Categoria: TG Vet

  • Esami del sangue: calcio

     

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    Oggi parliamo del calcio, noto ai più solo come componente dello scheletro, mentre nella realtà dei fatti risulta un elettrolita estremamente “eclettico” e di vitale importanza.

    Il calcio (Ca2+o iCa) è necessario all’organismo per lo svolgimento di numerose e fondamentali funzioni. Esso interviene in reazioni enzimatiche, nel trasporto e nel mantenimento della stabilità delle membrane cellulari, nella coagulazione del sangue, nella conduzione nervosa, nella trasmissione neuromuscolare, nella contrazione muscolare, nel mantenimento del tono della muscolatura liscia, nella formazione e nel riassorbimento osseo, nel controllo del metabolismo epatico del glicogeno e, ancora, nella crescita e divisione cellulare.

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    A livello di cellula, il iCa  funge da principale modulatore della risposta a molti agonisti ed è, a tutti gli effetti, una sorta di “messaggero ionico universale”, convogliando i segnali ricevuti dall’esterno all’interno delle cellule. Per quanto riguarda lo spazio extracellulare, invece, il calcio in esso presente regola molte funzioni cellulari di diversi organi tra cui le ghiandole paratiroidi, i reni e la tiroide.

    regolazione calcio

    La regolazione dell’omeostasi del calcio è il risultato dell’azione congiunta dell’ormone paratiroideo (PTH), della vitamina D e della calcitonina mentre l’osso, il piccolo intestino ed i reni sono i tre organi principali di controllo. La maggior riserva di calcio nell’organismo è ovviamente rappresentata dallo scheletro (99%); ma è la restante parte, distribuita tra plasma e nei fluidi extracellulari secondo range molto stretti, quella di più immediato utilizzo. Circa il 50% del calcio ionizzato (Ca2+) ovvero la frazione “biologicamente attiva” responsabile di così tante funzioni, è legato all’albumina, proteina di origine epatica,

     ipercalcemia

    L’aumento della concentrazione di calcio nel plasma viene definito ipercalcemia e, per quanto sia abbastanza infrequente nel cane e nel gatto, può significare o l’esistenza di una patologia sottostante o causare, di per sé, una malattia. L’eccesso di calcio è una condizione “tossica” per le cellule causando alterazioni di membrana e malfunzionamento della pompa del calcio stesso responsabile di molti scambi tra interno ed esterno. In ultimo “troppo calcio” cellulare porta alla morte della cellula stessa. Gli organi e tessuti che risentono maggiormente dei danni da ipercalcemia sono: il gastroenterico, il sistema nervoso, il cuore ed i reni. I più comuni segni clinici derivanti sono: anoressia, disidratazione,letargia, debolezza, vomito, insufficienza renale cronica.

    ipocalcemia

    La riduzione del calcio nel plasma, all’opposto, si definisce ipocalcemia ed è una condizione più frequente della precedente. Se la diminuzione è lieve, possono non esserci segni visibili, in ogni caso la maggior parte sono ascrivibili al fatto che la bassa concentrazione di calcio tende ad aumentare l’eccitabilità neuromuscolare. I sintomi maggiormente riscontrati, indipendentemente dalla causa di abbassamento, sono: tremori muscolari o fascicolazioni, strofinamento del muso, spasmi muscolari, andatura rigida e alterazioni comportamentali quali remissività o eccitazione, aggressività, ipersensibilità agli stimoli e disorientamento.

    Nel prossimo capitolo dedicato agli elettroliti ci occuperemo del fosforo, elettrolità strettamente correlato al calcio . Continuate a seguirci sul Tgvet.

    Articolo a cura della Dr.ssa Martina Chiapasco, Clinica Veterinaria Dr.Borgarello

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  • Leishmaniosi canina: terapia, quali cani trattare?

    Prima di decidere se e come trattare un cane infetto da Leishmania infantum deve essere chiaramente differenziato lo stato d’infezione della malattia. Un cane infetto è un soggetto nel quale sia dimostrabile la presenza del parassita, con metodi diretti (microscopia, coltura, PCR) o con metodi indiretti, mettendo in evidenza anticorpi specifici. Per rendere più agevole l’inquadramento diagnostico dei cani infetti, viene utilizzata una classificazione che è stata elaborata dal Gruppo di Studio sulla Leishmaniosi Canina.

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    Un cane infetto può essere definito malato quando mostra uno o più segni clinici di leishmaniosi, incluse alterazione ematologiche, ematobiochimiche e urinarie. Quando è presente l’infezione tuttavia un cane può rimanere in uno stato asintomatico per un periodo variabile da mesi ad anni. Tale stato può essere facilmente diagnosticabile in caso di infezione patente, o essere difficile da rilevare nel caso che l’infezione sia sub patente. Pur utilizzando diverse tecniche diagnostiche quali la dimostrazione di anticorpi anti – leishmania, l’evidenziazione macroscopica del parassita e la PCR quali / quantitativa.

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    I cani inquadrati nello stadio A non devono essere trattati con farmaci anti – Leishmania. Si tratta di cani sicuramente senza segni clinici o alterazioni clinico – patologiche, il cui stato di infezione è in una fase di evoluzione non prevedibile. Anche per i soggetti dello stato B potrebbe valere lo stesso ragionamento terapeutico.

    I soggetti appartenenti allo stadio C e D, in quanto malati, devono sempre essere trattati con terapia specifica anti – Leishmania.

    E’ utile ricordare che la terapia antiparassitaria, pur assicurando quasi sempre un buon miglioramento clinico, non può essere considerata l’unico rimedio per ripristinare i danni organici indotti dal protozoo. E’ necessario quindi associare altri farmaci per far fronte ai problemi dovuti alle patologie concomitanti. Per i cani classificati nello stadio E, prima di prendere in considerazione l’uso di protocolli alternativi o la modificazione di quello adottato, devono essere sempre riconsiderate la diagnosi, la corretta applicazione del protocollo e l’eventuale presenza di altre patologie, infettive e non.

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  • Cardiopatia felina

    La cardiopatia felina è una condizione comune che può essere difficile da diagnosticare. I gatti sono spesso asintomatici fino a che non sviluppano una grave malattia. I segni clinici e radiografici possono suggerire la presenza di una cardiopatia felina, ma per diagnosticarne la specifica eziologia e la gravità è necessaria l’ecocardiografia.
    Fra le affezioni cardiache del gatto, le più comuni sono le miocardiopatie, che vengono suddivise a seconda dell’eziologia in quattro categorie:

    • Ipertrofica

    • Dilatativa

    • Non classificata o restrittiva

    • Ventricolare destra aritmogena

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    Le radiografie del torace sono utili per stabilire l’eventuale presenza di infiltrati polmonari o versamenti pleurici e possono identificare una cardiomegalia significativa.
    l valore normale di VHS nel gatto è di 7.4 ± 0.3.
    L’insufficienza cardiaca congestizia del lato sinistro può essere evidenziata dalla presenza di infiltrati polmonari a chiazze interstiziali o alveolari, senza il quadro tipico di distribuzione, a differenza di quanto avviene nel cane che ha un quadro classico di distribuzione, da parietale a caudale.
    Il versamento pleurico può essere causato da insufficienza cardiaca sinistra o destra. La deviazione dorsale della trachea non si è dimostrata un segno specifico per la cardiomegalia dei gatti con versamento pleurico.
    le radiografie del torace sono poco sensibili per le diagnosi delle cardiopatie lievi e non sono utili per individuare l’ipertrofia concentrica del ventricolo, dal momento che le dimensioni complessive del cuore non sono aumentate. Le radiografie toraciche essenziali per monitorare la presenza e la gravità dell’insufficienza cardiaca, nonché l’adeguatezza del suo trattamento.
    L’elettrocardiogramma è utile per valutare le aritmie nei gatti che vengono portati alla visita perché presentano sincope o debolezza episodica, oppure in quelli nei quali viene individuata un’aritmia all’auscultazione. L’elettrocardiografia è scarsamente sensibile per la diagnosi dell’ipertrofia ventricolare nei gatti con miocardiopatia ipertrofica.
    Nel prossimo articolo tratteremo l’argomento Miocardiopatia Ipertrofica del gatto.

    Articolo a cura della Dott.ssa Daniela Ferrari, Clinica Veterinaria Borgarello

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  • Diabete: nuovi presidi per Cane & Gatto

    Una delle malattie più sviluppate e diffuse in cani e gatti è sicuramente il diabete mellito. Tale malattia è oggi molto conosciuta anche nel web, nel quale, digitando “Diabete Cane”, è possibile scovare consigli su come affrontare il problema. Il Diabete Mellito (DM) nel cane è una malattia caratterizzata da un aumento dei livelli di zucchero (glucosio) nel sangue, causata da una carenza di insulina, un ormone prodotto dal pancreas. 
    Diabete nel cane
    Con il diabete è meglio non correre rischi. L’energia, di cui ha bisogno l’organismo per vivere, è garantita dal glucosio, uno zucchero prodotto dalla digestione degli alimenti. Ma non basta solo questo, il glucosio per trasformarsi in energia deve entrare nelle cellule e per farlo ha bisogno appunto dell’insulina. Quando la quantità di insulina prodotta dal pancreas è insufficiente, il glucosio si accumula nel sangue (iperglicemia) e le cellule non possono utilizzarlo per produrre l’energia necessaria alle loro funzioni vitali. 
    In carenza o assenza di insulina, le cellule useranno, in alternativa al glucosio, i grassi che inizialmente forniranno energia positiva, ma alla lunga si accumulano nel sangue alcuni prodotti di scarto (corpi chetonici) che possono essere potenzialmente letali. Per questo è importante identificare prima possibile se l’animale è diabetico, per fornirgli prima possibile l’insulina di cui ha bisogno per ricominciare ad utilizzare il glucosio accumulato nel sangue.Caninsulin è una sospensione di zinco-insulina di origine suina formulata specificatamente per cani e gatti. Diversamente dai gatti, i cani non manifestano forme di diabete mellito transitorie o reversibili, perché la perdita della funzionalità delle cellule β del pancreas è irreversibile; perciò in questi soggetti la terapia insulinica sarà necessaria per tutta la vita. A questo proposito, generalmente si eseguono due iniezioni giornaliere sottocutanee di insulina, nel tempo e nella dose stabilite dal proprio medico veterinario. Si può impiegare l’insulina registrata per gli animali da compagnia: caninsulin. L’esercizio fisico costante (passeggiate o giochi) ha un effetto ipoglicemizzante (abbassa la glicemia) sull’animale. Il movimento, nel cane diabetico, favorisce la perdita di peso, elimina l’insulinoresistenza indotta dall’obesità e promuove il trasporto del glucosio dentro le cellule. Infine, è indispensabile l’identificazione ed il controllo di eventuali patologie concomitanti, che possono indurre un aggravamento del diabete ed interferire con l’attività farmacologica dell’insulina, allo scopo ottimizzare il trattamento del cane. 
    Nel caso non insorgano patologie concomitanti che mettano a repentaglio la sopravvivenza dell’animale, le aspettative di vita di cani affetti da diabete mellito, trattati con terapia insulinica adeguata, sono anche di molti anni.Mentre molte altre penne per insulina sono state comunemente usate anche per gestire il diabete umano, Vet Pen è il primo dispositivo progettato esclusivamente per l’uso in gatti e cani diabetici. In precedenza, l’unico modo per somministrare insulina erano le siringhe, un utilizzo che risultava essere inadeguato e scomodo. Vet pen lavora specificatamente sul diabete del cane o del gatto ed è realizzata su misura per l’utilizzo in animali domestici. 
    Vet pen è progettata per rendere semplice e veloce il processo di dosaggio. Si riduce anche il tempo necessario alla preparazione all’iniezione. Inoltre Vet Pen è molto semplice da utilizzare anche da parte di proprietari di animali con problemi di vista, artrite, o qualsiasi altra condizione che può causare problemi alle mani. L’intuitiva strumentazione di Vet Pen consente di fornire una dose precisa di Caninsulin al vostro animale domestico, in ogni iniezione. Dopo aver preparato il dispositivo, è sufficiente somministrare la dose da voi selezionata con facilità. Con la semplice pressione di un pulsante potrete somministrare la giusta quantità di insulina al vostro animale domestico. In tal modo è possibile una maggiore precisione ed una riduzione della possibilità di errori da parte dell’utente.
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  • Cheratite pigmentosa dei brachicefali

    In razze canine brachicefale, come Carlini, Bulldog inglesi e francesi, Pechinesi, spesso si osservano aree di pigmentazione sulla cornea, soprattutto nella porzione mediale dell’occhio. La visita specialistica permette di riscontrare vascolarizzazione corneale, anche se i vasi possono essere pochi e molto sottili. In fasi iniziali si può riscontrare un processo infiammatorio a carico della cornea e nel tempo questo fenomeno viene seguito dalla migrazione dei melanociti che renderanno l’area interessata coperta dal tipico tessuto pigmentato. Spesso queste lesioni sono legate a difetti ciliari quali trichiasi, associata o no a pliche cutanee nasali abbondanti.

                                      carlino

    La pigmentazione tende a progredire nel tempo, in particolar modo se con l’età subentrano anche deficit di lacrimazione. Inoltre, occorre tenere presente che la cornea di questi soggetti è a rischio di ulcerazioni, secondarie al trauma cronico ripetuto, alla lacrimazione diminuita e al conseguente instaurarsi di colonizzazioni batteriche.

    Il trattamento migliore è quello che previene la comparsa della cheratite: la cantoplastica mediale eseguita in giovane età (6- 12 mesi) è spesso l’intervento chirurgico d’elezione. Occorre essere molto attenti ai canalicoli lacrimali per evitare di danneggiarli durante l’intervento. Indipendentemente dal tipo di tecnica chirurgica utilizzata va osservata molta attenzione nella rimozione dei follicoli piliferi, per eliminare ogni fonte di trauma per la cornea.

    Dopo l’intervento chirurgico la terapia di tipo medico in presenza di cheratite pigmentosa è a base di ciclosporina.

    A cura della Dott.ssa Valentina Declame

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  • Fisiologia del parto nella cagna e nella gatta

    L’elemento cardine dell’inizio del parto si identifica nel feto.
    A causa della crescita fetale e dell’ipossia conseguente alle dimensioni eccessive si verifica una situazione di stress nel feto stesso che provoca il rilascio ipofisario di ormone dello stress (ACTH).
    Questo ormone stimola le ghiandole surrenali fetali al rilascio di corticosteroidi i quali agiscono sulla placenta determinando una diminuzione della secrezione di progesterone e un aumento del tasso di estrogeni.

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    Gli estrogeni sono i responsabili della cascata di eventi successiva:

    -sensibilizzano l’utero all’ossitocina;

    -aumentano la contrattilità del miometrio;

    -inducono la sintesi di prostaglandine.

    In particolare le prostaglandine inducono la luteolisi (rottura del corpo luteo), evento che determina una drastica caduta del tasso di progesterone a livello ematico.
    Questo è il momento in cui si ha il rilascio di relaxina: ormone che provoca il rilassamento della pelvi materna e delle vie genitali femminili, condizioni determinanti per la riuscita dell’espulsione fetale.
    La dilatazione della cervice induce il cosiddetto RIFLESSO DI FERGUSON: impulso nervoso che arriva all’ipotalamo materno dove determina il rilascio di ossitocina che aumenta la contrattilità del miometrio.

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    Circa 18-24 ore prima del parto la temperatura corporea della madre diminuisce arrivando sotto i 37,5°C. Questo evento coincide con la drastica caduta del progesterone ematico, e quando questo si trova al di sotto dei 2 ng/ml il parto ha inizio.
    Il parto si articola in tre fasi consecutive: fase dilatante, fase espulsiva e fase di secondamento. Approfondiremo questo aspetto nel prossimo articolo.

    A cura della dott.ssa Katiuscia Camboni della Clinica Veterinaria Borgarello.

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  • Classificazione FCI displasia dell’anca

    La classificazione ufficiale della displasia dell’anca del cane della FCI (Federation Cynologique Internationale) prevede la suddivisione dei soggetti in 5 classi.
    Vediamo nel dettaglio quali sono i 5 gradi di displasia dell’anca della classificazione FCI.
    Per maggiori informazione su tutte le Classificazioni ti consigliamo la lettura di Classificazioni della displasia dell’anca

    Grado A: 
    La testa del femore e l’acetabolo sono congruenti.
    Il bordo craniolaterale appare netto e/o leggermente arrotondato.
    Lo spazio articolare risulta limitato, netto ed uniforme.
    L’angolo acetabolare secondo Norberg è pari a 105° o superiore.
    Si può definire un sottogrado A1 ossia perfetta quando il margine cranio laterale dell’acetabolo abbraccia la testa del femore un poco più in direzione latero caudale.
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    Grado B:
    Possiamo avere due situazione:
    La testa del femore e l’acetabolo appaiono leggermente incongruenti ma l’angolo di norberg è maggiore di 105°.
    L’angolo acetabolare secondo Norberg è di circa 105° e il centro della testa del femore si trova medialmente al bordo acetabolare dorsale con buona congruità della testa del femore e dell’acetabolo.
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    Grado C:
    La testa del femore e l’acetabolo appaiono incongruenti.
    L’angolo acetabolare secondo Norberg è maggiore di 100° e/o il bordo cranio laterale risulta appena appiattito.
    Possono essere presenti irregolarità o segni minori di modificazioni osteoartrosiche a carico del margine acetabolare craniale, caudale o dorsale o della testa e del collo del femore.
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    Grado D:
    Incongruità evidente tra la testa del femore e l’acetabolo con sublussazione.
    L’angolo acetabolare secondo Norberg è superiore a 90°.
    Saranno presenti un appiattimento del bordo craniolaterale e/o segni di osteoartrosi.
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    Grado E:
    Sono presenti modificazioni marcate di tipo displastico delle anche, come lussazione o sublussazione distinta.
    Angolo acetabolare secondo Norberg inferiore a 90°.
    Evidente appiattimento del bordo acetabolare craniale.
    Deformazione della testa del femore (a forma di fungo o appiattita) o la presenza di altri segni di osteoartrosi.
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    Ma ora che conosco i vari gradi FCI come faccio a capire se il mio Pastore Tedesco che come giudizio ha “ancora ammesso” posso farlo riprodurre o meno? Continua a seguirci nel prossimo articolo parleremo della classificazione dei club di razza e quali sono i soggetti ammessi alla riproduzione.
    Se vuoi approfondire l’argomento leggi tutti gli articoli già pubblicati sulla Displasia dell’Anca
    o guarda la mini guida video Displasia dell’anca video

    Articolo a cura del Dott.
    Bartolomeo Borgarello, Clinica Veterinaria Borgarello

    Se vuoi inviare una mail: info@clinicaborgarello.it

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  • Esami del sangue: sodio e potassio

     

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    Oggi iniziamo ad analizzare i singoli elettroliti, che ritroviamo nei più comuni profili biochimici, partendo da: sodio e potassio.

    Il sodio (Na+) è il catione più rappresentato nel fluido extracellulare (ECF), mentre il potassio (K+) è maggiormente presente nel comparto intracellulare (ICF). Parlando in termini quantitativi abbiamo mediamente: 140 mEq/L di Na+ e 4 mEq/L di K+ nell’ECF e, all’opposto, 10 mEq/L di Na+ e 140 mEq/L di K+ nell’ICF.

    Il volume e la tonicità (movimento tra i compartimenti) dei fluidi corporei dipendono in gran parte dall’equilibrio tra acqua e sodio. In questo un ruolo cruciale lo giocano i reni in grado di regolare l’introduzione e l’escrezione tanto di acqua quanto di sali dal corpo e di garantirne una riserva adeguata quando, per qualche motivo, il loro apporto è ridotto. Il Na+ , inoltre, essendo il catione maggiormente presente nel compartimento extracellulare, è responsabile del mantenimento dell’ elettroneutralità tra i vari ioni: la somma delle cariche di tutte le particelle presenti nell’ECF e nell’ICF deve essere zero ovvero neutra.

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    L’aumento di concentrazione del sodio nel plasma viene definito: ipernatremia e può avvenire o per perdita eccessiva di acqua o per ritenzione anormale del sodio stesso. Tra le cause di ipernatremia si possono annoverare: perdite gastroenteriche di acqua (da vomito e diarrea), ingestione inadeguata della stessa (deprivazione), aumentata perdita di fluidi (febbre, ustioni gravi, colpi di calore), diabete, insufficienza renale cronica, eccessiva ingestione di sale o somministrazione di soluzioni saline intravenose ,utilizzo di diuretici e iperaldosteronismo. La presenza di un eccesso di sodio nell’ECF provoca un richiamo di fluidi dal comparto intracellulare con gravi conseguenze biochimiche.

    All’opposto, la riduzione della concentrazione di Na+ viene definita iponatremia. Questa condizione non da segni clinici evidenti finché la perdita non diviene cospicua (meno di 125mmol/L) con segni anche molto pericolosi tra cui l’edema cerebrale. Cause di iponatremia sono: un’eccessiva sudorazione, l’iperglicemia, problemi renali con perdita di sali, sequestro di fluidi in compartimenti non appropriati (rottura della vescica, peritoniti, pancreatiti), insufficienza cardiaca congestizia con edema, eccesso di diuretici, polidipsia (eccessiva assunzione di acqua) e eccesso di ormone antidiuretico.

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    Il potassio (K+) , come già accennato, è presente principalmente a livello cellulare ed mantenuto in tale posizione da un meccanismo chiamato “pompa sodio-potassio” che garantisce la permanenza dei due cationi nei comparti di competenza. Il K+ viene introdotto nell’organismo attraverso il cibo ed eliminato prevalentemente grazie ai reni ed in misura minore col sudore e le feci.

    La riduzione della normale concentrazione di potassio è definita ipocalemia e tale condizione può derivare da varie cause: riduzione della normale ingestione,perdita gastro enterica (vomito e/o diarrea), insufficienza renale cronica, somministrazione endovenosa di fluidi contenenti potassio che alterano l’equilibrio Na+-K+, eccesso di diuretici, aumento di aldosterone (responsabile dell’escrezione renale di K+), acidosi tubulare renale e, ancora, diabete mellito tratto con insulina.

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    L’ipercalemia, ovvero l’aumento di K+ rispetto al normale range, è imputabile a carenza di aldosterone, ostruzione a livello di uretra, patologie renali che riducono la diuresi e acidosi metabolica. L’organo che maggiormente risente dell’alterazione nella concentrazione di K+ è il cuore: l’ipercalemia provoca bradicardia, blocco atriale e fuga ventricolare, mentre l’ipocalemia può predisporre a tachiaritmie.

    Nel prossimo capitolo dedicato agli elettroliti ci occuperemo del fosforo e del calcio. Continuate a seguirci sul Tgvet.

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  • Leishmaniosi canina: epidemiologia nell’Italia nord-occidentale

    In molte aree dell’ Italia nord occidentale è ormai assodata la presenza di diversi focolai di Leishmaniosi canina come anche la presenza di flebotomi vettori. Poco si conosce invece in merito ai rischi per la salute umana in questi focolai e il ruolo svolto da altre specie animali quali il gatto e la volpe.

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    In Europa, come abbiamo già detto, la Leishmaniosi risulta essere endemica nelle aree mediterranee caratterizzate da temperature caldo – secche in estate, e miti in inverno. Dalla fine degli anni Novanta è stata rilevata la presenza di flebotomi vettori e focolai autoctoni nel nord-ovest d’Italia, dove in precedenza non erano mai stati registrati. I focolai sono stati descritti in particolare in Piemonte, Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna. L’aumento della diffusione della Leishmaniosi canina in aree continentali rappresenta ovviamente anche un rischio per la salute umana, anche perchè gli studi recenti suggeriscono che i carnivori selvatici possano mantenere il parassita all’interno delle loro popolazioni, e diventare quindi potenziali serbatoi dell’infezione pericolosi anche per l’uomo.

    Sono stati svolti degli studi approfonditi nella provincia di Asti e i risultati hanno dimostrato che l’infezione è ormai endemica in queste aree, dove i flebotomi sono presenti in grandi quantità. Con successivi studi in Piemonte sono state accertate tre differenti aree in cui la leishmaniosi canina è endemica: Torino, Ivrea, Casale. Anche la sieroprevalenza nella provincia di Imperia in volpi e gatti sembra essere elevata.

    La presenza dell’infezione quindi, sia nei cani e che nelle persone è sorprendentemente alta, e ciò ci fa comprendere quanto sia diventata importante la profilassi contro la Leishmaniosi canina nei nostri amici a quattro zampe.

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  • Malattia valvolare mitralica (5°parte)

    Continuiamo a parlare della terapia nei pazienti affetti da malattia valvolare mitralica.
    Studi recenti dimostrano come i cani trattati con pimobendan presentano una migliore qualità di vita e una maggiore sopravvivenza.
    In base a queste considerazioni, la terapia standard dei cani affetti da insufficienza cardiaca determinata dalla malattia valvolare mitralica debba comprendere il Pimobendan in associazione con la furosemide e un ACE-i e se possibile lo spironolattone.

                               malattia valvolare mitralica  

    Lo spironolattone, diuretico risparmiatore di potassio, è stato recentemente registrato per l’utilizzo nel cane. L’inibizione dell’aldosterone, oltre a produrre un effetto diuretico, riduce potenzialmente la fibrosi ed il rimodellamento cardiaco conseguenti all’attivazione di questo ormone in corso di insufficienza cardiaca congestizia.
    Altri farmaci comunemente usati nel trattamento dell’insufficienza cardiaca congestizia associata a malattia valvolare mitralica sono la digossina e l’amlodipina.
    La digossina è un farmaco con proprietà inotrope positive e cronotrope negative. Il suo utilizzo è perciò particolarmente indicato nei pazienti con disfunzione sistolica o con tachicardie sopraventricolari che richiedono un controllo della frequenza cardiaca.
    La digossina non è tollerata da tutti i pazienti. Il controllo periodico della digossinemia permette di evitare il sovradosaggio del farmaco, specialmente nei pazienti che vanno incontro a modificazione del peso corporeo.
    L’amlodipina è un arterio dilatatore, il suo utilizzo va riservato ai pazienti che hanno un’importante quota di rigurgito per ridurre il postcarico.
    L’amlodipina può indurre ipotensione, perciò è particolarmente importante monitorare la pressione sistemica nei pazienti trattati con questo farmaco.
    Sono stati inoltre riportati diversi casi di iperplasia gengivale in seguito all’uso di amlodipina nel cane. Tuttavia, nella maggior parte dei cani, l’iperplasia è reversibile in seguito all’interruzione della terapia.
    L’utilizzo di diuretici e di vasodilatatori, può indurre azotemia pre-renale. In tutti i pazienti cardiopatici, il monitoraggio dei parametri renali, andrebbe incluso negli esami di controllo a cui sottoporre il paziente periodicamente.

    Articolo a cura della Dott.ssa Daniela Ferrari, Clinica Veterinaria Borgarello

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