Tutti lo vogliono e tutti lo cercano: non è Figaro, ma è il famoso gatto totalmente anallergico e dolcissimo che risponde come un cane e ti salta addosso con le sue lunghe zampe da levriero.

Dopo l’importazione, dal 2011 al 2014, di 11 esemplari da parte del dottor Cristalli di Arezzo selezionati in Cambogia per avere le caratteristiche desiderate e tenuti in adeguata quarantena, la clinica aretina, ha iniziato un programma di accoppiamenti mirati per avere almeno esemplari di terza generazione in numero sufficiente per poter iniziare l’iter di registrazione della razza Khmer. Al momento in Italia vi sono circa 110 gatti Khmer e gli appassionati lo conoscono dal 3 ottobre 2015 data in cui è stato presentato ufficialmente a Milano. Alessandro Cristalli si è occupato per molti anni di quell’affascinante professione chiamata Sviluppo Rurale o, meglio, per dirla più compiutamente, la scienza che segue le regole della biodiversità e le applica al mondo animale migliorando il benessere dei quattro zampe.

«Mi trovavo in Cambogia per il mio lavoro – ci racconta il dottor Cristalli – ed ero in una zona intorno ai templi di Angkor Wat. Mentre mi concentravo su altre specie, fondamentalmente razze indigene di polli e su un meraviglioso maiale delle foreste, mi si avvicinava dolce curioso e per niente timido il gatto locale. Magro, magro, con leve lunghissime e il musetto affilato, le grandi orecchie erette che ora chiamo scherzosamente “a pastore tedesco” e non aveva timore… Giungeva vicino a me quando mi fermavo nei pressi dei villaggi per bere, prendere ristoro da un’ombra e la sera in città ne arrivavano altri». Prosegue Alessandro accarezzando una micetta: «Verso la fine del 2011 trovai due cucciole, le portai in casa le asciugai per bene e le rimisi in sesto. Le chiamai Chet, parola khmer che significa “unione di testa e cuore” e 7 come le leggendarie vite dei gatti, e Moimoi significa “prendila con calma”. Sì, la Cambogia insegna anche la calma, o forse l’atmosfera ci rende diversi. Chet e Moimoi si ripresero bene e quando la mia missione in Cambogia finì, decisi di portarle in Italia con me».

Il gatto Khmer è socievolissimo e tanto sensibile. Ha decisamente bisogno di relazioni con altri esseri viventi, uomo compreso. Di taglia piccola, ma sembra più grande grazie alla sua eleganza e alle sue lunghe zampette posteriori che non solo sono molto vigorose, ma gli permettono di saltare con lunghi balzi. Gli occhi del gatto Khmer emergono grandi nel musino rastremato verso il naso. E cosa di grande importanza per tutti coloro che soffrono allergie, non ha il sottopelo: è morbido, ma il pelo attaccato ed ha perduto la caratteristica del sottopelo invernale. Rispetto alle altre razze ipoallergeniche, come il gatto siberiano, il gatto cambogiano non perde pelo e non ha rischi di irritazione e forfore.

Alcuni tra i gatti Khmer hanno una strana coda e che si chiama in genere bobtail, ovvero coda corta, altri, i più belli, addirittura un pompom a causa del raggomitolamento della coda stessa verso destra. «Ma la cosa più bella di questi gatti è il carattere, – prosegue il dottor Cristalli estasiato – tanto da conquistarsi sul campo numerosi estimatori e fruitori della sua terapeutica compagnia. Abbiamo dovuto fondare una associazione di volontariato chiamata AIGAK per gestire le associazioni che portano i propri utenti disabili o autistici, regolarmente a fare sedute assistiti con i Khmer. Risultano molto controllabili intelligenti e mai aggressivi! Originario direttamente da una popolazione autoctona, nella quale ho selezionato i capostipiti più rappresentativi».

Il riconoscimento della razza è un affare complesso, come ci conferma il medico veterinario: si deve collaborare con molti esperti e con le istituzioni preposte. L’associazione ANFI segue questo cammino, ma sono necessari molti soggetti che rispondano allo standard provvisorio. In seguito il MIPAF registrerà i soggetti identificati con microchip e il loro albero genealogico, poi si procede alla registrazione internazionale. Il dottor Alessandro Cristalli non ha bisogno di essere registrato, ma a questo punto abbiamo chiesto anche a lui un minimo di pedigree: «Sono un veterinario di 44 anni, aretino di nascita e cosmopolita per professione. Ho studiato dopo la laurea qualificandomi nel campo della sanità pubblica veterinaria, delle malattie infettive e della ricerca scientifica che ho praticato applicata in vari Paesi del mondo, in via di sviluppo. Sono passato ad impegnarmi nei temi dello sviluppo e della cooperazione unendo ricerca, impatto sociale e ambientale secondo una scuola di pensiero forse propria di un tempo passato. A 40 anni, la voglia di carriera si è stemperata ed è apparso un progetto diverso: diffondere questa razza di gatto cambogiano per farne godere gli amanti di relazioni sociali come io ho potuto godere conoscendo la sua meravigliosa dolcezza».

di Lucia Leonessi

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