grattarmi le orecchie.

    Fai presto, ti prego, perché non sento più le zampe: me la sono fatta addosso e ho paura che quando arriverai non riuscirò a saltarti in braccio.

    Fai presto perché io ho vissuto la mia vita con te: ogni volta che ho avuto paura ho trovato rifugio in te. E oggi che di paura ne ho davvero tanta, oggi che sento che il cuore mi abbandona ho bisogno di te: di guardare i tuoi occhi mentre i miei si chiudono tranquilli come hanno fatto ogni notte quando il sonno che li attendeva era di ore e non di sempre.

    Torna a prendermi: fammi morire vicino a te.

    Qualche giorno fa, l’assessore al Bilancio del Comune di Imola ha dichiarato, in sede di Consiglio, che i cani in esubero nel canile vanno abbattuti. A poche ore dalla disgraziata uscita, il sindaco ha corretto il tiro, specificando che le parole del suo collega erano dettate dall’impossibilità di concedere un bonus fiscale a chi adotta un cane abbandonato in un momento di crisi tale da non consentire di aiutare nemmeno le famiglie degli imolesi.

    Vorrei ricordare a questo assessore imprudente (perché oggi mi sento politicamente corretta) che il canile della sua città è pieno di cani che i suoi concittadini hanno abbandonato, ad ennesima certificazione del fatto che se il cane è il migliore amico dell’uomo, l’uomo non lo è di certo del cane.

    I cani, caro assessore, non si abbandonano e di sicuro non si abbattono. Se lo segni e cerchi di non dimenticarlo mai più.

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  • Il cecchino dei gatti spaventa Bazzano – Bologna – Il Resto del Carlino – Il Resto del Carlino (Blog)

    Il cecchino dei gatti spaventa Bazzano – Bologna – Il Resto del Carlino – Il Resto del Carlino (Blog)

    Bazzano (Bologna), 19 luglio 2015 – Allarme cecchino dei gatti nella periferia di Bazzano dove, negli ultimi tempi, si registrano anomale sparizioni di felini casalinghi e dove, pochi giorni fa, un gatto d’appartamento è stato gravemente ferito da una scarica di pallini. E forse sarebbe finita con l’ennesimo inspiegabile mancato ritorno a casa, se Rocco, un bel maschio meticcio di un anno, stabilmente adottato dalla famiglia di Luca Cavina, non fosse riuscito a ritornare dal suo padrone dopo essere stato colpito da una rosa di almeno una trentina di pallini di piombo che hanno trafitto tutte le parti del corpo.

    Il suo padrone se lo è trovato martedì mattina barcollante e sanguinante nel giardino della sua casa di via Panzanesa, periferia urbana del capoluogo di Valsamoggia. «Lui è abituato ad uscire di notte e la sera prima alle 23 era in ottime condizioni – racconta Cavina, 48enne rappresentante di commercio –. Quando l’ho visto così sono corso dal veterinario, convinto che fosse vittima di un aggressione di un cane, ma all’occhio attento del dottore è bastato davvero poco per capire che gli avevano sparato con un fucile da caccia. Una lastra ha evidenziato la gravità della situazione: uno dei pallini era arrivato al polmone che si era riempito di sangue e se il veterinario non lo avesse siringato subito il mio gatto sarebbe già morto. Altri pallini sono arrivati in vescica (sangue nelle urine) e vicino alla spina dorsale. Rocco è stato ricoverato e curato per 3 giorni con vitamina, antibiotici e ovviamente antidolorifici perché il corpo è martoriato. E sappiamo che molti di questi pallini non potranno nemmeno essere estratti, col rischio di possibile futuro avvelenamento da piombo».

    Cavina, venerdì, ha ripreso a casa il suo gatto per una difficile convalescenza. E, appena ha potuto, ha denunciato il fatto ai carabinieri: «Ho fatto una denuncia contro ignoti, perché non credo sia una cosa normale che in un centro abitato ci sia qualcuno che gioca ai tiro al bersaglio coi gatti sparando a pallettoni. Tanto più che quando ho diffuso l’allarme via Facebook scoprendo che, quella mattina, una persona ha sentito distintamente un colpo di fucile poco dopo le quattro e mezzo» aggiunge Cavina che ha ricevuto molte altre segnalazioni di sparizioni di gatti, ed ipotizza l’attività di una specie di serial-killer: «Potrebbe essere un cacciatore disturbato dalla presenza dei gatti – conclude –, o anche una persona che si diverte a sparare agli animali, anche in una zona urbana, come la zona della Sabbionara, dove abitiamo noi da due anni e mezzo. Un fatto che dovrebbe preoccupare non poco le autorità e anche gli altri residenti».

    di Gabriele Mignardi

  • Vipera al Curò, morsa una donna Ecco come riconoscerle e come … – Bergamonews

    Vipera al Curò, morsa una donna Ecco come riconoscerle e come … – Bergamonews

    Con questo caldo eccezionale la cosa migliore è una gita iun montagna in cerca di un minimo di refrigerio.

    Ma anche i boschi presentano dei rischi. Lo sa bene la donna di 31 anni di Vicenza che sabato pomeriggio è stata morsa da una vipera al rifugio Curò (Valbondione).

    La giovane donna stava prendendo il sole, s’è alzata a piedi nudi allerata da uno strano rumore, ha fatto qualche passo e così ha calpestato la vipera che l’ha morsa alla caviglia.

    Per soccorrerla è intervenuto l’elisoccorso: ha bendato la donna e le ha somminsitarto un analgesico

    Ma come fare in caso di presenza di vipere durante la nostra gita? Ecco alcuni consgigli.

    COME RICONOSCERE UNA VIPERA:

    è importante saper riconoscere bene una vipera in base alle sue caratteristiche morfologiche, in modo da non confonderla con altri rettili non velenosi. La lunghezza del rettile è compresa tra 70 e 80 cm; è caratterizzata da un corpo tozzo con una coda corta e tronca; la testa piuttosto appiattita, con una caratteristica forma triangolare oppure a losanga e a punta e l’estremità del viso rivolta verso l’alto. Tra occhio e bocca sono situate delle scaglie poste su più file; le pupille sono schiacciate e verticali, a fessura, anziché rotonde. In bocca si trovano 2 grossi denti veleniferi, molto appuntiti e dotati di scalanature, che permettono al veleno di uscire e penetrare nei tessuti della vittima. La vipera dal corno possiede la caratteristica protuberanza sopra al naso, ben visibile.

    COME AVVIENE IL MORSO:

    Il morso avviene in tre fasi: apertura della bocca con un angolo maggiore di 180°, estrazione delle zanne, morso. In media un morso può contenere dai 5 ai 40 mg di principio attivo, minore se la vipera ha da poco morso un altro animale e le sedi prevalentemente colpite sono gli arti inferiori e superiori, ma i siti di aggressione più pericolosi sono il collo o la testa. Circa il 20% dei morsi di serpente sono “morsi secchi”, ossia senza inoculazione di veleno che, ricordiamo, è essenziale per la vita del rettile, per cui la vipera tende a non sprecarlo mordendo l’uomo. Il veleno della vipera contiene acqua, protidi, nucleotidi, ioni, metalli; sostanze che consentono di immobilizzare, uccidere e digerire la preda. Il segno caratteristico del morso è la presenza di due piccoli fori distanziati di 0,5-1 cm, più profondi degli altri, corrispondenti ai segni lasciati dai denti veleniferi. Talvolta il morso, oltre a presentare i fori dei denti veleniferi, mostra il segno lasciato dagli altri denti, sebbene in modo meno evidente. Il morso di altri serpenti on velenosi non presenta i due fori maggiori, ma il segno dell’intera arcata dentaria a forma di V. Può però succedere che la vipera abbia perso un dente velenifero, oppure che il morso non sia andato completamente a segno e a fondo. In tal caso può essere presente un solo foro del dente velenifero.

    COSA APPARE SULLA PELLE MORSICATA:

    sulla zona del morso compaiono dopo pochi minuti, i seguenti effetti locali: dolore, tumefazione imponente ed estesa, necrosi e chiazzatura emorragica (livido). Tra gli effetti generalizzati, che compaiono dopo circa 1 ora dal morso: mal di testa, nausea, vomito, dolori addominali, febbre, difficoltà nei movimenti, alterazione dello stato di coscienza, inoltre possono comparire vomito di sangue, feci con sangue digerito e colorazione giallastra della pelle. Nei casi più gravi si ha la morte per grave insufficienza cardiocircolatoria o per gravi alterazioni della coagulazione del sangue.

    FATTORI DI RISCHIO:

    Alla gravità dell’avvelenamento concorrono numerosi fattori: età, peso corporeo, condizioni generali della persona, con bimbi, anziani e persone debilitate più a rischio; sede del morso (punti più critici sono testa e collo), profondità del morso (il grasso limita la diffusione del veleno), quantità del veleno (è più abbondante e denso subito dopo il letargo), movimento della persona dopo il morso (non muoversi per evitare che il veleno entri in circolo più velocemente).

    COSA FARE IN CASO DI MORSO DI VIPERA

    Se si è morsi, occorre mantenere il più possibile la calma, dato che l’agitazione provoca l’attivazione incontrollata dei meccanismi da stress che provocano una più rapida diffusione del veleno; sfilando anelli, bracciali ecc. prima che il gonfiore lo impedisca. E’ opportuno lavare la ferita con acqua ossigenata con permanganato di potassio o con acqua semplice perché il veleno di vipera è idrosolubile; evitando disinfezioni con alcool o sostanze alcoliche perché il veleno della vipera, a contatto con l’alcool, forma composti tossici. Premete la ferita immediatamente dopo il morso, in modo da far uscire la maggior quantità possibile di veleno. Potete utilizzare il laccio emostatico solo per bloccare la circolazione linfatica e venosa, non quella arteriosa. Il laccio, abbastanza stretto, deve permettere però la fuoriuscita di sangue dalla morsicatura e un dito deve poter passare sotto di esso (le pulsazioni devono essere rilevabili nell’arto). Controllatelo periodicamente e, se necessario, allentatelo. Se il gonfiore raggiunge la fasciatura, legate 5-10 cm più in alto un’altra fasciatura e poi togliete quella effettuata prima. Se il morso è avvenuto su un braccio o una gamba, potete applicare una fasciatura molto stretta a monte della ferita, sino alla fine dell’arto.

    NON SUCCHIATE IL PUNTO MORSICATO

    Inoltre, evitate procedure di aspirazione o rimozione meccanica del veleno (es. suzioni, incisioni); non succhiate il veleno della ferita con la bocca (è molto probabile avere nel cavo orale piccole ferite causate dallo spazzolino da denti); non somministrate alcolici (che hanno effetto depressivo sul SNC e vasodilatatore periferico, facilitando quindi l’assorbimento del veleno)

    CURA

    In ospedale, dopo la rimozione dell’eventuale bendaggio compressivo, si attribuisce la classe di gravità, verificando la copertura antitetanica e l’eventuale profilassi; effettuando prelievi per esami ematochimici (emocromo completo, coagulazione, enzimi muscolari, funzionalità renale, elettroliti inclusi calcio e magnesio) ed elettrocardiogramma, terapia sintomatica per il dolore, monitoraggio della progressione dell’edema peri-lesionale e dei segni e sintomi sistemici, con rivalutazione della classe di gravità e dei segni e sintomi sistemici, con rivalutazione della classe di gravità, inizialmente ogni 1-2 ore ; osservazione per almeno 8-12 ore in caso di morso senza sintomi di avvelenamento (grado 0), ricovero per i pazienti con avvelenamento di grado 1,2 o 3, considerando i criteri per la somministrazione di antidoto per il trattamento dei pazienti con avvelenamento di grado 2 e 3.

    PREVENZIONE

    Per evitare di essere morsi da una vipera: non disturbate nessun serpente e non tentate di uccidere quelli incontrati; non camminate tra la vegetazione a piedi nudi o con scarpe basse ma indossate calzettoni di lana pesante e calzoni lunghi di tessuto; non frugate tra la vegetazione a mani nude; camminate con passo pesante, battendo le erbe e le pietre con un bastone (le vipere hanno un udito poco sviluppato ma sono molto sensibili a movimenti e vibrazioni), non salite sui muretti o pendii appoggiando le mani dove non si vede perfettamente; sedetevi, sdraiatevi o fate picnic solo in luoghi aperti e distanti da ammassi vari, pietraie, muretti, legnaie; scuotete con decisione e più volte giubbotti e maglioni deposti a terra o appesi ai rami dei cespugli prima di reindossarli; controllate a vista i bimbi piccoli e fateli giocare solo in posti sicuri, facendo attenzione ai rustici abbandonati o ai casolari isolati. Se proprio siete costretti a colpire una vipera (possibilmente con un sasso o un bastone sul capo), mantenetevi ad almeno un metro da essa , distanza che consente di non correre rischi.

  • Trasportava serpenti e tarantole, 18enne trovato morto in auto … – Leggo.it

    Trasportava serpenti e tarantole, 18enne trovato morto in auto … – Leggo.it

    Sabato 18 Luglio 2015, 22:24

    di Federica Macagnone

    Grant Thompson aveva 18 anni e dal 2013 lavorava in un negozio di animali, il Fish Bowl Pet Express di Temple, in Texas: li amava da morire, con una predilezione particolare per i serpenti. Quando sua madre comprò quel negozio, lui toccò il cielo con un dito: aveva finalmente un posto tutto suo dove dedicarsi alla passione della sua vita. Trasportava rettili e insetti pericolosi a bordo del suo Suv tappezzato di adesivi di avviso per eventuali malintenzionati: “Attenzione: rettili pericolosi a bordo”, “Trasporto serpenti” e altro ancora.    Forse si sentiva invulnerabile, forse pensava che i suoi amici non lo avrebbero mai tradito. Lo hanno trovato esanime in un parcheggio, nella sua auto, con segni di morsi al polso: nella vettura, con lui, c’era un serpente non velenoso, sei tarantole e una rana toro. Mancava solo un cobra monocolo velenosissimo che era uscito dalla sua teca e poi è fuggito.  Il personale dei servizi d’emergenza aveva ricevuto alle 9.37 di martedì la segnalazione che parlava di un uomo sofferente in una macchina parcheggiata davanti a un negozio di bricolage sulla Interstate 35, nei pressi di Parmer Lane. Grant è stato portato in condizioni disperate al Round Rock Medical Center di St. David, dove poi è morto per arresto cardiaco.  Dopo una caccia grossa al serpente mancante, gli uomini del Controllo animali hanno trovato il cobra solo venerdì mattina: era proprio quello di Grant. Le autorità, nonostante le circostanze siano abbastanza evidenti, hanno comunque avviato le procedure ufficiali per stabilire se il ragazzo sia stato morso da un serpente e se la sua morte sia stata causata dal veleno di un rettile che ha spezzato troppo presto la vita di un giovane entusiasta.

  • Quindici risposte al nonsenso creazionista – Le Scienze

    Quindici risposte al nonsenso creazionista – Le Scienze

    Gli oppositori della teoria dell’evoluzione vogliono dare spazio al creazionismo smantellando la vera scienza. Ma le loro argomentazioni non hanno nulla di valido, e con un po’ di pazienza è possibile smontarle una per unadi John Rennie

    Quando, 143 anni fa, Charles Darwin introdusse la teoria dell’evoluzione attraverso la selezione naturale, gli scienziati dell’epoca discussero ferocemente su di essa, ma le prove che si andavano accumulando da campi come la paleontologia, la genetica, la zoologia, la biologia molecolare, portarono gradualmente a stabilire la verità dell’evoluzione al di là di ogni ragionevole dubbio. Oggi quella battaglia è stata vinta ovunque, tranne che nell’immaginario collettivo.

    E’ imbarazzante, ma nel XXI secolo, nella nazione scientificamente più avanzata del mondo i creazionisti possono ancora convincere politici, giudici e cittadini comuni che l’evoluzione è una fantasia fallace e non dimostrata, battendosi perché idee creazioniste come quella del “disegno intelligente” siano insegnate nelle aule di scienze come alternative all’evoluzione. Proprio mentre scrivo, il Board of Education dell’Ohio sta discutendo ancora una volta se introdurre un simile cambiamento. Alcuni anti-evoluzionisti, come Philip E. Johnson, un professore di diritto dell’Università della California a Berkeley e autore di Darwin on Trial, ammettono di voler usare la teoria del disegno intelligente come un “cuneo” per riaprire la discussione su Dio nelle aule di scienze.

    Assediati, gli insegnanti – e non solo loro – possono trovarsi sempre più spesso a difendere l’evoluzione e confutare il creazionismo. Gli argomenti che usano i creazionisti sono in genere speciosi e fondati su fraintendimenti (o addirittura bugie) sull’evoluzione, ma il numero e la diversità delle obiezioni possono mettere in difficoltà anche persone ben informate.

    Per aiutare a rispondere, ecco una lista che confuta alcuni dei più comuni argomenti “scientifici”  contro l’evoluzione. Può anche aiutare i lettori a trovare

    ulteriori fonti di informazionie e spiega perché la scienza creazionista non ha posto nelle aule.

    Il vibrione del colera è dotato di un lungo flagello di notevole complessità strutturale. (© Scientifica/RMF/Visuals Unlimited/Corbis) A volte i creazionisti cercano di invalidare tutta l’evoluzione additando l’incapacità della scienza attuale di spiegare l’origine della vita. Ma anche se si scoprisse che la vita sulla Terra non ha avuto un’origine di tipo evoluzionistico (per esempio, se gli alieni avessero introdotto le prime cellule miliardi di anni fa), l’evoluzione da allora in poi sarebbe comunque  robustamente confermata da innumerevoli studi microevolutivi e macroevolutivi.

    8. Matematicamente, è inconcepibile che una cosa complessa come una proteina, per non parlare di una cellula vivente o di un essere umano, possa sorgere per caso.
    Il caso ha un ruolo nellevoluzione (per esempio, nelle mutazioni casuali che possono dare origine a nuovi tratti), ma l’evoluzione non dipende dal caso nel creare organismi, proteine o altre entità. Al contrario: la selezione naturale, il principale meccanismo noto dell’evoluzione, sfrutta il cambiamento non casuale conservando le caratteristiche “desiderabili” (adattative) e eliminare quelle “indesiderabili” (non adattative). Finché le forze di selezione rimangono costanti, la selezione naturale può spingere l’evoluzione in una direzione e produrre strutture sofisticate in tempi sorprendentemente brevi.

    Come analogia, si consideri la sequenza di 13 lettere “TOBEORNOTTOBE.” Un ipotetico milione di scimmie che sfornano ciascuna una frase al secondo, potrebbe impiegare fino a 78.800 anni per trovarla tra le 2613 sequenze di quella lunghezza. Ma negli anni ottanta Richard Hardison del Glendale College ha scritto un software per generato frasi a caso, che però preservava le posizioni delle singole lettere che si trovavano nella posizione corretta (selezionando di fatto frasi sempre più simili a quella di Amleto). In media, il programma di ricreava la frase con sole 336 iterazioni, in meno di 90 secondi. Cosa ancora più sorprendente, si potrebbe ricostruire tutta la tragedia di Shakespeare in soli quattro giorni e mezzo.

    9. La seconda legge della termodinamica afferma che nel corso del tempo i sistemi devono diventare più disordinati. Le cellule viventi, pertanto, non potevano evolvere da sostanze chimiche inanimate, e la vita pluricellulare non poteva evolvere dai protozoi.
    Quindici risposte al nonsenso creazionistaL’albero della vita, come fu disegnato nel 1866 dal biologo E. H. Haeckel, attivo propugnatore della teoria darwiniana (© Michael Nicholson/Corbis)Questo argomento deriva da un fraintendimento della seconda legge della termodinamica. Se fosse valida in questi termini, sarebbero impossibili anche i cristalli di minerali e i fiocchi di neve, perché anch’essi sono strutture complesse che si formano spontaneamente da parti disordinate.

    La seconda legge in realtà afferma che l’entropia totale di un sistema chiuso (un sistema in cui non entra né esce alcuna energia o materia) non può diminuire. L’entropia è un concetto fisico che spesso è informalmente descritto come disordine, ma differisce notevolmente dall’uso comune della parola.

    Cosa più importante, la seconda legge consente che in alcune parti di un sistema l’entropia diminuisca purché in altre parti si abbia un aumento di compensazione. Così, il nostro pianeta nel suo insieme può diventare più complesso perché il Sole riversa calore e luce su di esso, e la maggior entropia associata alla fusione nucleare nel Sole riequilibra la bilancia. Gli organismi semplici possono alimentare la loro ascesa verso la complessità grazie al consumo di altre forme di vita e di materiali  non viventi.

    10. Le mutazioni sono essenziali per la teoria dell’evoluzione, ma le mutazioni possono solo eliminare i tratti. Non possono produrre nuove funzionalità.
    Al contrario, la biologia ha catalogato molti tratti prodotti da mutazioni puntiformi (variazioni nelle posizioni precise nel DNA di un organismo), per esempio la resistenza batterica agli antibiotici.

    Le mutazioni che insorgono nella famiglia dei geni homeobox (Hox) che regolano lo sviluppo negli animali possono anche avere effetti complessi. I geni Hox stabiliscono dove dovrebbero crescere gambe, ali, antenne e gli altri segmenti del  corpo. Nei moscerini della frutta, per esempio, la mutazione chiamata Antennapedia fa spuntare le zampe dove dovrebbero crescere le antenne. Questi arti anormali non sono funzionali, ma la loro esistenza dimostra che gli errori genetici sono in grado di produrre strutture complesse, che la selezione naturale può poi vagliare per possibili usi.

    Inoltre, la biologia molecolare ha scoperto meccanismi di cambiamento genetico che vanno al di là delle mutazioni puntiformi, e che espandono i modi in cui possono apparire nuovi tratti. I moduli funzionali all’interno di geni possono essere rimescolati tra loro in modi nuovi. Interi geni possono essere accidentalmente duplicati nel DNA di un organismo, e questi duplicati sono liberi di mutare in geni per nuove funzionalità complesse. Il confronto tra il DNA di una vasta gamma di organismi indica che questo è il modo in cui, nel corso di  milioni di anni si sono evolute le globine, una famiglia di proteine del sangue.

    11. La selezione naturale potrebbe spiegare la microevoluzione, ma non può spiegare l’origine di nuove specie e gli ordini superiori della vita.
    I biologi evoluzionisti hanno scritto molto su come la selezione naturale potrebbe produrre nuove specie. Per esempio, nel modello della cosiddetta speciazione allopatrica, sviluppato da Ernst Mayr della Harvard University, se una popolazione di organismi è stata isolata dal resto della sua specie da delimitazioni geografiche, potrebbe essere sottoposta a  pressioni selettive diverse. I cambiamenti potrebbero accumularsi nella popolazione isolata. Se questi cambiamenti diventano così significativi che il gruppo separato non può più incrociarsi con il ceppo originario, o quanto meno non lo fa più di routine, allora il gruppo separato sarebbe riproduttivamente isolato e sulla sua strada per diventare una nuova specie.

    La selezione naturale è il meccanismo evolutivo più studiato, ma i biologi sono aperti anche ad altre possibilità. Continuano infatti a valutare la possibilità che meccanismi genetici inusuali abbiano causato la speciazione o prodotto funzioni complesse negli organismi. Lynn Margulis e altri hanno sostenuto in modo convincente che alcuni organelli cellulari, come i mitocondri che generano energia, si siano evoluti attraverso la fusione simbiotica di antichi organismi. Così, la scienza accoglie con favore la possibilità di una evoluzione derivante da forze che sfuggono alla selezione naturale. Ma quelle forze devono essere naturali; non possono essere attribuite all’azione di misteriose intelligenze creative, la cui esistenza, in termini scientifici, è indimostrata.

    Quindici risposte al nonsenso creazionistaIl Museo del Creazionismo a San Diego (© Brian Cahn/ZUMA Press/Corbis)12. Nessuno ha mai visto evolvere una nuova specie.
    La speciazione è probabilmente un fenomeno abbastanza raro e in molti casi potrebbe richiedere secoli. Inoltre, riconoscere una nuova specie durante una sua fase di formazione può essere difficile, perché i biologi a volte non sono d’accordo sul modo migliore per definire una specie. La definizione più diffusa, il concetto di specie biologica di Mayr, riconosce una specie come una comunità distinta di popolazioni riproduttivamente isolate, insiemi di organismi che normalmente non si riproducono o o che non possono riprodursi al di fuori della loro comunità. In pratica, questo standard può essere difficile da applicare agli organismi isolati dalla distanza o da barriere geografiche o alle piante (e, naturalmente, i fossili non si riproducono). I biologi quindi di solito usano i tratti fisici e comportamentali degli organismi come indizi per la loro appartenenza a una specie.

    Tuttavia, la letteratura scientifica contiene segnalazioni di eventi di speciazione relativi a piante, insetti e vermi. Nella maggior parte di questi esperimenti, i ricercatori hanno sottoposto gli organismi a vari tipi di selezione – per differenze anatomiche, comportamenti di accoppiamento, preferenze di habitat e altri tratti – e scoperto di aver creato popolazioni di organismi che non si incrociano con gli estranei. Per esempio, William R. Rice dell’Università del New Mexico e George W. Sale dell’Università della California a Davis hanno dimostrato che, scegliendo in un gruppo di moscerini della frutta quelli che hanno una preferenza per determinati ambienti e allevandoli separatamente dagli altri per oltre 35 generazioni, la linea di moscerini che si ottiene si rifiuta di incrociarsi con quelli provenienti da un ambiente molto diverso.

    13. Gli evoluzionisti non possono indicare alcun fossile di transizione, ossia di creature che sono, per esempio, metà rettile e metà uccello.
    In realtà, i paleontologi conoscono tanti esempi specifici di fossili di forma intermedia tra i vari gruppi tassonomici. Uno dei più famosi fossili di tutti i tempi è l’Archaeopteryx, che combina le piume e le strutture scheletriche proprie di uccelli con caratteristiche dei dinosauri. E’ stata trovata anche una moltitudine di altre specie fossili piumati, alcune più aviarie altre meno. E una sequenza di fossili ripercorre l’evoluzione dei cavalli moderni dal piccolo Eohippus. Le balene avevano antenati a quattro zampe che camminavano sulla terraferma, e le creature conosciute come Ambulocetus e Rodhocetus hanno contribuito a ricostruire questa transizione. Le conchiglie fossili tracciano l’evoluzione di diversi molluschi attraverso milioni di anni. E forse più di 20 ominidi (non tutti nostri antenati) colmano il divario tra l’australopiteca Lucy e gli esseri umani moderni.

    I creazionisti, però, respingono questi studi fossili. Sostengono che l’Archaeopteryx non è un anello mancante tra rettili e uccelli, ma solo un uccello estinto con caratteristiche da rettile. Gli evoluzionisti vorrebbero creare uno strano mostro chimerico che non può essere classificato come appartenente ad alcun gruppo conosciuto. Ma anche se un creazionista accettasse un fossile di transizione tra due specie, poi insisterebbe per vedere altri fossili intermedi tra questo e gli altri due. Simili richieste frustranti possono continuare all’infinito e gravare in modo eccessivo sulle serie di reperti fossili, che sono sempre incomplete.

    Tuttavia, gli evoluzionisti possono citare a loro sostegno ulteriori prove tratte dalla biologia molecolare. Tutti gli organismi condividono la maggior parte degli stessi geni ma, come predice l’evoluzione, le strutture di questi geni e dei loro prodotti divergono tra le specie in linea con le loro relazioni evolutive. I genetisti parlano di “orologio molecolare” che registra il passaggio del tempo. Questi dati molecolari mostrano anche come vari organismi sono di transizione nel quadro dell’evoluzione.

    14. Gli esseri viventi hanno caratteristiche incredibilmente articolate – a livello sia anatomico sia cellulare e molecolare – che non potrebbero funzionare se fossero meno complesse o sofisticate. L’unica conclusione prudente è che siano i prodotti di un disegno intelligente, non dell’evoluzione.
    Questo “argomento del disegno” è la spina dorsale della maggior parte degli attacchi recenti all’evoluzione, ma è anche uno dei più antichi. Nel 1802 il teologo William Paley scrisse che se si trova un orologio da tasca in un campo, la conclusione più ragionevole è che qualcuno lo ha lasciato cadere, non che le forze naturali lo abbiano creato lì. Per analogia – sosteneva Paley – le strutture complesse delle cose viventi devono essere l’opera di un intervento divino diretto. Darwin scrisse L’origine delle specie come risposta a Paley, spiegando come le forze naturali della selezione, agendo sulle caratteristiche ereditate, possano gradualmente modellare l’evoluzione di strutture organiche molto articolate.

    Generazioni di creazionisti hanno cercato di contrastare Darwin citando l’esempio degli occhi come una struttura che non avrebbe potuto evolversi. La capacità dell’occhio di fornire una visione dipende dalla perfetta organizzazione delle sue parti, dicono questi critici. La selezione naturale non potrebbe quindi favorire le forme di transizione necessarie nel corso dell’evoluzione dell’occhio: a che serve un mezzo occhio? Anticipando queste critiche, Darwin suggerì che anche occhi “incompleti” possono conferire dei benefici (per esempio, aiutare le creature a orientarsi verso la luce) e quindi sopravvivono per un ulteriore affinamento evolutivo. La biologia ha dato ragione a Darwin: i ricercatori hanno identificato occhi primitivi e organi sensibili alla luce in tutto il regno animale e hanno anche rintracciato la storia evolutiva degli occhi grazie alla genetica comparativa. (Oggi sembra che in varie famiglie di organismi gli occhi si siano evoluti in modo indipendente.)

    Gli odierni sostenitori del disegno intelligente sono più sofisticati dei loro predecessori, ma i loro argomenti e gli obiettivi non sono fondamentalmente diversi. Criticano l’evoluzione cercando di dimostrare che non poteva spiegare la vita come noi la conosciamo e poi insistono sul fatto che l’unica alternativa praticabile è che la vita sia stata progettata da un’intelligenza non identificata.

    15. Recenti scoperte dimostrano che anche a livello microscopico, la vita ha una qualità di complessità che non avrebbe potuto realizzarsi attraverso l’evoluzione.
    “Complessità irriducibile” è il grido di battaglia di Michael J. Behe della Lehigh University, autore di La scatola nera di Darwin. La sfida biochimica all’evoluzione. Come esempio della famiglia di complessità irriducibili, Behe sceglie la trappola per topi, una macchina che non potrebbe funzionare se mancasse uno dei suoi pezzi e le cui parti non hanno alcun valore se non come parti del tutto. Ciò che vale per la trappola per topi, dice, è ancora più vero per il flagello batterico, un organello cellulare a frusta usato per la propulsione che funziona come un motore fuoribordo. Le proteine che costituiscono un flagello sono stranamente disposte come i componenti del motore, un giunto universale e ad altre strutture simili a quelle che potrebbe indicare un ingegnere umano. La probabilità che questa intricata configurazione sorga attraverso una modificazione evolutiva – sostiene Behe –  è praticamente nulla e rivela il disegno intelligente. E fa osservazioni analoghe per il meccanismo di coagulazione del sangue e altri sistemi molecolari.

    Ma i biologi evoluzionisti hanno risposte per queste obiezioni. Innanzitutto, esistono flagelli con forme più semplici di quella citata da Behe, quindi non è necessario che siano presenti  tutti i componenti perché un flagello possa funzionare. I sofisticati componenti di questo flagello hanno tutti precedenti altrove in natura, come è stato descritto da Kenneth R. Miller della Brown University e da altri. Infatti, l’intero complesso del flagello è estremamente simile a un organello che Yersinia pestis, il batterio peste bubbonica, usa per iniettare tossine nelle cellule.

    Il punto chiave è che le strutture che compongono il flagello, che secondo Behe non hanno alcun valore a prescindere dal loro ruolo nella propulsione, possono avere molteplici funzioni che possono aver favorito la loro evoluzione. L’evoluzione finale del flagello potrebbe allora aver coinvolto solo una nuova ricombinazione di quelle sofisticate parti, che inizialmente si erano evolute per altri scopi. Allo stesso modo, secondo gli studi di Russell F. Doolittle dell’Università della California a San Diego, il sistema di coagulazione del sangue sembra coinvolgere il cambiamento e l’elaborazione di proteine che originariamente erano usate nella digestione. Così, alcune delle complessità che Behe considera la prova di un disegno intelligente, alla fine non sono irriducibili.

    Una complessità di tipo diverso, la “complessità specificata”, è la pietra angolare degli argomenti avanzati da William A. Dembski della Baylor University nei suoi libri The Design Inference e No Free Lunch. Essenzialmente il suo argomento è che gli esseri viventi sono complessi in un modo che processi casuali non orientati non potrebbero mai produrre. L’unica conclusione logica, afferma Dembski, riecheggiando gli argomenti di Paley di 200 anni fa, è che qualche intelligenza sovrumana abbia creato e plasmato la vita.

    L’argomento di Dembski contiene diverse lacune. E’ sbagliato insinuare che l’ambito delle possibili spiegazioni sia ristretto solo ai processi casuali o al disegno intelligente. I ricercatori che studiano i sistemi non lineari e gli automi cellulari al Santa Fe Institute e altrove hanno dimostrato che semplici processi non orientati possono produrre modelli straordinariamente complessi. Una parte della complessità osservata negli organismi può pertanto emergere attraverso fenomeni naturali che comprendiamo ancora a malapena. Ma questo è molto diverso dal dire che la complessità non sarebbe sorta naturalmente.

    “Scienza della creazione” è una contraddizione in termini. Un elemento centrale della scienza moderna è il naturalismo metodologico, che cerca di spiegare l’universo puramente in termini di meccanismi naturali osservati o verificabili. Così, la fisica descrive il nucleo atomico con concetti specifici che disciplinano la materia e l’energia, e mette alla prova sperimentalmente quelle descrizioni. I fisici introducono nuove particelle, come il quark, per rimpolpare le loro teorie solo quando i dati mostrano che le descrizioni precedenti non possono spiegare adeguatamente i fenomeni osservati. Le nuove particelle, inoltre, non hanno proprietà arbitrarie: le loro definizioni sono strettamente limitate, in quanto le nuove particelle devono rientrare nell’ambito del quadro esistente della fisica.

    Al contrario, i teorici del disegno intelligente invocano entità oscure che, molto comodamente, hanno qualsivoglia capacità necessaria per risolvere il mistero che si ha di fronte, senza alcun vincolo. Invece di ampliare l’indagine scientifica, risposte di questo tipo la eliminano. (Come si fa a confutare l’esistenza di intelligenze onnipotenti?)

    Il disegno intelligente offre poche risposte. Per esempio, quando e come una simile intelligenza progettatrice intervenne nella storia della vita? Creando il primo DNA? La prima cellula? Il primo essere umano? Sono state progettate tutte le specie, o solo poche specie iniziali? I sostenitori della teoria del disegno intelligente spesso rifiutano di essere messi alle corde su questi punti. Non fanno nemmeno tentativi reali di conciliare le loro disparate idee sul disegno intelligente. Procedono in un argomento per esclusione: sminuiscono, cioè, le spiegazioni evolutive come inverosimili o incomplete e quindi ne concludono che le uniche alternative che rimangono si basano sul progetto intelligente.

    Da un punto di vista logico, è un procedimento fuorviante: anche se una spiegazione naturalistica è viziata, non significa che lo siano tutte. Inoltre, ciò non rende più ragionevole  la  teoria del disegno intelligente. Chi ascolta è essenzialmente lasciato a riempire gli spazi vuoti da sé, e qualcuno senza dubbio lo fa sostituendo le proprie credenze religiose alle idee scientifiche.

    Di volta in volta, la scienza ha dimostrato che il naturalismo metodologico può far arretrare l’ignoranza e trovare risposte sempre più dettagliate e informative su misteri che un tempo sembravano impenetrabili: la natura della luce, le cause delle malattie, come funziona il cervello. L’evoluzione sta facendo la stessa cosa con l’enigma del modo in cui il mondo vivente ha preso forma. Il creazionismo, di qualsiasi forma, non aggiunge nulla di intellettualmente valido a questo sforzo.

    (La versione originale di questo articolo è apparsa il 17 giugno 2002 su scientificamerican.com.  Riproduzione autorizzata, tutti i diritti riservati)

  • Trasportava serpenti e tarantole, 18enne trovato morto in auto … – Il Gazzettino

    Trasportava serpenti e tarantole, 18enne trovato morto in auto … – Il Gazzettino

    di Federica Macagnone

    Grant Thompson aveva 18 anni e dal 2013 lavorava in un negozio di animali, il Fish Bowl Pet Express di Temple, in Texas: li amava da morire, con una predilezione particolare per i serpenti. Quando sua madre comprò quel negozio, lui toccò il cielo con un dito: aveva finalmente un posto tutto suo dove dedicarsi alla passione della sua vita. Trasportava rettili e insetti pericolosi a bordo del suo Suv tappezzato di adesivi di avviso per eventuali malintenzionati: “Attenzione: rettili pericolosi a bordo”, “Trasporto serpenti” e altro ancora.

    Forse si sentiva invulnerabile, forse pensava che i suoi amici non lo avrebbero mai tradito. Lo hanno trovato esanime in un parcheggio, nella sua auto, con segni di morsi al polso: nella vettura, con lui, c’era un serpente non velenoso, sei tarantole e una rana toro. Mancava solo un cobra monocolo velenosissimo che era uscito dalla sua teca e poi è fuggito.

    Il personale dei servizi d’emergenza aveva ricevuto alle 9.37 di martedì la segnalazione che parlava di un uomo sofferente in una macchina parcheggiata davanti a un negozio di bricolage sulla Interstate 35, nei pressi di Parmer Lane. Grant è stato portato in condizioni disperate al Round Rock Medical Center di St. David, dove poi è morto per arresto cardiaco.

    Dopo una caccia grossa al serpente mancante, gli uomini del Controllo animali hanno trovato il cobra solo venerdì mattina: era proprio quello di Grant. Le autorità, nonostante le circostanze siano abbastanza evidenti, hanno comunque avviato le procedure ufficiali per stabilire se il ragazzo sia stato morso da un serpente e se la sua morte sia stata causata dal veleno di un rettile che ha spezzato troppo presto la vita di un giovane entusiasta.

  • Usa, trasportava serpenti e tarantole, 18enne trovato morto in auto … – Il Messaggero

    Usa, trasportava serpenti e tarantole, 18enne trovato morto in auto … – Il Messaggero

    Grant Thompson aveva 18 anni e dal 2013 lavorava in un negozio di animali, il Fish Bowl Pet Express di Temple, in Texas: li amava da morire, con una predilezione particolare per i serpenti. Quando sua madre comprò quel negozio, lui toccò il cielo con un dito: aveva finalmente un posto tutto suo dove dedicarsi alla passione della sua vita. Trasportava rettili e insetti pericolosi a bordo del suo Suv tappezzato di adesivi di avviso per eventuali malintenzionati: “Attenzione: rettili pericolosi a bordo”, “Trasporto serpenti” e altro ancora.

    Forse si sentiva invulnerabile, forse pensava che i suoi amici non lo avrebbero mai tradito. Lo hanno trovato esanime in un parcheggio, nella sua auto, con segni di morsi al polso: nella vettura, con lui, c’era un serpente non velenoso, sei tarantole e una rana toro. Mancava solo un cobra monocolo velenosissimo che era uscito dalla sua teca e poi è fuggito.

    Il personale dei servizi d’emergenza aveva ricevuto alle 9.37 di martedì la segnalazione che parlava di un uomo sofferente in una macchina parcheggiata davanti a un negozio di bricolage sulla Interstate 35, nei pressi di Parmer Lane. Grant è stato portato in condizioni disperate al Round Rock Medical Center di St. David, dove poi è morto per arresto cardiaco.

    Dopo una caccia grossa al serpente mancante, gli uomini del Controllo animali hanno trovato il cobra solo venerdì mattina: era proprio quello di Grant. Le autorità, nonostante le circostanze siano abbastanza evidenti, hanno comunque avviato le procedure ufficiali per stabilire se il ragazzo sia stato morso da un serpente e se la sua morte sia stata causata dal veleno di un rettile che ha spezzato troppo presto la vita di un giovane entusiasta.