Autore: Clinica Borgarello

  • IOHC Incompleta Ossificazione Condili Omerali

    IOHC Incompleta Ossificazione Condili Omerali

    Come molte altre affezioni ortopediche del periodo di accrescimento del cane, l’IOHC per lunghi periodi può passare inosservata. L’incompleta ossificazione dei condili omerali, nel cane, può sfociare in frattura dei condili e dare improssivamente zoppia da lieve a grave.
    La manifestazione di questa patologia simula tutti i quadri della displasia del gomito del cane.
    Quali sono i sintomi? 
    Nei cani giovani  spesso è asintomatica e può a volte manifestarsi con zoppie lievi più evidenti a freddo. Diventa sintomatica sia nei giovani che negli adulti quando evolve in frattura articolare con zoppie da lievi a molto evidenti a seconda della dislocazione dei due condili omerali.



    Che cos’è?
    IOHC, incomplete ossification of the humeral condyle, indica la mancata o ritardata unione dei nuclei di ossificazione dei condili omerali che si traduce in una “frattura” intercondiloidea. Questa situazione predispone a fratture articolari complete anche a seguito di lievi traumi. La patologia di solito si manifesta bilateralmente.
    Da cos’è causata?
    Si tratta di un disturbo dell’ossificazione encondrale della fidi che si trova tra i due condili omerali.
    La natura è ancora incerta, solo negli Spaniels (molto colpiti)si tratta di una condizione ereditaria legata a più geni. 
    Chi colpisce?
    Una razza particolarmente colpita sono gli Spaniels in cui si manifesta tra 1 4 mesi e i 10 anni. Si manifesta maggiormente nei cani maschi. Le altre razze che possono essere interessate sono: Cavaglier, Mastiff, Breton, Pastore Tedesco, Rottweiler, Labrador, Pointer e Terranova.



    Come si diagnostica? 
    Il primo segno è una zoppia dell’anteriore. Una attenta visita clinica ed un accurato esame radiografico permette in molti casi di fare una diagnosi corretta.
    A volte il reperto è quello di una frattura di un condilo omerale.
    Nei casi dubbi è necessario ricorrere alla TAC o all’artroscopia.
    Molto consigliato è uno studio ai 5 mesi di screening per le malattie scheletriche dell’accrescimento in cui si indaga displasia del gomito e dell’anca.



    Come si cura?

    Nei casi di diagnosi senza dislocazione cioè senza frattura può essere opportuno fissare i due condili con una vite (dopo una corretta diagnosi confermata dalla TAC). Nei casi con frattura, la terapia segue i dettami per il trattamento delle fratture articolari.

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  • Cistite idiopatica felina (FIC)

    Si definisce cistite idiopatica felina (FIC: feline idiopathic cystitis) un’affezione che colpisce la vescica (e l’uretra) di cui non si conosce il meccanismo scatenante: la cistite idiopatica  felina risulta ad oggi la causa più frequente di malattia delle basse vie urinarie nel gatto.  

    Generalmente la FIC è più frequente nel gatto giovane e adulto, meno in quello anziano (al di sopra dei 10 anni d’età). La predisposizione di sesso è controversa ma, statisticamente, la cistite idiopatica in forma ostruttiva tende ad essere più frequente nei maschi, indipendentemente dal fatto di essere interi o castrati; Persiani ed Himalayan sono razze predisposte. Esistono fattori  di rischio che sembrerebbero favorirne l’insorgenza: obesità, sedentarietà, convivenza con altri gatti, tipo di alimentazione, scarsa igiene della lettiera e carattere particolarmente reattivo e/o emotivo.
    Esistono due forme di cistite idiopatica felina: non ulcerativa (tipo I), prevalente nella specie felina,  ed ulcerativa (tipo II).  Ciò che le differenzia sembrerebbe l’eziopatogenesi: neuropatica nel primo caso, infiammatoria nel secondo. All’esame istopatologico la cistite idiopatica di tipi I, tipica del gatto, presenta uno scarso infiltrato di cellule infiammatorie nella parete vescicale che, d’altra parte, mostra modificazioni aspecifiche quali: alterazioni dell’urotelio, edema, dilatazione dei vasi ed emorragie a livello di sottomucosa e, talora, maggior densità di mastociti.  Il tipo II è invece caratterizzata da classiche ulcere.
    Il termine “idiopatica” indica la mancata conoscenza del reale meccanismo di insorgenza di una patologia, motivo per cui ad oggi esistono solo teorie sulla causa e sulla patogenesi della FIC. Diversi agenti virali sono stati presi in considerazione (herpesvirus, calicivirus, picornavirus, virus sinciziale), nonché la possibile associazione tra batteri e sindrome. La patogenesi potrebbe essere legata ad un’alterazione del film protettivo che riveste la mucosa vescicale, la cui funzione è quella di prevenire l’adesività di batteri e cristalli e la penetrazione di sostanze tossiche ed irritanti. L’integrità dell’epitelio urinario (urotelio) è un altro fattore preso in considerazione, rappresentando esso  un’altra barriera difensiva che può essere alterata da PH e concentrazioni di elettroliti patologici, insulti meccanici, chimici e neuro-mediati. L’alterazione del film protettivo e dell’urotelio favorisce l’insorgenza di un’infiammazione neurogena , aggravata e protatta dal rilascio di mediatori chimici di infiammazione che esacerbano il processo. In corso di FIC viene coinvolto anche il sistema nervoso centrale, in particolare alcune vie nervose (neuroadrenergiche) legate allo stress dell’animale che, iperstimolate, contribuiscono a peggiorare la patologia.

    I sintomi clinici di cistite idiopatica felina sono gli stessi che accomunano tutte le malattie delle basse vie urinarie e spesso si manifestano in maniera lieve ed intermittente: disuria, pollacchiuria, stranguria, ematuria e/o ostruzione uretrale. La diagnosi è “ad esclusione” ossia prima si indagano  altre possibili cause di malattia vescicale: infiammazione, infezioni severe, neoplasia, ostruzioni, spasmi, avvalendosi di un esame fisico, esami del sangue, esame delle urine e della diagnostica per immagini (studio radiografico ed ecografico).
    I cardini della terapia per il trattamento della cistite idiopatica felina sono la gestione del benessere felino e il trattamento del dolore derivante dalla patologia in atto. Obbiettivo primario è quello di ridurre al massimo ogni fonte di stress, lavorando sull’ ambiente e sulle abitudini del paziente e del nucleo familiare, soprattutto nei gatti che non hanno possibilità di accedere al mondo esterno e che convivono con altri animali oltre che con le persone. Particolare attenzione va posta alla corretta gestione della lettiera: tipo di sabbia utilizzata, numero adeguato rispetto ai felini presenti, disposizione (luoghi tranquilli ed appartati), forma e dimensione, pulizia quotidiana. Anche il regime dietetico è importante, in particolare andrebbe favorita una maggior assunzione di acqua giornaliera utilizzando, ad esempio, cibi umidi o fontanelle al posto delle normali ciotole, molto attrattive per il gatto. Le interazioni sociali all’interno di un gruppo-famiglia eterogeneo sono fondamentali per il benessere felino in particolare sotto forma di giochi, carezze o toelettatura, utili per instaurare un rapporto sereno e confidenziale col proprio amico a quattro zampe. Ultima, ma non meno importante, è un’adeguata gestione del dolore, frequente in corso di cistite idiopatica felina: i farmaci più efficaci, in tal senso sono gli oppioidi e i FANS.

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  • La Malattia Degenerativa Mixomatosa Mitralica

    La malattia degenerativa mixomatosa mitralica (MMVD) rappresenta la patologia cardiovascolare più comune nel cane. La patologia è comune nelle razze di piccola taglia e in alcune razze, quali il Cavalier King Charles spaniel, la sua prevalenza raggiunge il 100% dei soggetti di età superiore ai 10 anni. Il sospetto diagnostico è generalmente posto in seguito al rilievo di un soffio sistolico a plateau con il punto di massima intensità in prossimità dell’apice sinistro.

    LA MALATTIA DEGENERATIVA MIXOMATOSA

    L’esame ecocardiografico dovrebbe quindi rappresentare l’esame di scelta per lo screening per i cani di razze note per elevato rischio di sviluppare la malattia. La diagnosi ecocardiografica della malattia è basata sul riconoscimento di prolasso di uno o di entrambi i lembi mitralici, dall’ispessimento localizzato o diffuso dei lembi valvolari e dal riconoscimento di un rigurgito mitralico di entità da lieve a grave. Sebbene la diagnosi della patologia mitralica sia relativamente semplice, la gestione del cane affetto può invece presentare diverse difficoltà.

    Tra le complicanze più comuni della malattia devono essere ricordate la rottura delle corde tendinee, la fibrillazione atriale e altre aritmie, lo sviluppo d’ipertensione polmonare e la rottura atriale.

    La degenerazione myxoide dei lembi valvolari interessa non solo le valvole ma in un’elevata percentuale di soggetti anche le corde tendinee. È quindi abbastanza frequente che queste possano andare incontro a una rottura le cui conseguenze emodinamiche sono correlate al tipo di corda interessata.4 Nel caso di rottura di una corda tendinea minore l’aumento della quota di rigurgito e ‘relativamente insignificante, e se l’evento occorre con un atrio con un elevata compliance, può non avere nessuna conseguenza clinica. D’altra parte se la rottura interessa una corda tendinea maggiore, si può verificare un aumento acuto e grave della quota di rigurgito, aumento della pressione atriale sinistra e sviluppo di edema polmonare acuto. In questi pazienti frequentemente il soffio in precedenza identificato, può presentare una riduzione dell’intensità a causa del diminuito gradiente atrio ventricolare. La rottura di una corda tendinea maggiore determina uno stato di scompenso cardiaco acuto che richiede un approccio terapeutico aggressivo.

    I cani affetti richiedono in genere l’ospedalizzazione e devono essere trattati con ossigeno, terapia diuretica intra venosa e nei casi più gravi con dobutamina in infusione continua o nitro prussiato.

    La dilatazione atriale sinistra conseguente alla presenza d’insufficienza mitralica cronica rappresenta una condizione predisponente per lo sviluppo di fibrillazione atriale. Quest’aritmia si presenta più frequentemente nei cani di media e grossa taglia, ma in caso di atrii molto dilatati può manifestarsi anche in soggetti di piccola taglia. La comparsa di fibrillazione atriale è in genere associata alla comparsa di scompenso cardiaco o alla riacutizzazione di una fase di scompenso cronico. Infatti, l’elevata frequenza cardiaca in genere associata alla fibrillazione atriale, e la perdita della fase di contrazione atriale coordinata sono responsabili per un aumento acuto delle pressioni di riempimento ventricolare e atriale sinistra con conseguente comparsa di edema polmonare.

    Il principale obiettivo del trattamento è rappresentato dal controllo della frequenza cardiaca mediante la somministrazione un’associazione digossina e diltiazem.5,6 L’obiettivo è quello di ottenere una frequenza cardiaca di circa 120-140 battiti al minuto.

    L’ipertensione polmonare rappresenta una complicanza frequente dei cani affetti da MMVD con scompenso cardiaco cronico.8 Il meccanismo fisiopatologico non è completamente chiaro, tuttavia i risultati di diversi studi sia in medicina veterinaria, sia umana suggeriscono che essa sia il risultato di modificazioni della struttura vascolare, e non solo del trasferimento passivo della pressione atriale sinistra alle arterie polmonari. Deve essere ricordato che l’ipertensione polmonare in corso di MMVD in teoria svolge un ruolo di protezione dei settori sinistri nei confronti del sovraccarico di volume. Tuttavia, lo sviluppo d’ipertensione polmonare in corso di MMVD sia nell’uomo, che nel cane rappresenta un evento associato ad una prognosi peggiore e richiede quindi di essere trattato. La terapia con sildenafil o con pimobendan rappresenta oggi il trattamenti di scelta per l’ipertensione polmonare conseguente a ipertensione atriale sinistra. I risultati di tali trattamenti sono tuttavia variabili e non esiste evidenza clinica che tale trattamento sia associato a un miglioramento della prognosi.

    La grave dilatazione atriale sinistra conseguente al rigurgito mitralico cronico e le “jet impact lesions” determinate dal rigurgito sulla parete atriale sinistra possono determinare fessurazione e rottura dell’atrio sinistro con conseguente sviluppo di versamento pericardico e possibile tamponamento cardiaco.9 Questi soggetti devono essere valutati attentamente perché si presentano emodinamicamente instabile e spesso in bassa portata. Se è presente tamponamento cardiaco è possibile sia necessario ricorrere ad una pericardiocentesi.

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  • La comunicazione del cane

    La comunicazione è il processo attraverso il quale un individuo (mittente) invia informazioni ad un altro individuo (destinatario) utilizzando un codice specifico e delle regole note ad entrambi.
    La comunicazione si suddivide in diverse tipologie:

    – Comunicazione verbale: è caratterizzata dall’utilizzo del linguaggio e    rappresenta meno del 10 % della comunicazione canina.

    – Comunicazione paraverbale: il tono, le pause, il ritmo, il volume ecc..    Rappresenta circa il 40 % della comunicazione canina.

    – Comunicazione non verbale: caratterizzata dall’utilizzo della mimica  facciale, dello sguardo, dei movimenti del corpo e il comportamento nello  spazio e rappresenta circa il 50 % della comunicazione canina.

    Da questi dati si intuisce quanto poco sia importante per il cane la comunicazione verbale (preponderante nell’uomo) e quale sia l’origine dei fraintendimenti uomo-cane.
    Ad esempio un cane che si avvicina frontalmente con postura impettita, traiettoria rettilinea e passo lento fissando negli occhi il destinatario sta trasmettendo un messaggio di minaccia.
    Per poter decodificare il messaggio trasmesso dal cane e poterne capire il contenuto è necessario valutare i segnali verbali, paraverbali e non verbali contemporaneamente.
    La comunicazione uomo-cane si avvale di canali comuni ( ad esempio vista e udito) e di non comuni ( ad esempio olfatto).
    La comunicazione intraspecifica ( cane-cane) è composta da componenti visive, olfattive, uditive, tattili e gustative.

    • Comunicazione olfattiva: come per la maggior parte dei carnivori il cane ha un’elevata sensibilità olfattiva. La comunicazione olfattiva, anche chiamata comunicazione chimica, consiste nell’emisione e alla percezione di molecole volatili come i feromoni e gli odori sociali. Gli odori sociali derivano dalla secrezione di ghiandole sebacee e dalle mucose e sono utilizzati  per creare un odore comune tra membri di uno stesso gruppo sociale. I feromoni trasmettono informazioni sullo stato fisiologico ed emozionale di un soggetto e sono secreti da ghiandole sebacee, ghiandole periorali, ghiandole ceruminose e molte altre.

    • Comunicazione visiva: l’occhio del cane permette una visione notturna migliore rispetto all’uomo e un campo visivo di circa 80-100° a seconda della razza. Nel cane questo tipo di comunicazione ha un ruolo molto importante nelle interazioni intraspecifiche. La comunicazione visiva volontaria insieme a quella involontaria rappresentano il linguaggio del corpo.

    • Comunicazione uditiva: i cani sono in grado di udire frequenze cha vanno da 67 a 45.000 Hz    ( l’uomo arriva solo fino a 16.000 Hz) e hanno padiglioni auricolari mobili che consentono la percezione della provenienza del suono. Nel cane la comunicazione uditiva si compone di diverse tipologie di suoni come i gemiti, le urla, i ringhi, gli abbai, gli ululati ecc. La selezione delle razze ha influito in maniera importante sulla comunicazione uditiva. Ad esempio i cani selezionati per la guardia e i segugi devono abbaiare per segnalare la presenza di un intruso o di una preda, mentre i cani da ferma sono stati selezionati per abbaiare il meno possibile in modo da non spaventare i selvatici.

    • Comunicazione tattile : i cani possiedono diversi organi atti a ricevere messaggi tattili come il tartufo, i peli tattili, bocca, recettori tattili sul corpo ecc. La comunicazione tattile è presente nei cuccioli già durante la vita fetale e continua per tutta la vita del cane. Alcuni studi sostengono che la comunicazione tattile abbia lo scopo di migliorare la percezione dei segnali olfattivi

    • Comunicazione attraverso il gusto: riguarda solo la percezione del gusto degli alimenti ma non è stato ancora chiarito quali sapori sia in grado di percepire il cane.

    La comunicazione interspecifica riguarda invece tutte le altre specie animali. Negli ultimi anni sono stati attuati molti studi sulla comunicazione uomo-cane per valutare se il cane sia in grado di comprendere i messaggi comunicativi inviati dall’uomo e viceversa.

    Si è scoperto che il cane è in grado di imparare il nome di un oggetto e associarlo all’oggetto stesso. Tutti gli studi effettuati hanno evidenziato come ,seppur molto diversi, il cane e l’uomo sono in grado di comunicare comprendendo le intenzioni e le emozioni trasmesse dall’altro. Approfondendo lo studio del linguaggio non verbale ogni uomo potrebbe comprendere meglio ciò che il cane trasmette attraverso il suo corpo.

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  • I temuti forasacchi

    I temuti forasacchi

    Con l’arrivo della bella stagione bisogna fare i conti con i temuti forasacchi, nemici dei nostri amati animali. “Forasacco” è il nome popolare che indica l’arista delle graminacee selvatiche, in particolar modo l’avena e l’orzo selvatico. Essi si trovano in gran parte del territorio nazionale, principalmente nei prati di aperta campagna, ma anche nelle aiuole cittadine, specialmente quando la loro manutenzione non viene curata. Il periodo dell’anno nel quale bisogna prestare maggior attenzione va da aprile a ottobre. Durante la bella stagione le ariste si seccano e si trasformano, di fatto, in piccoli aghi molto appuntiti, lunghi da uno a tre cm circa. La forma caratteristica acuminata e la superficie ispida e zigrinata rende il forasacco capace di procedere solo in avanti, così una volta penetrato nell’animale risulta davvero difficile che esso ne esca in maniera naturale. I forasacchi possono infilarsi nella cute e procedere verso zone anatomiche differenti, dando così origine a svariate sintomatologie, talvolta anche molto gravi. Essi possono, altrimenti, penetrare attraverso orifizi naturali come occhi, orecchie, bocca, genitali, naso e da qui giungere fino ai bronchi. Altra sede particolarmente soggetta alla localizzazione del forasacco sono le zampe (spazi interdigitali e zona limitrofa al cuscinetto plantare).

    I sintomi variano in base alla sede anatomica nella quale il forasacco è localizzato.

    Di seguito analizzeremo quelli più frequenti:

    • zampe: l’animale si lecca insistentemente tra gli spazi interdigitali o a livello del cuscinetto plantare, potrebbe zoppicare o addirittura non poggiare la zampa a terra. Nella maggior parte dei casi il corpo estraneo genera un ascesso che fistolizzando provoca la fuoriuscita di pus.
    • orecchie: l’animale tiene la testa abbassata e ruotata e cerca di liberarsi del corpo estraneo scuotendo ripetutamente il capo e grattandosi. Qualora il forasacco non venisse tempestivamente rimosso il cane potrebbe rischiare la perforazione del timpano con conseguente comparsa di otite media.
    • occhi: l’animale reagisce alla presenza del forasacco con comparsa di blefarospasmo (ammiccamento dell’occhio) ed epifora (lacrimazione). La presenza del corpo estraneo provoca infiammazione della congiuntiva (congiuntivite) con possibile ulcerazione della cornea.
    • naso: l’animale starnutisce ripetutamente, cercando così di espellere il corpo estraneo. Gli starnuti sono molteplici e ravvicinati uno con l’altro e potrebbero essere associati a epistassi (fuoriuscita di sangue dal naso). Se non rimossi causano riniti purulente.
    • bronchi: il sintomo caratteristico di questa localizzazione è la comparsa di una tosse improvvisa. Se il forasacco non viene rimosso tempestivamente le conseguenze possono essere davvero gravi come la comparsa di ascessi polmonari, polmoniti, pleuriti e nei casi più infausti la morte dell’animale.

    La diagnosi viene effettuata dal medico veterinario con l’ausilio di diversi strumenti come l’otoscopio o l’endoscopio ed avvalendosi della diagnostica per immagini (radiografie, ecografie e TAC).

    i forasacchi temuti

    Il trattamento mira esclusivamente all’eliminazione del corpo estraneo e alla cura della sintomatologia che la sua presenza ha generato (infiammazione, infezione, ulcere ecc.). Durante la manovra di rimozione, a seconda dei casi, potrebbe non essere necessario sedare l’animale così come, invece, essere indispensabile indurre l’animale in anestesia generale.

    Alla luce di tutte le informazioni sopra esposte, si può asserire che la prevenzione resta il nostro maggior alleato.

    Cosa fare quindi?

    • evitare in primis di portare in passeggiata il nostro amico in tutte quelle aree infestate dai forasacchi
    • spazzolare e controllare il pelo dell’animale almeno una volta al giorno (meglio se dopo la passeggiata)
    • osservare quotidianamente il comportamento dell’animale e qualora comparissero sintomi indicanti la presenza del corpo estraneo, non esitare a portare il proprio animale dal veterinario poiché il tempestivo intervento è fondamentale per una prognosi più benevola.

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  • Incontinenza Urinaria Cane Gatto

    Incontinenza Urinaria Cane Gatto

    I disturbi della minzione che provocano incontinenza urinaria nel cane e nel gatto sono piuttosto frequenti in caso di malattie neurologiche. Essi sono caratterizzati dalla mancanza della normale alternanza tra accumulo ed eliminazione di urina: la vescica urinaria ha la funzione di serbatoio, mentre gli sfinteri sono i rubinetti che consentono la fuoriuscita di urina. La minzione è un meccanismo neurologico molto complesso, che richiede una fine coordinazione fra molte componenti.

    Purtroppo, i disordini neurologici della minzione sono spesso molto più complessi e frustranti da affrontare rispetto al problema di base che li ha causati.

    I disordini neurologici della minzione possono essere suddivisi in tre categorie:

    1. ritenzione urinaria (mancato svuotamento)

    2. perdita involontaria di urina

    3. dissinergia

    La ritenzione urinaria è causata da una lesione del sistema nervoso centrale compresa tra ponte ed L7, ed è comunemente indicata come “lesione da motoneurone superiore”. Questa situazione provoca mancata iniziazione della minzione volontaria, con conseguente accumulo di grandi quantità di urina fino a sovradistensione della vescica.

    Lo svuotamento manuale mediante compressione è difficoltoso, a volte impossibile, e può essere pericoloso poiché tramite la manipolazione si può causare la rottura della vescica.

    E’ quindi una situazione di estrema gravità che deve essere affrontata tempestivamente.

    Tale evenienza è solitamente secondaria a patologie toraco-lombari, come ad esempio le ernie discali nelle razze condrodistrofiche, Bassotto in primis. Fortunatamente in questi casi la ritenzione urinaria è spesso di un evento transitorio, che si risolve trattando la patologia che l’ha provocata.

    Quando la vescica è sovradistesa a volte si può notare gocciolamento di urina; questo può indurre erroneamente a pensare che l’animale abbia ricominciato ad urinare in maniera spontanea.

    cane-incontinenza-urinaria

    La perdita involontaria di urina è invece causata da una lesione dei segmenti midollari sacrali o dei nervi pelvico o pudendo, ed è comunemente indicata con il termine “lesione da motoneurone inferiore”.

    Questa condizione è caratterizzata da perdita di tono della vescica, che alla palpazione risulta vuota, flaccida e facile da svuotare. Spesso è presente un gocciolamento continuo di urina, e generalmente si associa ad ano beante ed incontinenza fecale. In alcuni casi la coda può essere flaccida, insensibile e con il pelo imbrattato di urina.

    Le lesioni vescicali da motoneurone inferiore sono generalmente legate a traumi da investimento che causano fratture del sacro oppure lussazione sacro-coccigea.

    Dissinergia

    La dissinergia riflessa è la mancanza di coordinazione nel meccanismo di eliminazione dell’urina. La malattia è tipica di cani giovani maschi di grossa taglia, che quando ne sono affetti iniziano ad urinare ma si bloccano dopo le prime gocce. Clinicamente si osserva inizio normale della minzione che si interrompe per contrazione volontaria dello sfintere uretrale, mentre l’animale continua a provare ad urinare senza successo.

    L’eccessiva ritenzione di urina può costituire in poche ore un serio pericolo per l’animale, mentre l’incontinenza rappresenta un problema per il proprietario a causa delle difficoltà di gestione che ne derivano in ambito domestico.

    Come abbiamo visto, i disturbi neurologici della minzione sono molteplici; di conseguenza le possibilità terapeutiche variano a seconda della sede coinvolta e della disponibilità di alcuni farmaci.

    Per poter avere un quadro completo della situazione clinica è necessario ricorrere ad una visita neurologica, spesso corredata da ulteriori accertamenti quali radiografie, esami dell’urina, del sangue fino alla diagnostica per immagini avanzata come Tomografia Assiale Computerizzata o Risonanza Magnetica.

    Per poter gestire in maniera corretta il paziente incontinente è fondamentale monitorare ed assistere l’animale per valutare la quantità di urina prodotta, il suo aspetto ed eventuali alterazioni nell’emissione, prevenire le lesioni cutanee da urina pulendo accuratamente l’animale ed effettuare esami urine periodici per valutare la presenza di infezioni.

    I controlli periodici delle urine devono comprendere la valutazione del pH ed eventualmente l’urocoltura; molto utili risultano le ecografie addominali per valutare l’aspetto di reni e vescica.

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  • Patologie congenite nel cucciolo: l’Anasarca

    Patologie congenite nel cucciolo: l’Anasarca

    Le patologie congenite possono essere ereditarie e non ereditarie.
    In medicina umana è stato riportato che il 60% delle malformazioni congenite non ha una causa identificabile, il 3% è su base cromosomica, il 20% dipende dalla combinazione di fattori ereditari e non e il 17% è imputabile a fattori ambientali o a mutazioni genetiche.
    L’anasarca fa parte del gruppo delle patologie congenite.
    Detto anche edema letale congenito, è caratterizzato da un diffuso edema sottocutaneo associato a versamento toracico e addominale e ad edema degli invogli, comportando una sproporzione fetale spesso causa di distocia.
    L’anasarca è causa di natimortalità o mortalità neonatale, in genere entro 36 ore dalla nascita.
    E’ stata descritta in molte razze, tra le quali Labrador retriever, Schnauzer, Chow-Chow, Bichon, ma soprattutto nei Bulldogs, nel Boston terriere nel Carlino.

    Eziologia:
    L’esatta eziologia non è del tutto nota, anche se sono state teorizzate cause legate ad anomalie cardio-vascolari su base forse genetica, cause traumatiche e infettive materne.

    Sintomatologia:
    I neonati affetti da anasarca sono generalmente ipovitali e hanno dimensioni maggiori (fino a 4 volte) rispetto allo standard.
    Sono caratterizzati da edema generalizzato ma soprattutto a livello di collo e testa.

    Diagnosi:
    L’aspetto giustifica il sospetto di anasarca, che deve essere differenziato da altre patologie caratterizzate da edema e dalle cardiopatie congenite come anomalie cardiache e dei grossi vasi, atelettasia polmonare, iperplasia della milza e del timo, necrosi miocardica ed epatica e calcificazioni subcapsulari.

    Prognosi:
    Dalla maggior parte degli autori è ritenuta generalmente infausta in dipendenza delle gravi alterazioni polmonari e cardiache. L’eziologia ancora del tutto non chiara giustificherebbe il tentativo terapeutico in cuccioli con anasarca non grave e apparentemente normovitali, la cui prognosi deve comunque restare riservata.

    Terapia:
    Molti autori ritengono utile qualsiasi tentativo terapeutico visto l’esiti spesso fatale della patologia.
    Il protocollo proposto dagli autori prevede la somministrazione di furosemide al dosaggio di 10mg/cucciolo per via intramuscolare. Questo determina l’eliminazione dei liquidi che deve essere favorita stimolando la minzione nel cucciolo. Durante il trattamento bisogna monitorare la riduzione del peso del cucciolo ogni 3 ore. Per evitare l’arresto cardiaco conseguente all’eccessiva perdita di potassio indotta dalla diuresi forzata, è prevista la somministrazione orale di una soluzione acquosa di cloruro di potassio al dosaggio di 1 mEq/30g di peso perso. Esistono comunque molte perplessità sull’opportunità di questa terapia sia per il carattere sistemico delle malformazioni, di cui l’edema diffuso è solo una conseguenza, sia per la dubbia capacità del rene neonatale neonatale immaturo di rispondere alla terapia diuretica.

    Prevenzione:
    La prevenzione si basa sull’esclusione dalla riproduzione dei soggetti che hanno prodotto ripetute figliate con neonati affetti da anasarca. Il monitoraggio ecografico della gestazione consente di emettere una diagnosi ante partum con la visualizzazione di un’effusione fluida generalizzata. Il suggerimento, prospettato da alcuni autori di effettuare una terapia diuretica già nella gestante manca di qualsiasi fondamento scientifico e anzi potrebbe rivelarsi pericolosa a causa delle peculiarità cardio-circolatorie della gravidanza, segnatamente nelle fasi avanzate.

    A cura della dottoressa Katiuscia Camboni

    Tratto dal libro Neonatologia Vetrinaria di Maria Cristina Veronesi, Carolina Castagnetti, Marcel Antoine Marie Taverne

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  • La cheiletiellosi

    La cheiletiellosi o dermatite da Cheyletiella è una dermatite spesso desquamante localizzata sul dorso degli animali provocata da un acaro. Nel cane l’acaro che la causa è Cheyletiella yasguri, nel gatto Cheyletiella blakei mentre nel coniglio è Cheyletiella parasitovorax anche se questi acari non sono strettamente ospite-specifici. Sono acari di grandi dimensioni che hanno zampe che si protendono oltre il margine del corpo dell’acaro stesso, munite di pettini alle estremità e appendici mandibolari a forma di uncino.

    Tutto il ciclo vitale dell’acaro si completa sull’ospite in circa 5 settimane, ma le femmine possono sopravvivere fino a 10 giorni nell’ambiente esterno. Proprio per questo la cheiletiellosi è estremamente contagiosa sia per contatto diretto che tramite veicoli.
    Questa patologia può colpire animali di qualsiasi età e di entrami i sessi. Occasionalmente anche gli esseri umani possono essere morsi soprattutto sulle gambe e sulle braccia e se il cane viene tenuto spesso in braccio. Visto che gli acari non possono riprodursi sulla cute dell’uomo le lesioni si risolvono in modo spontaneo quando l’animale viene trattato.
    Le lesioni sugli animali sono rappresentate da una dermatite esfoliativa accompagnata da croste, caratterizzata da scaglie simili a forfora sul mantello soprattutto sul dorso e sul tronco ma possono esserci anche delle forme generalizzate. Solitamente è presente prurito di grado variabile anche se alcuni animali tollerano la presenza degli acari senza grattarsi.  Gli animali che più frequentemente vengono parassitati sono cuccioli e gattini provenienti da negozi o canili.
    Questa patologia è spesso sospettata ma non è sempre facile arrivare a una diagnosi certa.
    L’esame accurato del mantello può mettere in evidenza piccoli puntini bianchi che si muovono tra i detriti da cui deriva il nome anglosassone “walking dandruff” (forfora ambulante).
    Devono anche essere eseguiti raschiati superficiali e scotch test sul mantello e poi il materiale raccolto deve essere esaminato al microscopio.
    Saltuariamente è possibile rinvenire gli acari nell’esame delle feci perché vengono ingeriti durante la pulizia del mantello.
    In alcuni casi nonostante tutte le indagini eseguite non è possibile evidenziare ne l’acaro ne le sue uova. In questo caso la diagnosi viene fatta sulla base della risposta alla terapia e dopo aver escluso le altre possibili diagnosi differenziali.

    La cheyletiella risulta abbastanza sensibile a diversi prodotti antiparassitari ma molte volte  il problema è rappresentato dalla reinfestazione dall’ambiente o da altri veicoli. Il trattamento ambientale risulta quindi di fondamentale importanza. Sarebbe necessario effettuare il vuoto sanitario per alcune settimane e utilizzare prodotti acaricidi nell’ambiente e sugli oggetti come spazzole, materassini, etc
    Sugli animali molti prodotti si sono dimostrati efficaci anche se alcuni di questi non sono registrati con questa indicazione:
    Come terapie topiche abbiamo:
    -amitraz in spugnature
    -fipronil spray o spot on
    Esistono anche terapie sistemiche come:
    -selamectina spot on da somministrare ogni 2-3 settimane
    -milbemicina per via orale
    -moxidectina sia spot on che in forma iniettabile
    Tenendo conto dell’estrema contagiosità della malattia è necessario sempre trattare tutti gli animali conviventi anche se non presentano sintomi.

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  • Alimentazione delle tartarughe terrestri

    Alimentazione delle tartarughe terrestri

    Un’alimentazione corretta è alla base della salute delle tartarughe terrestri. Errori alimentari e diete sbagliate sono in grado di causare svariate patologie, anche mortali.
    La dieta migliore dovrebbe rispecchiare il più possibile quella “naturale”.
    Ci sono tartarughe di terra esclusivamente vegetariane ed altre onnivore.
    Le tartarughe vegetariane dovrebbero mangiare solamente vegetali, in particolar modo dovrebbero nutrirsi di erbe di campo e vegetali in foglia come dente di leone, brassicacee, trifoglio, ravizzone, insalata romana, lattuga, radicchio, prezzemolo, foglie di carota, cardi e fiori.
    Frutta ed ortaggi possono rappresentare una piccola percentuale nella dieta.
    Sarebbero da preferire alimenti con un elevato contenuto in calcio, come dente di leone, trifoglio, erba medica, fichi e fichi d’India.
    Errori e squilibri nella dieta possono provocare alterazioni metaboliche gravi, con crescita alterata od eccessiva oppure deformazioni del carapace come la “piramidalizzazione” degli scuti.
    Sono assolutamente controindicati: proteine animali, fagioli, piselli, avocado, banane, pane, pasta e latticini.
    Alimentazione tartarughe terrestri - 1
    Altre specie di tartarughe, invece, sono onnivore, cioè si nutrono principalmente di vegetali, ma anche di alimenti di origine animale (in bassa percentuale).
    Per quanto riguarda la componente vegetale la dieta è analoga a quella delle tartarughe terrestri vegetariane; per quanto riguarda le proteine animali, si possono fornire pezzetti di carne, lombrichi, larve della farina, lumache, chiocciole e grilli.
    E’ consigliabile, per tutte le tartarughe terrestri, completare la dieta con integratori minerali-vitaminici di buona qualità, facendo molta attenzione però all’apporto di fosforo. L’ideale sarebbe usare un integratore soltanto a base di carbonato di calcio (ossi di seppia o gusci d’uovo polverizzati).
    Infine è fondamentale l’apporto di acqua, che deve sempre essere lasciata a disposizione.
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  • Calcinosi Circoscritta nel cane

    Calcinosi Circoscritta nel cane

    La calcinosi circoscritta o calcinosis circumscripta fa parte di un gruppo di lesioni definite similneoplastiche, cioè che assomigliano a neoplasie o tumori. Queste neoformazioni si presentano come masse periarticolari solide di dimensioni variabili, solitamente a carico delle articolazioni distali (mani o piedi).

    Queste masse solitamente non sono dolenti alla palpazione.
    La calcinosi circoscritta è una sindrome caratterizzata dalla calcificazione ectopica dei tessuti molli periarticolari.
    Clinicamente sono delle neoformazioni sottocutanee dure, ben circoscritte, solide e non dolenti, a volte possono causare una zoppia da lieve a modica perché possono comprimere le strutture vicine durante la fase di appoggio degli arti.
    L’eziologia della calcinosi circoscritta è sconosciuta, esistono però alcune ipotesi: alcune chiamano in causa una calcificazione distrofica del derma necrotico in seguito a traumi cronici, altre un metabolismo errato di fosforo e calcio ed ancora origini di natura congenita o famigliare.



    I cani più colpiti sono soggetti giovani di taglia grande o medio grande, si presenta spesso nel pastore tedesco.
    Dal punto di vista istologico oltre al materiale si riscontrano macrofagi, linfociti e neutrofili. 
    Le lesioni tendono ad autolimitarsi al momento della maturità scheletrica ma non hanno tendenza alla regressione, la terapia di elezione è l’asportazione chirurgica dell’intera massa.


    Nelle immagini radiografiche potete osservare il quadro di un giovane soggetto (10 mesi) presentato presso la nostra clinica (www.clinicaborgarello.it)prima e dopo il risolutivo trattamento  chirurgico.

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