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  • La Gabbianella e il Gatto in scena al Teatro Superga – TorinoToday

    La Gabbianella e il Gatto in scena al Teatro Superga – TorinoToday

    Kengah, una gabbiana avvelenata da una macchia di petrolio, in un ultimo gesto affida il suo uovo ad un gatto grande e grosso di nome Zorba, strappandogli tre promesse: di non mangiarlo, di averne cura finché non si schiuderà e di insegnare a volare al nascituro…
    Luis Sepúlveda – attraverso una storia metafora – racconta con semplicità dell’uomo contemporaneo che, facendo male alla natura, finisce per far male a se stesso.

    Un gatto d’onore inizia un’avventura lunga quanto un libro, insieme a compagni coraggiosi, scimpanzè nevrotici, ed un’impaurita gabbianella. L’autore, con la dolcezza di una favola, parla all’uomo, grande o piccolo che sia, rammentandogli i doveri verso la natura, ma anche verso se stesso.
    In scena immagini e parole, disegni e voci, unite a musiche che si fondono, con il racconto.

    Necessario ascoltare e guardare, per lasciarsi sorprendere dal gioco in cui i gatti prendono vita attraverso una esilarante Cristiana Voglino. Ora Segretario, ora Zorba, ora piccola gabbianella, a ogni personaggio un accento, un carattere particolare, che conduce dritti dritti tra gli sviluppi del racconto.

    Dietro a lei i disegni di Monica Calvi danno forma alle parole, le animano rendendole concrete. Intorno ad un tavolo-uovo, disegnato dal designer Francesco Iannello, si muove Andrea Castellini, gatto che invita a tuffarsi in una storia tonda, capace di catturare grandi e piccini attraverso il divertimento e la sincera emozione.

    La musica, composta appositamente da Matteo Curallo, è un ponte, ad unire i tanti ingredienti, quasi a scivolarci dentro, per trascinare in un viaggio magico. Allo spettatore non resta che partecipare al gioco, lasciandosi travolgere da gatti giocherelloni sino, forse, a provare a volare.
    Tutto questo, ovvio, solo per chi osa farlo!

    Regia: Renzo Sicco

    Attori: Cristiana Voglino, Andrea Castellini, Paolo Sicco, Pietro Del Vecchio

  • YOUTUBE Gatto resta incastrato tra due muri – Blitz quotidiano

    YOUTUBE Gatto resta incastrato tra due muri – Blitz quotidiano

    SCOTTSDALE (ARIZONA, STATI UNITI) – A Scottsdale in Arizona, un gatto è rimasto intrappolato in una fessura tra due muri. Il micio è rimasto incastrato nella parte più bassa e più stretta.I soccorritori, per liberarlo hanno utilizzato scalpelli, martelli e mazze. Grazie a questi strumenti sono riusciti a sgretolare pezzi di muro per poter estrarre il gatto senza creargli problemi. Il micio ha 4 anni, ed ha riportato solo alcuni graffi ed escoriazioni per i quali è stato medicato dal veterinario. Ora cerca famiglia dato che è pronto per essere adottato.Lo scorso novembre, il blog Sad and Useless Humor ci aveva proposto una simpatica carrellata di gatti combina guai con dei simpatici mici finiti incastrati nei posti più impensabili di casa. Pur essendo un animale indipendente, ogni tanto c’è bisogno dell’intervento umano per liberarlo.Nelle foto i gatti finiscono per restare incastrati nei posti più impensabili: un cestino, un cartone, una busta per contenere l’acqua minerale, sul soffitto di casa. C’è anche uno scatto in cui un gatto è finito all’interno di un grande barattolo di vetro. Non mancano anche quelli che sono rimasti incastrati nei cancelli con il muso completamente schiacciato e uno sguardo rivolto all’obbiettivo che vuole chiedere aiuto mantenendo però quel distacco tipico dei gatti.  Grazie alla voglia che hanno di giocare, un gatto di questa galleria di foto resta invece incastrato in un tubo per innaffiare il giardino. Ce n’è un altro che resta bloccato sul lampadario di casa, un altro con la faccia disperata perché rimasto su un materassino al centro di una piscina (i gatti, come si sa, sono terrorizzati dall’acqua). Sono insomma tutti scatti che mettono in discussione l’infallibilità dei gatti e la loro indipendenza.

  • Il cane morde? La padrona vada a scuola – il Giornale

    Il cane morde? La padrona vada a scuola – il Giornale

    Il cane ha un comportamento aggressivo e morde una persona? Non è l’animale che deve essere punito, piuttosto è il suo padrone che va educato ed informato su qual è il modo migliore per allevarlo in totale sicurezza. Seguendo questo principio, il Comune di Piove di Sacco – meno di ventimila abitanti in provincia di Padova – ha emanato un’ordinanza con la quale il comandante della polizia locale, Francesca Prota, su richiesta del Presidio veterinario dell’Usl 16, ha obbligato una giovane donna a conseguire il patentino per poter continuare a prendersi cura del suo cane di razza boxer. In caso di rifiuto, corre il rischio di vedersi portar via il quattrozampe, in quanto considerata incapace a gestirlo. Il provvedimento è stato adottato in quanto nel mese di maggio dell’anno scorso, il boxer aveva morsicato un vicino di casa. Quando la vittima si è presentata al pronto soccorso per farsi medicare la ferita ed ha riferito che a procurargliela era stato il boxer che vive nella casa accanto, era immediatamente partita la segnalazione al Servizio veterinario dell’Usl, come prevede il protocollo. I responsabili dell’ufficio hanno quindi visitato l’animale, per verificare il suo stato di salute ed il boxer è risultato in ottima forma. Forse solo troppo vivace ma la sua esuberanza poteva essere facilmente contenuta nei parametri di sicurezza, attraverso un’educazione più appropriata impartita alla sua padrona prima ancora che a lui. Per questo motivo, gli ispettori del servizio veterinario hanno ritenuto opportuno che la proprietaria acquisisse maggiori competenze in merito, al fine di saper meglio gestire un cane di quella taglia. Da questa considerazione è scaturito l’obbligo, come si può leggere sull’ordinanza, di frequentare un «percorso formativo-informativo finalizzato al conseguimento di specifico patentino per la corretta gestione e conduzione del cane di proprietà, a tutela della pubblica incolumità».La padrona del boxer sarà obbligata a seguire il corso base e quello avanzato: sono previste almeno 14 ore di frequenza con tanto di esame finale. Una volta ottenuto il patentino dovrà esibirne copia al sindaco e al responsabile del Presidio veterinario dell’Usl 16, il tutto entro 60 giorni. Il corso prevede nozioni di etologia canina, sviluppo comportamentale e benessere del cane, linguaggio del cane nella comunicazione con l’uomo, nonché gestione dell’educazione del cane. Inoltre sono previste le nozioni per prevenire l’aggressività ed anche norme e leggi in materia di animali da affezione.L’obiettivo non è quello di sottolineare la pericolosità dell’animale ma piuttosto garantire la sicurezza pubblica, assicurando un’adeguata preparazione del proprietario per gestire il proprio cane nel migliore dei modi. Questo tipo di percorso è obbligatorio dopo un aggressione da parte di un cane, è previsto dalla legge e risponde alle nuove norme che regolano la detenzione degli animali da affezione. Confermando così il detto che non esistono cani cattivi ma solo cattivi padroni.

  • Quali sono i cani più famosi al mondo? (parte prima) – TargatoCn.it

    Quali sono i cani più famosi al mondo? (parte prima) – TargatoCn.it

    In tutto il mondo i cani sono presenti e lo sono stati in epoche passate. Ognuno ha avuto la sua storia e molti si sono resi protagonisti di fatti storici ed avvenimenti particolari, ma quali sono – effettivamente – i cani più famosi?

    Stubby era il cane del caporale Robert Conroy e divenne famoso per aver salvato diverse vite durante la Grande Guerra. Pitbull terrier randagio di Boston, venne adocchiato dal caporale durante un addestramento dei suoi soldati nel 1917 nello Yale Field (Connecticut). Nonostante il regolamento dell’esercito vietasse il trasporto di animali domestici, Conroy riuscì a nasconderlo e portarlo con sé per addestrarlo. Tra i suoi vari compiti, Stubby imparò a riconoscere l’odore del gas asfissianti e i fischi delle granate, riuscendo ad avvertire del pericolo con abbai o mordendo i talloni dei soldati ancora addormentati. Prese parte alle contese per 18 mesi partecipando a 17 battaglie, fu ferito più volte ma tornò sempre sui campi di battaglia. In un episodio arrivò addirittura a catturare una spia tedesca ottenendo il grado di sergente Stubby. Tornato in patria divenne una vera celebrità: marciò nelle parate con i veterani, conobbe tre presidenti e fece anche delle comparse a teatro. Adesso giace imbalsamato al National Museum of American History di Washington.

    Jofi era il cane di Sigmund Freud. Di razza chow chow, la cagnolina accompagnava il suo padrone durante le sedute e possiamo affermare siano stati i pionieri della terapia assistita da animali. Freud riteneva che Jofi avesse un effetto tranquillizzante – soprattutto nei confronti dei bambini – e gli era di grande aiuto nel suo lavoro accucciandosi vicino ai pazienti per essere accarezzata e tenendosi dall’altra parte della stanza nel caso di pazienti ansiosi. Sembra anche che, in presenza di Jofi, i pazienti rispondessero con maggiore sincerità. Affermava Freud “Le ragioni per cui si può voler bene a un animale come Jofi sono la simpatia aliena da qualsiasi ambivalenza, il senso di una vita semplice e libera dai conflitti, la bellezza di un’esistenza in sé compiuta”.

    Laika (vero nome Kudrjavka) è stato il primo animale ad essere inviato nello spazio: imbarcata sullo Sputnik-2 il 3 Novembre 1957, morì poche ore dopo il lancio e non fece mai più ritorno. Divenuta famosissima, il suo sacrificio fu inutile sul piano scientifico per le poche informazioni raccolte (come afferma lo scienziato Oleg Gazenko responsabile della missione dell’epoca). Altre due cagnoline (Belka e Strelka) furono inviate nello spazio il 19 Agosto 1960 all’interno del razzo Korabl-Sputnik-2. A differenza di Laika, le due tornarono sane e salve sulla Terra. Oggi i loro corpi sono conservati al Museo dei Cosmonauti di Mosca.

    Questi sono solo cinque esempi di cani speciali, che in qualche modo hanno dato un contributo alla storia del mondo.  Vi aspetto la prossima settimana con la seconda parte dell’articolo sui cani più famosi.

    Per qualsiasi domanda e dubbio non esitate a contattare me (daniel.ossino@gmail.com) o la redazione.

    Un bau a tutti e a lunedì prossimo!

  • Quali sono i cani più famosi al mondo? (parte prima) – TargatoCn.it

    Quali sono i cani più famosi al mondo? (parte prima) – TargatoCn.it

    In tutto il mondo i cani sono presenti e lo sono stati in epoche passate. Ognuno ha avuto la sua storia e molti si sono resi protagonisti di fatti storici ed avvenimenti particolari, ma quali sono – effettivamente – i cani più famosi?

    Stubby era il cane del caporale Robert Conroy e divenne famoso per aver salvato diverse vite durante la Grande Guerra. Pitbull terrier randagio di Boston, venne adocchiato dal caporale durante un addestramento dei suoi soldati nel 1917 nello Yale Field (Connecticut). Nonostante il regolamento dell’esercito vietasse il trasporto di animali domestici, Conroy riuscì a nasconderlo e portarlo con sé per addestrarlo. Tra i suoi vari compiti, Stubby imparò a riconoscere l’odore del gas asfissianti e i fischi delle granate, riuscendo ad avvertire del pericolo con abbai o mordendo i talloni dei soldati ancora addormentati. Prese parte alle contese per 18 mesi partecipando a 17 battaglie, fu ferito più volte ma tornò sempre sui campi di battaglia. In un episodio arrivò addirittura a catturare una spia tedesca ottenendo il grado di sergente Stubby. Tornato in patria divenne una vera celebrità: marciò nelle parate con i veterani, conobbe tre presidenti e fece anche delle comparse a teatro. Adesso giace imbalsamato al National Museum of American History di Washington.

    Jofi era il cane di Sigmund Freud. Di razza chow chow, la cagnolina accompagnava il suo padrone durante le sedute e possiamo affermare siano stati i pionieri della terapia assistita da animali. Freud riteneva che Jofi avesse un effetto tranquillizzante – soprattutto nei confronti dei bambini – e gli era di grande aiuto nel suo lavoro accucciandosi vicino ai pazienti per essere accarezzata e tenendosi dall’altra parte della stanza nel caso di pazienti ansiosi. Sembra anche che, in presenza di Jofi, i pazienti rispondessero con maggiore sincerità. Affermava Freud “Le ragioni per cui si può voler bene a un animale come Jofi sono la simpatia aliena da qualsiasi ambivalenza, il senso di una vita semplice e libera dai conflitti, la bellezza di un’esistenza in sé compiuta”.

    Laika (vero nome Kudrjavka) è stato il primo animale ad essere inviato nello spazio: imbarcata sullo Sputnik-2 il 3 Novembre 1957, morì poche ore dopo il lancio e non fece mai più ritorno. Divenuta famosissima, il suo sacrificio fu inutile sul piano scientifico per le poche informazioni raccolte (come afferma lo scienziato Oleg Gazenko responsabile della missione dell’epoca). Altre due cagnoline (Belka e Strelka) furono inviate nello spazio il 19 Agosto 1960 all’interno del razzo Korabl-Sputnik-2. A differenza di Laika, le due tornarono sane e salve sulla Terra. Oggi i loro corpi sono conservati al Museo dei Cosmonauti di Mosca.

    Questi sono solo cinque esempi di cani speciali, che in qualche modo hanno dato un contributo alla storia del mondo.  Vi aspetto la prossima settimana con la seconda parte dell’articolo sui cani più famosi.

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    Un bau a tutti e a lunedì prossimo!

  • Quali sono i cani più famosi al mondo? (parte prima) – TargatoCn.it

    Quali sono i cani più famosi al mondo? (parte prima) – TargatoCn.it

    In tutto il mondo i cani sono presenti e lo sono stati in epoche passate. Ognuno ha avuto la sua storia e molti si sono resi protagonisti di fatti storici ed avvenimenti particolari, ma quali sono – effettivamente – i cani più famosi?

    Stubby era il cane del caporale Robert Conroy e divenne famoso per aver salvato diverse vite durante la Grande Guerra. Pitbull terrier randagio di Boston, venne adocchiato dal caporale durante un addestramento dei suoi soldati nel 1917 nello Yale Field (Connecticut). Nonostante il regolamento dell’esercito vietasse il trasporto di animali domestici, Conroy riuscì a nasconderlo e portarlo con sé per addestrarlo. Tra i suoi vari compiti, Stubby imparò a riconoscere l’odore del gas asfissianti e i fischi delle granate, riuscendo ad avvertire del pericolo con abbai o mordendo i talloni dei soldati ancora addormentati. Prese parte alle contese per 18 mesi partecipando a 17 battaglie, fu ferito più volte ma tornò sempre sui campi di battaglia. In un episodio arrivò addirittura a catturare una spia tedesca ottenendo il grado di sergente Stubby. Tornato in patria divenne una vera celebrità: marciò nelle parate con i veterani, conobbe tre presidenti e fece anche delle comparse a teatro. Adesso giace imbalsamato al National Museum of American History di Washington.

    Jofi era il cane di Sigmund Freud. Di razza chow chow, la cagnolina accompagnava il suo padrone durante le sedute e possiamo affermare siano stati i pionieri della terapia assistita da animali. Freud riteneva che Jofi avesse un effetto tranquillizzante – soprattutto nei confronti dei bambini – e gli era di grande aiuto nel suo lavoro accucciandosi vicino ai pazienti per essere accarezzata e tenendosi dall’altra parte della stanza nel caso di pazienti ansiosi. Sembra anche che, in presenza di Jofi, i pazienti rispondessero con maggiore sincerità. Affermava Freud “Le ragioni per cui si può voler bene a un animale come Jofi sono la simpatia aliena da qualsiasi ambivalenza, il senso di una vita semplice e libera dai conflitti, la bellezza di un’esistenza in sé compiuta”.

    Laika (vero nome Kudrjavka) è stato il primo animale ad essere inviato nello spazio: imbarcata sullo Sputnik-2 il 3 Novembre 1957, morì poche ore dopo il lancio e non fece mai più ritorno. Divenuta famosissima, il suo sacrificio fu inutile sul piano scientifico per le poche informazioni raccolte (come afferma lo scienziato Oleg Gazenko responsabile della missione dell’epoca). Altre due cagnoline (Belka e Strelka) furono inviate nello spazio il 19 Agosto 1960 all’interno del razzo Korabl-Sputnik-2. A differenza di Laika, le due tornarono sane e salve sulla Terra. Oggi i loro corpi sono conservati al Museo dei Cosmonauti di Mosca.

    Questi sono solo cinque esempi di cani speciali, che in qualche modo hanno dato un contributo alla storia del mondo.  Vi aspetto la prossima settimana con la seconda parte dell’articolo sui cani più famosi.

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  • La lunga marcia del Gatto Mirò: “Nato a Torino, arriverà in Cina” – La Stampa

    La lunga marcia del Gatto Mirò: “Nato a Torino, arriverà in Cina” – La Stampa

    con i vestiti da orientale e quegli occhi curiosi e spalancati sul mondo della conoscenza, il Gatto Mirò prepara la valigia e parte per la Cina. Ad accompagnarlo sono mamma e papà, Cristina Làstrego e Francesco Testa, che definire due disegnatori di cartoni animati è poco.  

    Nella loro casetta operosa sulle rive del Po, a Torino, un tempo mulino e oggi nido della fantasia (sarà anche perché nella porta accanto è vissuto Emilio Salgari), questa coppia di creativi, coppia sul lavoro e nella vita, inventa storie avventurose di personaggi buffi, che piacciono ai piccoli. Molti sono diventati libri. È il caso di Giovanna, il drago Tommasone e il bastardino Ciccio. Molti, come Amita della Giungla, sono stati trasformati in cartoni animati trasmessi sui canali Rai.  

    L’ultimo nato – prima in carne ed ossa, pardon bottoni e stoffa, e poi reincarnato in una app disponibile per iPad dal nome Identikat – è il Gatto Mirò. Di lui si è perdutamente innamorata una casa editrice cinese, la Henan Publishing House of Science and Technology di Zhengzhou, capitale dello Henan, quattro milioni di abitanti. L’editrice, che ha all’attivo oltre quattromila titoli e sta aprendo una catena di negozi dal nome Hoo Huu, di cui il primo a Zhengzhou a novembre scorso, ha firmato a dicembre un contratto con la casa di produzione Làstrego & Testa Multimedia, per comprare il gatto e i suoi diritti d’immagine. 

    E farlo diventare in Cina un personaggio famoso, con cui «brandizzare» gli store, creare libri interattivi che sviluppino la fantasia dei bambini, cartoon e giochi per stimolare la creatività infantile. La holding Henan pagherà una cifra che fa una certa impressione: 500 mila euro praticamente per il pupazzo, il solo disegno, che potrà poi declinare come meglio crede nei vari media.  

    Làstrego e Testa seguiranno da vicino il viaggio in Oriente del gatto blu stralunato che miagola torinese. Diventato una piccola star europea, protagonista di 26 puntate da 7 minuti coprodotte con Rai Fiction e la svizzera Srf, trasmesse sulla tv d’Oltralpe per bambini in età prescolare. Le storie di Mirò dovrebbero vivere prossimamente anche su Rai YoYo.  

    Intanto, l’avventura del micio dai lunghi baffi prenderà vita dall’altra parte del mondo. «Stiamo preparando il viaggio in Cina – spiega Francesco Testa -. Anche per noi è una scoperta avventurosa quel che accadrà, sebbene l’investimento dei cinesi ci faccia ben sperare». I due creatori stanno prendendo contatti con aziende italiane, «se possibile piemontesi», interessate a lavorare con i cinesi per lo sviluppo del prodotto. Tra i primi incontri, l’azienda di giocattoli educativi Quercetti, Mondadori Ragazzi e altri.  

    E dire che quel gatto è nato dalle mani di «fata del bricolage» di Cristina, che «in una notte tempestosa» si è messa a incollare pezzi di stoffa, velluti, ricami, trine e merletti, fino ad animarli, a creare personaggi fiabeschi a quattro zampe. Dei tanti gatti colorati, è stato poi scelto Mirò. Dopo il debutto europeo, la loro agente Sara Wang lo ha portato in Cina.  

    «Il nostro desiderio è di stabilire un ponte – continua Testa – attraverso il gatto, per una collaborazione non solo commerciale che porti lavoro ad aziende italiane, ma produca anche scambi tra scuole del nostro Paese e cinesi». A chi si chiede come Cristina e Francesco possano andare d’accordo dopo 50 anni di vita e lavoro insieme, loro rispondono candidamente: «C’è una strana simbiosi che ci ha sempre accomunato. O forse lavoriamo così tanto, che non abbiamo tempo di litigare». 

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    Alcuni diritti riservati.
  • Cane ucciso, l'esperta: “E' difficile che il lupo possa attaccare le … – Il Tirreno

    Cane ucciso, l'esperta: “E' difficile che il lupo possa attaccare le … – Il Tirreno

    LAJATICO. Dopo l’uccisione di un cane da parte dei lupi, durante una battuta di caccia al cinghiale, sulle colline di Lajatico, abbiamo chiesto un parere sulla vicenda a Viviana Viviani, laureata in scienze naturali, agente della polizia provinciale di Pisa, con competenze specifiche di vigilanza ambientale, servizio antibracconaggio, e studiosa di lupi. “Il fenomeno dell’uccisione dei cani non è unico. Tale casistica è nota in Appennino come in altre regioni d’Europa”, spiega Viviani.Un caso di uccisione di cani è stato segnalato in provincia di Pisa per la prima volta a fine dicembre 2015 a Miemo . “Gli avvistamenti di lupi invece sono molto più frequenti. Bisogna però fare attenzione alle numerose segnalazioni non attendibili. Lo scorso anno, per esempio, per molte notti sono stati avvistati lupi nel centro abitato di Casciana Terme. Paura e terrore ovunque per il pericolo lupo tra le case. Quando ho ricevuto, finalmente, una foto, abbiamo potuto appurare che si trattava di due esemplari di cane lupo cecoslovacco, regolarmente detenuti, che la notte non venivano custoditi. Lo stesso vale per un “lupo” fotografato nei pressi del Romito, sull’Aurelia, a Livorno, che in realtà era un bellissimo esemplare di cane lupo cecoslovacco”, aggiunge Viviani.“La situazione è in continua evoluzione. Il nodo fondamentale è quello con la convivenza della specie con l’attività di allevamento e pastorizia. Gli allevatori devono trarre profitto dal loro lavoro e anche una sola pecora uccisa è un danno ingente. Ad oggi non ci sono rimborsi diretti previsti, bensì aiuti per le misure di prevenzione dei danni”. Viviani spiega che la provincia di Pisa “ha visto la presenza continua del lupo, accertata fin dagli anni 80, proprio nella zona di Miemo. Ci sono documenti e studi che confortano questo dato. Negli ultimi anni gli esemplari si sono distribuiti in modo più capillare sul territorio, grazie alla presenza di aree protette, alla tutela legale, alla ridotta presenza dell’uomo nelle campagne, ma soprattutto grazie alla forte adattabilità della specie”.leggi anche:caniCane sbranato dai lupi durante una battuta al cinghialeE’ successo nel comune di Lajatico, paura tra i cacciatori per la possibilità di nuovi attacchiSpesso si parla anche di “ibridi”, scambiati per lupi. “Un incrocio tra cane e lupo può dare prole “ibrida”, a sua volta fertile ed in grado di riprodursi. Devo dire che ad oggi non si può pensare di intervenire nel conflitto uccidendo il lupo, specie protetta non solo dalla normativa italiana, ma anche da leggi e convenzioni internazionali. Neppure le eventuali catture, allo studio per quanto riguarda gli ibridi, sono facilmente realizzabili, anche per i costi impegnativi. In caso di avvistamenti, si può avvisare la polizia provinciale, di cui faccio parte, al fine di registrare la presenza”, aggiunge Viviani.Infine, una precisazione dopo avvistamenti e aggressioni di lupi ai cani. “Da ben oltre un secolo non è segnalata in Italia alcuna uccisione di persone da parte di lupo. Mi preme ricordare però che il lupo è una grossa specie selvatica e come tale va trattata, al pari di un grosso cinghiale”. Viviani fa anche un’altra considerazione: “L’immagine del cane ucciso dai lupi a Miemo non è meno cruda di tante altre immagini che ho visto di cani feriti e sventrati dai cinghiali. Ogni anno muoiono o vengono feriti centinaia di cani per una forma di caccia che li vede strumenti essenziali. Il rischio è che certi episodi possano essere strumentalizzati per giustificare potenziali episodi di bracconaggio. Il lupo ucciso a Pomarance potrebbe essere il primo frutto di questa storia”.

  • Storie di lupi cattivi e bambine nel bosco – La Stampa

    Storie di lupi cattivi e bambine nel bosco – La Stampa

    Cappuccetto Rosso è senza dubbio una delle storie al mondo che vantano il maggior numero di riscritture e interpretazioni, dai racconti popolari della tradizione orale alla fiaba letteraria di Perrault, dal cortometraggio d’inizio Novecento di Georges Méliès ai racconti illustrati da Kveta Pacovska, Eric Battut o Roberto Innocenti. Soltanto tra la fine dello scorso anno e l’inizio del 2016 si possono contare cinque o sei novità editoriali che mettono in scena l’incontro tra il lupo e la bambina; quasi tutte storie che giocano con il racconto originale, e che si consiglia di leggere soltanto quando il bambino conosce bene la vicenda, in modo che possa riconoscere i personaggi e partecipare attivamente a smontare/ricostruire la trama.   

    Il lupo che saltò fuori da un libro (Valentina Edizioni, 2016, 32 pp, 12 €, da 5 anni) di Thierry Robberecht è ambientato in una ricca biblioteca casalinga dove risiede anche un felino. I libri, infatti, sono considerati dai gatti un ottimo giaciglio dove riposare; un territorio da difendere ad ogni costo. Quando un lupo scivola per errore fuori dalle pagine di un volume, il gatto lo fissa minaccioso, già pronto a scagliarsi su di lui. L’illustratore Grégoire Mabire racconta l’inseguimento rendendo omaggio alla libreria che lo ospita e all’intreccio di storie che abitano sugli scaffali, piccoli mondi paralleli nei quali tuffarsi in cerca di salvezza. L’inseguimento si conclude quando il lupo entra finalmente nel bosco dove lo aspetta Cappuccetto Rosso: insieme possono riportare la storia sul sentiero della tradizione.   

    Tra le pagine de La vera storia di Cappuccetto Rosso (Orecchio Acerbo, 2015, 32 pp, 13 euro, da 5 anni) troviamo al contrario un finale alternativo con tanto di prequel. Scommetto che tutti conoscete la sua storia. Eppure nessuno vi ha mai raccontato cosa accadde dopo che il cacciatore la salvò. E, soprattutto, cosa era successo prima… Laura Simeoni, già autrice per Orecchio Acerbo di una riscrittura di Robin Hood, ci presenta un lupo addomesticato e allo stesso tempo selvatico, né buono né cattivo (come ogni animale che si rispetti), affamato ma capace di saziarsi con una semplice torta di fragole e mirtilli. Lupo e bambina, in un dialogo aperto e creativo con la tradizione, sono molto ben caratterizzati anche nelle illustrazioni firmate da Luna Colombini, che grazie al suo tratto originale e incisivo ha vinto la seconda edizione del concorso d’illustrazione indetto da Notte di fiaba a Riva del Garda, con una giuria composta tra gli altri da Fausta Orecchio, Svjetlan Junakovic e Fabian Negrin.  

    Lupo e bambina sono infine protagonisti di un divertente gioco in scatola con regole adattate alla trama fiabesca. Cappuccetto Rosso e il lupo cattivo (Asterion, 2015, da 7 anni), pubblicato da Asterion nella collana Fiabe e giochi di cui abbiamo già parlato qui, contiene un fascicoletto con la trama, un tabellone che rappresenta il percorso nel bosco, un ricco numero di segnalini per il lupo, la bambina, la torta e il cestino e un mazzo di carte. I giocatori possono scegliere se giocare in modalità cooperativa, tutti schierati con Cappuccetto Rosso, oppure se dividersi lasciando che qualcuno interpreti il lupo.   

     

    Altri cappuccetti Tra gli altri titoli apparsi negli ultimi mesi c’è anche Lupetto Rosso (trad. di Ilaria Gaudiello, Tonué, 80 pp, 14,90 euro, da 8 anni) di Amélie Fléchais, un lungo racconto dai risvolti dark, riccamente illustrato, dove il protagonista è un piccolo lupo inviato dalla mamma a trovare la nonna. Il nemico a cui fuggire, in questo caso, è il cacciatore. Ma il lupetto, sicuro dalla propria competenza lupesca, abbandona il sentiero inoltrandosi nel folto del bosco, dove incontra una pericolosa ragazzina bionda. Ricordiamo infine C’era una volta una bambina (Topipittori, 64 pp, 20 €, da 8 anni), con un testo di Giovanna Zoboli nato guardando le bellissime tavole di Joanna Concejo, che in origine illustravano il racconto di Perrault, senza però aderirvi fedelmente: una distanza nella quale si inserisce mirabilmente il racconto dell’edizione italiana.  

  • Nevada, decapitava i cani e ne filmava le torture: 28 anni di carcere – Il Messaggero

    Nevada, decapitava i cani e ne filmava le torture: 28 anni di carcere – Il Messaggero

    Tutto ha inizio con l’arrivo della polizia in un motel americano. Gli agenti erano stati chiamati perché uno dei clienti impediva di far fare le pulizie nella sua camera. Appena varcata la soglia dell’appartamento, la macabra scoperta. Il pavimento della stanza era completamente ricoperto di sangue. In un angolo, il cadavere di un cane smembrato. Dopo alcune ore di ricerche, la polizia ritrova quattro teste di cane nascoste nei congelatori del motel. Sette le povere vittime della furia omicida.
    Autore della macabra mattanza, un uomo originario del Nevada, studente in psicologia, subito rintracciato e arrestato. Al momento del fermo, raccontava di non ricordare niente delle ultime tre settimane perché aveva assunto una dose massiccia di metanfetamine.
    I cani che gli erano stati donati o venduti da persone che si fidavano di lui. 

    Jason Brown, questo il nome dell’assassino, ha spinto il suo sadismo agli estremi, filmando tutte le scene di tortura. Le immagini sono state analizzate durante il processo.  In una registrazione, si sente Jason pronunciare queste parole: “i piccoli Chihuahua bianchi sono i miei preferiti. Se riesco a catturarne uno, gli faccio fare un giro nella casa delle torture di Jason.”

    Il giudice Elliot Sattler, che ha condannato il criminale, non ha concesso nessuna attenuante, neppure la sua dipendenza dalla droga: 28 anni di carcere.

    In Italia, c’è da scommetterci, non sarebbe certo andata così…

    Domenica 10 Gennaio 2016, 23:17 – Ultimo aggiornamento: 23:22
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