Ogni volta che sentiva abbaiare il cane del vicino usciva sul balcone e gli gettava una manciata di gusci di noce. Lo guardava mentre, silenzioso, li sgranocchiava e, di fatto, si uccideva. Mario Macrì, 52 anni, residente a La Loggia, è stato condannato a un anno di reclusione, accusato di maltrattamento di animali. Il giudice Giancarlo Capecchi gli ha inflitto una pena molto più severa rispetto alle richieste della Procura, che aveva chiesto 8 mila euro di multa. La scure del Tribunale è invece piombata sull’imputato: la condizionale è stata subordinata al pagamento del danno causato, circa 3 mila euro. Se entro pochi mesi Macrì non provvederà a risarcire il padrone del cane, dovrà scontare i dodici mesi di condanna in carcere. 

UN VELENO  

Non c’è altra spiegazione, secondo il Tribunale, come non c’era per la Procura: cos’altro, se non le noci – per i cani veleno al pari del cioccolato – ha causato la fine di Arturo, un meticcio di grossa taglia, ammalatosi nel 2010 e morto dopo mesi di malattie e inutili cure? Alessandro Pantosti Bruni, l’avvocato del suo padrone, è riuscito a dimostrarlo con fotografie e testimonianze. La sentenza lo soddisfa anche se chiedeva una condanna per il reato di uccisione di animale anziché maltrattamento: un veterinario chiamato a deporre nel processo ha confermato che le noci causano ostruzioni, lesioni ed emorragie. Letali, dunque. 

Arturo abbaiava, come tutti i cani. Viveva nel giardinetto di pertinenza dell’alloggio del suo padrone, al piano terra di una palazzina di tre piani a La Loggia. Ma Macrì non lo sopportava. Il balcone di casa sua, al primo piano, si affacciava proprio sul giardinetto di Arturo. E l’uomo da lì gettava di sotto i gusci. L’ha fatto per mesi. Il cane ha cominciato a stare male – le noci gli causavano lacerazioni agli organi interni – e il suo padrone non capiva perché. «Per curarlo ha speso 5.500 euro», spiega l’avvocato Pantosti Bruni. 

L’APPOSTAMENTO  

Un calvario che alla fine si è rivelato inutile: il cane, nei primi mesi del 2011, è morto dopo diverse operazioni, un’infinità di esami e pesantissime cure. È stato il suo proprietario, alla fine, a capire da che cosa dipendeva il malessere di Arturo: un giorno, tagliando l’erba, ha trovato diversi gusci di noce nel prato. Strano, dal momento che non esistono alberi da noce nei dintorni. Così ha capito che qualcuno li gettava al cane.  

Se ne è accorto solo perché, a differenza delle altre volte, Arturo non aveva ancora mangiato le noci. Per scrollarsi di dosso qualsiasi dubbio si è messo a osservare il suo vicino di casa, finché non l’ha visto gettare i gusci nel giardino. Lo ha denunciato e cinque anni dopo la causa è arrivata a sentenza. 

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