Categoria: Animali domestici

  • Cani e gatti, mantenerli è un’impresa. Dal 2001 aumenti del 70% – Il Giorno

    Cani e gatti, mantenerli è un’impresa. Dal 2001 aumenti del 70% – Il Giorno

    Roma, 23 febbraio 2016 – LE CULLE d’Italia saranno anche vuote, ma in compenso cucce, ciotole e accessori per gli animali di casa abbondano nelle famiglie del Belpaese. Alimentando un giro d’affari che, a dispetto della crisi, va allargandosi di anno in anno. Di pari passo, pare, con l’attitudine dei padroni a dedicare ogni sorta di attenzione agli amatissimi amici di pelo. C’è chi parla di «pet-mania», con una punta, o più, di sarcastica critica. Fatto sta che il possedere, e curare al meglio, un amico a quattro zampe è visto sempre più come indice di un way of life all’insegna della sensibilità e dei valori più autentici. E i numeri non possono non tornare. Rispetto a dieci anni fa, infatti, la spesa dedicata agli animali domestici è aumentata del 70 per cento.

    A TIRARE le somme è l’Adoc, in una recente dettagliata analisi messa a punto in occasione della Giornata Mondiale del Gatto. L’animale domestico rappresenta una presenza davvero importante nelle famiglie, visto che circa il 40% ne possiede almeno uno. Ed è anche disposta a sacrificarsi pur di renderlo felice. Per un gatto si spende più di una pensione media, per un cane (di taglia regolare) praticamente più di uno stipendio medio. Gli addetti ai lavori confermano cifre e trend. «Occuparsi di un cane costa poco meno di 1800 euro l’anno tra alimenti, accessori e spese mediche – dichiara Roberto Tascini, Presidente dell’Adoc – mentre per un gatto si spendono quasi 800 euro l’anno». La spesa è aumentata in media del 70% dall’introduzione dell’euro, circa il 5% ogni anno. «Per un gatto si spende in media – aggiunge – solo per gli alimenti, il 62% in più rispetto al 2001, per un cane la cifra lievita al +86%. Nel 2001, infatti, per mantenere un cane di media taglia bastavano circa 1000 euro l’anno, per un gatto servivano massimo 300 euro. Oggi accudire un animale domestico rappresenta una spesa e un costo considerevoli, che va ad aggiungersi agli altri problemi di bilancio delle famiglie. Disposte, però, a qualsiasi sacrificio per i loro amici. Il giro di affari per cani e gatti è pari, secondo l’Adoc, a oltre 12 miliardi di euro annui. Il totale stimato è di circa «10 milioni di amici a quattro zampe, tra cani e gatti». Considerando che la media di vita, sia per un cane che per un gatto, è di circa 15 anni, mantenere un cane per tutta la sua vita costa circa 26mila euro, un gatto oltre 9mila euro.

    CIFRE molto più elevate rispetto a quelle sostenute per animali domestici ‘minori’, come tartarughe, criceti o uccellini. Per loro, le spese non superano i 300 euro l’anno. A testimoniare un trend in costante ascesa, i dati di Arca Planet, azienda leader del settore alimentare per animali, quinta in Europa per dimensione. A vent’anni dalla nascita, Fondata da Michele Foppiani che ne è tuttora ad, vanta una crescita costante e progetti di sviluppo in Italia e all’estero. Per il 2017 i punti vendita in Italia saliranno a 200, con un fatturato stimato di 210 milioni di euro e oltre 1000 addetti. Nello stesso anno è prevista l’apertura dei primi punti vendita in Europa.

    «SIAMO soddisfatti della crescita che Arcaplanet ha compiuto in questi anni – afferma Foppiani – non solo sotto l’aspetto quantitativo che ci vede ampiamente leader nel nostro settore ma anche per la qualità dell’offerta che stiamo aggiornando costantemente e che sempre più nei prossimi mesi consentirà ai nostri clienti di usufruire di pet store sempre più spaziosi, con lay out innovativi e servizi tecnologici e di consulenza all’avanguardia».

    di CLAUDIA MARIN

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  • Legambiente denuncia il bracconiere dell’Alta Val Taro – ParmaDaily.it

    Legambiente denuncia il bracconiere dell’Alta Val Taro – ParmaDaily.it

    Legambiente ha depositato oggi alla Procura della Repubblica di Parma un esposto di denuncia relativo all’intervista comparsa nella trasmissione di martedì scorso del programma Tv Le Iene. Già Enpa aveva depositato querela nei giorni scorsi (leggi).

    Nell’esposto, che è stato curato dall’avvocato Enrica Gianola Bazzini, membro del Centro di Azione Giuridica di Legambiente, si fa riferimento a reati quali uccisione e maltrattamento di animali, nello specifico di una specie che nella normativa ha lo status di animale particolarmente protetto.

    Nel corso del servizio delle Iene infatti, è comparsa un’intervista ad un bracconiere, il quale ha dettagliatamente descritto le presunte strategie di bracconaggio adottate per eliminare i lupi, vantandosi di averne uccisi (ma in alcuni passaggi parla al plurale “ne abbiamo uccisi”) almeno una quindicina; un numero che, se vero, costituirebbe una quota significativa della popolazione lupina stimata presente nell’intera provincia di Parma.

    La gravità dei contenuti dell’intervista mostra una molteplicità di aspetti. Da una parte c’è il rilievo di reato penale dell’uccisione del lupo, che è protetto da varie norme sia nazionali che comunitarie, nonché delle modalità particolarmente cruente autodenunciate nell’intervista.

    Dall’altra il clima di pericolo alimentato dalla trasmissione nel suo complesso, ed una velata giustificazione all’attività di bracconaggio.  Infatti sono state raccolte varie testimonianze di persone che hanno affermato di volersi fare “giustizia da sé”, laddove le autorità preposte non prenderanno provvedimenti.

    L’esposto è stato trasmesso anche al Corpo Forestale dello Stato, che da sempre lavora con competenza e attenzione su questo tema.

    Legambiente ricorda che la convivenza tra uomo e lupo è possibile, anche per le attività più esposte come la pastorizia allo stato brado e semibrado. Esistono infatti accorgimenti e pratiche applicate da differenti Enti parco in diverse aree dell’Appennino che dimostrano come la coesistenza possa essere assolutamente gestita e si possano ridurre significativamente i danni alla zootecnia, senza giungere ad alcuno dei toni di paura o allarmismo lanciati in modo voluto sulla stampa.

  • Legambiente denuncia il bracconiere dell’Alta Val Taro – ParmaDaily.it

    Legambiente denuncia il bracconiere dell’Alta Val Taro – ParmaDaily.it

    Legambiente ha depositato oggi alla Procura della Repubblica di Parma un esposto di denuncia relativo all’intervista comparsa nella trasmissione di martedì scorso del programma Tv Le Iene. Già Enpa aveva depositato querela nei giorni scorsi (leggi).

    Nell’esposto, che è stato curato dall’avvocato Enrica Gianola Bazzini, membro del Centro di Azione Giuridica di Legambiente, si fa riferimento a reati quali uccisione e maltrattamento di animali, nello specifico di una specie che nella normativa ha lo status di animale particolarmente protetto.

    Nel corso del servizio delle Iene infatti, è comparsa un’intervista ad un bracconiere, il quale ha dettagliatamente descritto le presunte strategie di bracconaggio adottate per eliminare i lupi, vantandosi di averne uccisi (ma in alcuni passaggi parla al plurale “ne abbiamo uccisi”) almeno una quindicina; un numero che, se vero, costituirebbe una quota significativa della popolazione lupina stimata presente nell’intera provincia di Parma.

    La gravità dei contenuti dell’intervista mostra una molteplicità di aspetti. Da una parte c’è il rilievo di reato penale dell’uccisione del lupo, che è protetto da varie norme sia nazionali che comunitarie, nonché delle modalità particolarmente cruente autodenunciate nell’intervista.

    Dall’altra il clima di pericolo alimentato dalla trasmissione nel suo complesso, ed una velata giustificazione all’attività di bracconaggio.  Infatti sono state raccolte varie testimonianze di persone che hanno affermato di volersi fare “giustizia da sé”, laddove le autorità preposte non prenderanno provvedimenti.

    L’esposto è stato trasmesso anche al Corpo Forestale dello Stato, che da sempre lavora con competenza e attenzione su questo tema.

    Legambiente ricorda che la convivenza tra uomo e lupo è possibile, anche per le attività più esposte come la pastorizia allo stato brado e semibrado. Esistono infatti accorgimenti e pratiche applicate da differenti Enti parco in diverse aree dell’Appennino che dimostrano come la coesistenza possa essere assolutamente gestita e si possano ridurre significativamente i danni alla zootecnia, senza giungere ad alcuno dei toni di paura o allarmismo lanciati in modo voluto sulla stampa.

  • Appello dell’associazione animalista: “Aprite gli ospedali agli amici a … – LecceSette

    Appello dell’associazione animalista: “Aprite gli ospedali agli amici a … – LecceSette

    La presidentessa dell’associazione Zampa Libera chiede che anche a Lecce si apra l’ospedale agli animali domestici.

    Mentre si diffonde a macchia d’olio l’utilizzo della pet terapy, ancora pochi sono gli ospedali che consentono l’accesso nei reparti agli animali d’affezione. Eppure è stato comprovato che in molti casi una visita del proprio animale domestico possa aiutare la guarigione. Proprio per questo adesso la presidentessa dell’associazione animalista Zampa Libera, Raffaella Vergine, fa appello alla sensibilità di Silvana Melli, direttore generale della Asl di Lecce, perchè sia consentito l’accesso in ospedale anche agli amici a quattro zampe:
    “Dottoressa Melli autorizzi l’entrata negli Ospedali salentini ai nostri animali d’affezione, cani e gatti, affinche possano confortare moralalmente i loro padroni ammalati, i bambini ricoverati e dare a tutto l’ambiente ospedaliero un ondata di novità e serenità”. 
    “In altre Regioni l’esperimento è già stato avviato con risultati soddisfacenti” aggiunge ” e oltre tutto mi risulta che nel Sud Salento qualche struttira sanitaria stia guardando con interesse a questa possibilità. Speriamo lo si faccia anche a Lecce, ed in breve tempo”.

  • #soslupo: appello del WWF – CityRumors.it

    #soslupo: appello del WWF – CityRumors.it

    Pescara. Siamo in una fase importante per la tutela di questa specie. È in discussione il nuovo “Piano di conservazione e gestione del Lupo in Italia”, predisposto dal Ministero dell’Ambiente, in collaborazione con l’Unione Zoologica Italiana e il supporto dell’ISPRA.

    Il Piano è stato presentato mercoledì 17 febbraio al tavolo paritetico della Strategia Nazionale per la Biodiversità con le Regioni per la discussione tecnica. Anche accogliendo l’invito lanciato dal WWF Italia, la discussione è stata aggiornata e sono state chieste ulteriori valutazioni alle Regioni entro il prossimo 26 febbraio.

    “Il Piano prevede una pericolosa scorciatoia per risolvere i conflitti con le attività zootecniche” ha dichiarato Dante Caserta, vicepresidente del WWF Italia. “Per la prima volta dagli Anni ’70 si torna a parlare di abbattimenti del Lupo. Il Piano, infatti, introduce la possibilità di derogare al divieto di uccisione, autorizzando l’abbattimento di circa 60 lupi ogni anno. Il WWF aveva già scritto nei giorni scorsi al Ministro dell’Ambiente affinché cancellasse dal Piano questa possibilità, lanciando anche una petizione online che in 1 settimana è stata sottoscritta da 25.000 italiane e italiani e che si può continuare a sottoscrivere sul sito www.wwf.it/soslupo per dire NO all’abbattimento anche di un solo lupo e dire SI ad azioni concrete contro il bracconaggio”.

    La bozza del nuovo Piano nazionale sul Lupo può e deve essere migliorata attraverso un più ampio ed approfondito dibattito.

    Il WWF ha evidenziato 6 specifiche azioni da mettere in pratica per risolvere efficacemente la convivenza tra attività economiche e presenza dei grandi predatori sul territorio:
    1. aumentare la lotta al bracconaggio attraverso l’incremento delle pene e delle sanzioni e il potenziamento della vigilanza con l’attivazione di squadre specializzate nella prevenzione e nelle indagini antibracconaggio;
    2. aumentare il contrasto al randagismo e affrontare con maggiore determinazione il problema dell’abbandono dei cani per prevenire il fenomeno dell’ibridazione con il Lupo;
    3. applicare e valutare l’efficacia degli strumenti di prevenzione e protezione dei danni alla zootecnia;
    4. garantire un tempestivo e completo risarcimento dei danni subiti dagli allevatori, senza disparità di trattamento tra le diverse Regioni;
    5. attuare una seria e costante campagna per la tutela del Lupo con particolare riguardo al ruolo svolto dai mezzi di informazione;
    6. avviare un monitoraggio della specie a scala nazionale con scambio di informazioni a livello transfrontaliero per le Alpi.
    Alla Regione Abruzzo, che al tavolo paritetico Ministero-Regione sembra essersi incredibilmente espressa in favore del Piano, il WWF chiede di rivedere questa posizione anche alla luce del fatto che oltre 40 anni fa proprio in questa regione si sono poste le basi per la tutela del Lupo, uno dei simboli e delle attrattive
    di quella che vorrebbe e dovrebbe essere la Regione Verde d’Europa.

    È bene ricordare che solo grazie al divieto di abbattimento, in Italia la popolazione di Lupo oggi è in ripresa dopo che era arrivata sull’orlo dell’estinzione.

    Secondo una stima del 2015, oggi in Italia sono presenti circa 1.500 lupi sull’Appennino e 100/120 sull’arco alpino. Nel 1971, quando il WWF, insieme al Parco nazionale d’Abruzzo, lanciò l’Operazione San Francesco, il Lupo era una specie cacciabile, percepito come “animale nocivo” da sterminare e vi erano solo 100 esemplari in tutta Italia. Ma ancora oggi il Lupo non è fuori pericolo a causa di rilevanti minacce, su tutte il bracconaggio (con fucili, lacci e bocconi avvelenati) che ogni anno colpisce fino al 20% della popolazione, e l’ibridazione, vale a dire l’incrocio con cani vaganti, che in alcune aree supera il 40% degli individui monitorati.

    Secondo i dati del Corpo Forestale dello Stato nel triennio 2013/15 in Italia sono stati trovati morti 115 lupi, e l’esperienza insegna che il numero degli animali ritrovati morti è minore rispetto a quelli realmente uccisi.

    Ricorrere all’abbattimento di lupi quale risposta a situazioni locali critiche assicura solo un’illusoria e temporanea riduzione dei danni causati alla zootecnia, non risolvendo il problema e non placando i malumori degli allevatori, bensì aumentando in poco tempo la minaccia del bracconaggio. Tutti gli studi più recenti dimostrano, infatti, che l’abbattimento di alcuni esemplari di Lupo, destrutturando i branchi e aumentando la dispersione dei suoi componenti, può determinare nel medio e lungo termine un incremento della predazione sul bestiame domestico. La scorciatoia ipotizzata, quindi, rischia di aggravare, piuttosto che risolvere, il problema della predazione degli animali domestici da parte del Lupo.

    Il WWF Italia considera da sempre prioritaria la mitigazione del conflitto con la zootecnia, nel solco della coesistenza con i grandi predatori naturali: per questo chiede forti sinergie tra le Istituzioni al fine di attuare efficaci, concrete e diffuse misure di prevenzione. Nel contempo è necessario e urgente contrastare efficacemente il bracconaggio e il randagismo/vagantismo canino.

    Nelle Oasi WWF abruzzesi, gestite attraverso l’Istituto Abruzzese Aree Protette, si è sempre lavorato con grande impegno per la conservazione del Lupo, investendo in studi e ricerche come i monitoraggi che vengono effettuati periodicamente dal nostro personale scientifico. In particolare nell’Oasi WWF Gole del
    Sagittario di Anversa degli Abruzzi e nell’Oasi WWF del Lago di Serranella sono stati condotti diversi studi sul Lupo attraverso tecniche di monitoraggio, tra cui il fototrappolaggio e il wolf-howling. Ciò serve per valutare presenza e distribuzione della popolazione di Lupo sul territorio. Informazioni utili e vitali che nel
    caso specifico della riserva di Anversa degli Abruzzi hanno permesso di mettere in campo misure ambientali e gestionali il cui obiettivo è rendere possibile la convivenza fra attività umane e Lupo. Tra le azioni messe in atto c’è stata la prevenzione del rischio da impatto con autoveicoli con il collocamento di
    cartelli che avvertono gli automobilisti della presenza della fauna selvatica invitandoli a rallentare e ben 285 dissuasori ottici nei tratti di strada più a rischio. E grazie ai fondi straordinari della Riserva e nell’ambito di un progetto più ampio come il LIFE Orso, sono stati consegnati gratuitamente recinti elettrificati agli agricoltori o allevatori che ne hanno fatto richiesta.

  • La loro salute non ha prezzo – Il Friuli

    La loro salute non ha prezzo – Il Friuli

    20/02/2016

    Condividono con noi ogni giornata, ci accolgono al risveglio e ci salutano quando andiamo a dormire, si accoccolano accanto a noi sul divano e ci accompagnano nelle passeggiate. Gli animali domestici sono sempre più spesso considerati veri e propri membri della famiglia. Così, anche quando si ammalano, cerchiamo di offrire loro le cure migliori. Cure che spesso, purtroppo, sono molto costose e per le quali le possibilità di detrazione sono differenti rispetto ad altre spese in ambito sanitario.

    Nel 2016 non cambia nulla
    Malgrado le continue sollecitazioni sia da parte dei veterinari, sia degli utenti, nel 2016 non cambiano le regole fiscali che riguardano la possibilità di detrarre le spese mediche per gli amici a quattro zampe. Il contribuente può portare in detrazione nel modello 730 e Unico anche le spese sostenute per curare gli animali domestici. Le spese veterinarie, infatti, sono tra gli oneri deducibili nella dichiarazione dei redditi. Per poter fruire della detrazione Irpef al 19% il contribuente deve, però, superare la franchigia di 129,11 euro. Possono essere portate in detrazione tutte le spese veterinarie che eccedono la franchigia ma fino ad un tetto massimo di 387,34 euro l’anno. In base a questo, la cifra massima recuperabile attraverso le detrazioni è pari a 49 euro. Tali limiti sono unici per tutte le spese veterinarie sostenute, indipendentemente dal numero di animali posseduti, quindi per ogni contribuente c’è una sola detrazione spettante.
    Sono considerate spese veterinarie detraibili tutte quelle che il contribuente ha sostenuto per la cura degli animali domestici detenuti “a scopo di compagnia o di pratica sportiva”. Vi rientrano perciò tutti i costi sostenuti per prestazioni professionali del medico veterinario e per l’acquisto dei farmaci prescritti. E’ da sottolineare, però, che le spese sono detraibili soltanto se l’animale è legalmente posseduto, cioè, in caso di controlli, bisogna dimostrare al Fisco di essere i veri proprietari dell’animale domestico in questione (la dimostrazione può avvenire mediante la documentazione rilasciata dall’ASL o dal medico veterinario al momento dell’iscrizione dell’animale all’anagrafe.

    Tutto da dimostrare
    Per gli animali domestici per i quali non è obbligatoria l’iscrizione, il possesso può essere dimostrato con le fatture di acquisto dell’animale, con una registrazione volontaria o con la dichiarazione del proprietario).
    Se non si è i proprietari dell’animale per cui si chiede il rimborso, non solo l’importo detratto indebitamente sarà ripreso, ma il contribuente rischia delle sanzioni amministrative pecuniarie per indebita detrazione e per la mancata regolarizzazione del possesso dell’animale, nei casi obbligatori per legge, come per i cani.

  • Il lupo in Italia, una convivenza già possibile. Il servizio de Le Iene … – AgoraVox Italia

    Il lupo in Italia, una convivenza già possibile. Il servizio de Le Iene … – AgoraVox Italia

    I lupi in Italia sono davvero “migliaia e migliaia”? Come funzionano i progetti di conservazione a loro dedicati? Le risposte degli esperti LIFE WOLFALPS e LIFE M.I.R.CO LUPO. 

    di Eleonora Degano

    Un servizio delle Iene andato in onda qualche sera fa ha mandato un messaggio distorto sulla presenza del lupo in Italia, rischiando di vanificare anni di lavoro di tutti gli esperti che, attraverso la penisola, si occupano della conservazione della specie e lavorano per favorirne la convivenza con l’essere umano. Come molti fortunatamente già sanno, l’allarme del servizio “Quando il lupo diventa una minaccia” è ingiustificato, come lo è la scelta degli autori di dare voce a un bracconiere.

    Negli anni ’70 sopravviveva un centinaio di lupi nel centro-Sud dell’Italia, ma con il contributo dei progetti di conservazione da allora la popolazione si è ripresa. L’aumento delle foreste, della presenza di ungulati e la riconnessione degli habitat naturali, grazie al progressivo abbandono della montagna da parte nostra, ha favorito la diffusione del lupo e l’ha portato a espandersi naturalmente su tutti gli Appennini e Alpi.

    Per saperne di più abbiamo contattato Francesca Marucco di LIFE WOLFALPS, responsabile tecnico-scientifica per il Parco naturale delle Alpi Marittime e Willy Reggioni, project manager generale del progetto LIFE M.I.R.CO LUPO per il Parco Nazionale dell’Appennino tosco-emiliano. La dott.ssa Marucco è stata intervistata anche nel corso del servizio delle Iene, ma della sua testimonianza sono sopravvissute solo poche battute.

    Si parla di “migliaia e migliaia di lupi”: quanti sono in realtà i lupi in Italia e quanti nell’area della provincia di Parma cui si fa riferimento?
    MARUCCO: La stima è di circa mille lupi su tutto l’Appennino, dalla Calabria alla Liguria.

    REGGIONI: L’area cui si fa riferimento nel servizio è l’Alta Val Taro, in provincia di Parma. È esterna al territorio del M.I.R.CO LUPO e non vi conduciamo monitoraggi, perciò non possiamo rispondere con sufficiente affidabilità. Da febbraio 2015, tuttavia, vi siamo intervenuti per catturare i lupi e comprendere meglio sia il fenomeno delle predazioni di cani da caccia, che lì si osservano da un paio di anni, sia quello dell’ibridazione lupo-cane. Le attività preliminari di aprile hanno consentito di ipotizzare la presenza di tre branchi. Grazie alle attività telemetriche e di fototrappolaggio, condotte sui due lupi catturati e appartenenti al branco di Albareto, abbiamo verificato che nel corso dei restanti mesi del 2015 questo era composto da almeno cinque animali.

    Quante sono le predazioni da parte dei lupi? La zona interessata dal servizio, in cui si parla di “4-5 a settimana”, è particolarmente colpita?
    REGGIONI: Come dicevamo, l’area è esterna al perimetro del Parco Nazionale dell’Appennino tosco-emiliano, perciò non abbiamo numeri precisi. Tuttavia, diversamente da quanto argomentato nel servizio delle Iene in cui si parla di 4-5 predazioni a settimana, da un semplice esame dei dati della Provincia di Parma emerge che dal 2000 a oggi gli eventi regolarmente denunciati sono meno di 15 l’anno nell’intera provincia, dove sono stati liquidati circa 6.000 euro annui per indennizzi di danni da lupo a fronte dei circa 200.000 per quelli da cinghiale. Nell’Alta Val Taro si osservano pochissimi eventi di predazione su animali domestici e una quantificazione annua del danno che raramente supera i 1.000 euro.

    Fotografia di Marco Antonelli, LIFE M.I.R.CO LUPO Wolf Apennine Center

    Quanto è verosimile che il lupo diventi una minaccia per le persone? Come ci si comporta in caso di incontro?
    MARUCCO: Il lupo non è considerato una specie pericolosa per noi e negli ultimi cento anni, in Italia, non sono stati registrati incidenti che coinvolgessero l’uomo. Le attuali condizioni ecologiche e l’elevata persecuzione che ha subito -e ancora oggi subisce- l’hanno reso del tutto elusivo nei nostri confronti. Non per questo si possono escludere incidenti: è necessario rispettarlo in quanto animale selvatico e non avvicinarlo. In caso di avvistamento si può fermarsi a osservarlo, data la fortuna dell’incontro, ma da lontano. È importante segnalare questi eventi perché sono molto rari: se il lupo nota un essere umano, solitamente è lui a lasciare la zona e di rado in modo avventato. Se invece l’incontro è sgradito, la cosa migliore è fare rumore.

    Nel servizio si dice che “i cani anti-lupo sono aggressivi”. È cosi? Qual è il ruolo del progetto LIFE in questo senso?
    MARUCCO: Un cane da difesa che attacca le persone è un cane allevato male ed è l’eccezione, non la regola. Oltre a incentivare l’utilizzo di recinzioni elettrificate, nell’ambito del Progetto LIFE WOLFALPS vengono forniti cani da guardiania preparati, come i maremmani abruzzesi. Ma soprattutto viene fornita assistenza all’allevatore per addestrarli e renderli efficaci contro il lupo ma non aggressivi con l’essere umano. Abbiamo moltissimi buoni esempi.

    REGGIONI: Nell’ambito del Progetto LIFE M.I.R.CO LUPO sono previste diverse attività sul fronte dei cani da guardiania, che ormai sono molto diffusi tra i pastori locali grazie a precedenti progetti LIFE e alla capillare rete di contatti tra i pastori che il parco, attraverso il suo Wolf Apennine Center, ha saputo costruire. Tra le varie attività:

    È stata condotta un’analisi dello stato sanitario dei cani presenti nell’area di progetto, in particolare quelli da lavoro delle aziende zootecniche locali. Possono entrare a maggior contatto con il lupo e spesso vengono lasciati senza controllo; è stata istituita e resa operativa un’Unità Veterinaria Mobile del parco, che consente di svolgere l’iscrizione all’anagrafe canina, la sterilizzazione, la vaccinazione e sverminazione su base volontaria dei cani da guardiania e da conduzione; viene distribuito gratuitamente cibo per cani, donato al parco da un’azienda del settore, per ridurre i costi di mantenimento; verrà prodotto e distribuito materiale informativo sul comportamento da tenere quando si incontrano cani a guardiania di un gregge.

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    Fotografia per gentile concessione LIFE M.I.R.CO LUPO, Wolf Apennine Center

    “Nulla è stato fatto”, commentano Le Iene, ma abbiamo appena visto che non è così. Quali sono le altre attività dei progetti LIFE?
    MARUCCO: Il Progetto LIFE WOLFALPS ha l’obiettivo di realizzare azioni coordinate per la conservazione a lungo termine della popolazione alpina di lupo. Interviene in sette aree chiave con un gruppo di lavoro internazionale, che permette la gestione coordinata su scala alpina: dieci partner italiani, due sloveni e numerosi enti sostenitori.

    Oltre al monitoraggio, tra le attività previste dal progetto vi sono misure di prevenzione degli attacchi sugli animali domestici, azioni per contrastare il bracconaggio e strategie di controllo dell’ibridazione lupo-cane, necessarie per mantenere la diversità genetica della popolazione alpina di lupo. Anche la comunicazione per i locali, i cacciatori e gli allevatori è un aspetto necessario, insieme ad attività didattiche e conferenze, per diffondere le conoscenze sulla specie, sfatare i falsi miti e incentivare la tolleranza. Altre azioni principali del LIFE, in relazione alle priorità locali, sono:

    Lo sviluppo di indagini affidabili per valutare lo status di conservazione del lupo prima e dopo l’attuazione del progetto; l’adozione di misure di prevenzione nelle aree di recente colonizzazione; lo sviluppo, verifica e realizzazione sull’intero arco alpino di nuove e specifiche strategie di prevenzione per diminuire gli attacchi da lupo sul bestiame domestico; la realizzazione di piani di gestione locali per conciliare le attività umane con la protezione della specie, proteggendo i siti riproduttivi dalla perdita di habitat. L’implementazione del piano prevede anche lo sviluppo dell’ecoturismo legato alla presenza del lupo.

    Tra le vostre attività c’è anche il controllo del bracconaggio, in particolare di quello legato all’uso dei veleni. Come commentate la scelta di dare voce a un bracconiere?

    MARUCCO: Pessima. Speriamo che il Corpo Forestale dello Stato intervenga in merito.

    @Eleonoraseeing

    Leggi anche: Zona 5, il ritorno del lupo in Trentino

    Pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia

    Questo articolo è stato pubblicato qui

  • Studenti in cattedra sulla salute animale – La Nuova Sardegna

    Studenti in cattedra sulla salute animale – La Nuova Sardegna

    CHIARAMONTI. Hanno snocciolato termini come leishmaniosi ed echinococcosi padroneggiandoli da veri esperti illustrando cause, sintomi, pericoli e modalità di prevenzione. Lo hanno fatto davanti a genitori, medici e insegnanti al termine di uno studio portato avanti in orario scolastico sotto la guida della professoressa di scienze Giovanna Cesaracciu e con il supporto di medici veterinari della Asl n. 1 e dell’Istituto zooprofilattico di Sassari. Per una volta sono stati loro, gli alunni delle classi prima e seconda della scuola secondaria di primo grado di Chiaramonti, a salire in cattedra per dimostrare le competenze acquisite e sensibilizzare i genitori all’acquisizione di forme di prevenzione e igieniche corrette nella gestione dei propri animali domestici, in particolare dei cani per i quali la semplice regolare somministrazione di un antiparassitario può significare protezione da malattie trasmissibili anche all’uomo. Lo studio è stato presentato martedì mattina nella scuola di Chiaramonti nell’ambito di un progetto di educazione alla salute ed è il risultato di un compito autentico denominato «Animali piccoli piccoli». Si tratta di un compito in cui gli alunni sono chiamati a risolvere un problema reale dimostrando le conoscenze e le abilità acquisite grazie ai professori e ai medici veterinari, e utilizzando tutte le risorse in loro possesso: competenze informatiche, saperi e informazioni, competenze sociali e relazionali. Con l’ausilio della proiezione di slide gli studenti hanno quindi spiegato che cosa sono la leishmaniosi canina, una malattia parassitaria che può colpire anche l’uomo, e le echinococcosi, malattie infettive parassitarie che colpiscono sia gli esseri umani sia gli animali come pecore, cani, roditori, cavalli. Hanno illustrato il ciclo vitale del parassita di cui ilcane domestico diventa ospite definitivo e suggerito forme di prevenzione affinché nelle famiglie si assumano comportamenti corretti nell’approccio con l’animale domestico ed evitare rischi per la salute che, oltre ai danni, comportano anche un costo personale e sociale.Letizia Villa

  • Cani e gatti ma quanto ci costate? Un giro d’affari per l’Adoc di 12 … – Agenzia Fuoritutto

    Cani e gatti ma quanto ci costate? Un giro d’affari per l’Adoc di 12 … – Agenzia Fuoritutto

    L’Adoc ha diffuso un’indagine sui costi degli animali domestici presenti nelle case degli italiani. Una presenza importante, visto che circa il 40% delle famiglie ne possiede almeno uno. Per un gatto si spendono circa 800 euro l’anno, per un cane di taglia media quasi 1800 euro, praticamente più di uno stipendio medio. E rispetto a 10 anni fa si spende il 70% in più.
    “Occuparsi di un cane costa poco meno di 1800 euro l’anno tra alimenti, accessori e spese mediche – dichiara Roberto Tascini, Presidente dell’Adoc – mentre per un gatto si spendono quasi 800 euro l’anno. La spesa è aumentata in media del 70% dall’introduzione dell’euro, circa il 5% ogni anno. Per un gatto, festeggiato oggi a livello internazionale, si spende in media, solo per gli alimenti, il 62% in più rispetto al 2001, per un cane la cifra lievita al +86%. Nel 2001, infatti, per mantenere un cane di media taglia bastavano circa 1000 euro l’anno, per un gatto servivano massimo 300 euro. Oggi accudire un animale domestico rappresenta una spesa e un costo considerevoli, che va ad aggiungersi agli altri problemi di bilancio delle famiglie. Senza contare che circa il 10% della spesa per gli amici a quattro zampe finisce nella pattumiera: dalle nostre indagini risulta che il 7% dei prodotti alimentari acquistati non viene utilizzato, perché scaduto o “non gradito” dall’animale, mentre c’è uno spreco di medicinali di circa il 3%. La causa principale è il mal confezionamento, non conforme alla terapia prevista.”
    Secondo l’Adoc il giro d’affari per cani e gatti è pari a poco più di 12 miliardi di euro annui.
    “Il 40% delle famiglie possiede un cane o un gatto, per un totale stimato di circa 10 milioni di amici a quattro zampe – continua Tascini – la spesa media di mantenimento annua è di 1260 euro, per un totale di oltre 12 miliardi di euro. Considerando che la media di vita, sia per un cane che per un gatto, è di circa 15 anni, mantenere un cane per tutta la sua vita costa circa 26mila euro, un gatto si spendono più di 9mila euro. Cifre considerevoli, molto più elevate rispetto a quelle sostenute per altri animali domestici come tartarughe, criceti o uccellini: sebbene per questi ultimi la spesa iniziale sia più sostenuta, nell’ordine di circa 150 euro, comprensiva di acquisto dell’animale, di gabbiette e prime cure. Ad ogni modo le spese di “gestione” non superano in media i 300 euro l’anno”.
    (ani)

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  • Il valore della pet therapy: relazionarsi con un animale migliora la … – Cronaca Milano

    Il valore della pet therapy: relazionarsi con un animale migliora la … – Cronaca Milano

    il piccolo ArturoSono poco più di 60 milioni gli animali domestici presenti nelle famiglie italiane. Circa uno per ogni abitante. Un primato conteso, come è facile immaginare, da cani e gatti, con una leggera predominanza del “migliore amico dell’uomo” – secondo uno studio del 2014 – nel 55,6% dei casi, contro il 49,7% degli italiani che preferisce la compagnia di un gatto. Più distaccati, tutti gli altri animali, dal classico pesciolino rosso, ai piccoli roditori, ai rettili, agli animali esotici.
    PET MON AMOUR – Ancora una volta balza all’occhio l’amore che il nostro Paese (ma non solo) nutre da sempre nei confronti degli animali. Quelli che, sempre più spesso, sono considerati veri e propri membri della famiglia, capaci di regalare affetto e compagnia, ma anche – come ormai scientificamente provato – di abbassare i livelli di ansia e stress, andando a ridurre le problematiche legate all’umore. In poche parole, in grado di migliorare la nostra qualità della vita.
    L’ANTESIGNANO DELLA PET THERAPY – Lo aveva capito bene Boris Levinson, psichiatra infantile, che intorno al 1960 enunciò le prime teorie verificabili relative ai benefici della compagnia degli animali anche a fini terapeutici. Tanto che egli stesso finì con l’applicare il nuovo metodo (che poi così nuovo non era: i primi studi pionieristici in materia risalgono a molto tempo addietro) alla cura dei propri piccoli pazienti, ottenendo notevoli benefici.
    – Quella che oggi abbiamo imparato a conoscere con il nome di “pet therapy”, neologismo adottato per la prima volta dallo stesso neuropsichiatra americano, non è altro che una terapia dolce, basata sull’interazione uomo-animale, e che va a integrare, rafforzare e coadiuvare i trattamenti medici tradizionali.
    UN VASTO CAMPO D’IMPIEGO – Negli ultimi tempi, la pet therapy ha ottenuto il giusto riconoscimento della comunità scientifica internazionale, e anche i ricercatori più scettici hanno dovuto ricredersi. Col passare degli anni il suo campo d’impiego è diventato vastissimo e sempre più consolidato.
    – Utilizzati per la cura di pazienti di tutte le età, affetti da differenti patologie, gli animali trovano spazio come co-terapeuti anche nelle terapie con obiettivi di miglioramento comportamentale, fisico, cognitivo, psicosociale e psicologico-emotivo. Si spazia quindi dall’autismo alla schizofrenia, dalla depressione alla disabilità fisica e psicologica, e via dicendo.
    CANI E GATTI, MA NON SOLO – Ma quali sono gli animali che più di altri si prestano a questo tipo di trattamento? Gli operatori della pet therapy si avvalgono dell’ausilio di cani, gatti, cavalli, ma anche di “insospettabili” come conigli, tartarughe e pappagalli.
    – Soprattutto nel caso di pazienti-bambini, si inizia con i conigli, più facilmente accettati per il loro aspetto innocuo e rassicurante. Una volta innescati i necessari meccanismi di stimolo e fiducia, si può passare ai pappagalli, per esempio, utili per stimolare il paziente a rispondere alle loro parole. Da lì al cane o al gatto, il passo è brevissimo.
    E A MILANO? – In accordo con l’orientamento espresso dalla Regione Lombardia (che fa capo al decreto ministeriale del 2003 sull’”utilizzo della pet therapy per la cura di anziani e bambini”), Milano ha da tempo intrapreso la propria strada.
    – Già nel 2012, l’Associazione Obm Onlus ha inserito con successo un’attività pilota di pet therapy, denominata “Un cane per Amico”, presso la terapia intensiva dell’Ospedale dei Bambini “Vittore Buzzi”. Iniziativa che presto è stata allargata anche agli altri reparti, permettendo ai bambini ricoverati, grazie al contatto con gli animali, di superare o alleviare i disturbi del comportamento, del sonno e dell’appetito, legati in molti casi al ricovero ospedaliero.
    – Un altro ospedale, questa volta il Fatebenefratelli, la scorsa estate ha presentato il progetto “Ci vuole un amico”, grazie al quale – evento inedito in Italia – i bambini ricoverati possono giocare con i propri animali domestici, in uno spazio appositamente riservato all’esterno del reparto di pediatria. Da qualche mese, nelle struttura sono presenti anche speciali cani robot dotati di intelligenza artificiale che rispondono a circa 30 comandi vocali, “donati per intrattenere i nostri piccoli pazienti da un’azienda canadese”, ha spiegato il primario Luca Bernardo sulle pagine del Corriere della Sera. Niente a che vedere con un cane in carne e ossa, penseranno i più scettici, ma i robot possono tornare utili per tutti quei bambini che per motivi allergici o di altra natura non possono possedere un vero quattrozampe.
    – Ma non solo cani (o gatti) avevamo detto. La pet therapy si avvale anche della “rieducazione equestre”. È quanto accade, per esempio, in via Celoria, dove la onlus Cascina Biblioteca da anni dedica sforzi e attenzione ai bisogni delle persone con disabilità intellettiva. Grazie all’ausilio dei cavalli, gli operatori della struttura riescono a migliorare nei loro ospiti il coordinamento dei movimenti e dell’equilibrio, stimolandone la concentrazione e l’attenzione. Un tipo d’intervento utile “per lo sviluppo dell’autonomia, dell’autostima e della consapevolezza del sé”, dicono dalla Cascina.
    – E devono esserne convinti anche all’Ospedale Niguarda di Milano, visto che il nosocomio si è dotato di un centro di ippoterapia che propone corsi di educazione equestre per bimbi sia disabili, che non. L’iniziativa, denominata “A cavallo divertiamoci insieme”, è stata pensata per offrire anche ai bambini disabili che hanno ultimato il percorso terapeutico, la possibilità di mantenere o sviluppare competenze equestri. Il tutto finalizzato al puro divertimento in compagnia dei propri coetanei.
    ANIMALI CONTRO IL BULLISMO – Un animale domestico è un centro affettivo molto forte anche per i bambini particolarmente aggressivi. Ne è consapevole l’Istituto Superiore di Sanità che da tempo promuove l’utilizzo delle tecniche della pet therapy nelle scuole per contrastare il fenomeno del bullismo. I bambini, infatti, imparando fin da piccoli a relazionarsi con chi dà loro amore e fiducia, in cambio di accudimento e protezione, sviluppano un orientamento caratteriale positivo, utile a prevenire episodi sociali estremamente gravi come, appunto, il bullismo.

    S.P.