Un recente studio del professor Daniel Blumstein dell’Università della California ha consolidato quello che da tempo, pensavo , ma con un certo senso di colpa, visto che essendo anch’io un amante della natura cerco di avvicinarmi sempre di più alla conoscenza della vita degli animali e delle piante.

E’ un desiderio evidentemente non solo mio ma anche di quei ben 8 miliardi di visitatori l’anno dell’aree protette di tutto il mondo. Anni fa visitai, con gruppi organizzati, alcuni Parchi nazionali specialmente africani e mi resi conto come gli animali selvatici, avvicinati dai visitatori, che lo chiedono con insistenza alle guide, abbassano il proprio livello di guardia anche nei confronti dei predatori. Grossi uccelli ad esempio stazionavano nei luoghi , tappe fisse del tour, per afferrare a volo biscotti tenuti alti in mano dai turisti . Ma anche i predatori sempre più di frequente si avvicinano all’uomo per ricevere cibo.

Insomma, osservare gli animali selvatici dal vivo nel loro ambiente naturale è un’emozione unica. ma questo tipo di turismo viene promosso incentivato sempre più non solo per finanziare la conservazione di aree naturali ma per dare sostentamento alle economie locali.

Lo studioso americano asserisce, con l’autorità dei suoi studi, che quando gli animali interagiscono con gli esseri umani si modifica il loro comportamento. In altre parole, il turismo ecologico, “sebbene incentrato sull’impegno ambientalista e sociale, potrebbe rappresentare una grave minaccia per l’esistenza di molte specie animali oggi considerate a rischio estinzione”. L’ecoturismo, che negli ultimi anni sembra aver conquistato una moltitudine di persone in tutto il mondo, risulta essere addirittura pericoloso quanto il bracconaggio o la caccia grossa pagata profumatamente. Ovvero un pericolo serio per l’ambiente.

Tuttavia, la maggior parte dei volontari ecologisti, ma anche degli specialisti, sono convinti che far conoscere gli animali selvatici, specialmente nel loro ambiente, agli uomini, sia il modo migliore per proteggere la natura e la biodiversità. Se poi si tratta degli studenti delle scuole inferiori e medie, questo avvicinamento è considerato il metodo didattico migliore per imparare a conoscere e rispettare la natura fin da giovani.

art abbate animali e turismo

Mi sto invece sempre più convincendo che quanto asserisce lo studioso americano è molto vicino alla verità dei fatti. Quando ad esempio vedo liberare in mare le tartarughe Caretta caretta, dopo averle curate dai malanni inferti di solito dall’uomo, davanti ad una moltitudine di persone avvisate dell’evento, mi colpisce il comportamento dei rettili, i quali tornano indietro sebbene messi a pochi metri dal loro habitat naturale. In tal caso quindi, messi alla presenza dei visitatori, spesso numerosi e chiassosi, si modifica il loro istinto naturale. Ho espresso questa osservazione anche sulla pagina di Facebook, sollevando non poche critiche da parte dei tanti volontari e specialisti che si prodigano con sacrificio alla tutela del rettile marino. Volontari e specialisti sono giustamente convinti della utilità di queste operazioni didattiche, che a parer mio sono però divenute una operazione ecologica controproducente: quasi una moda direi.

“Sappiamo che gli esseri umani hanno la capacità di causare un rapido cambiamento fenotipico” commenta Blumstein. Infatti “Un turismo così invasivo può incrementare il livello di assuefazione tanto da portare allo sviluppo di sindromi comportamentali pericolose”.

Concludendo , concordo pienamente su questo giudizio:“quando si incontrano degli animali selvatici è opportuno mantenere una certa distanza, restare in silenzio e, soprattutto, non dargli da mangiare. Ricordando sempre che nei boschi, nelle giungle e negli oceani SIAMO OSPITI e che, nonostante il nostro amore, è meglio che gli animali diffidino di noi.”

(Notizie tratte da LIFEGATE, giugno 2015)

A lanciare l’allarme, creando non pochi sensi di colpa tra i sostenitori di questa tipologia di vita è stato il professor Daniel Blumstein, della University of California di Los Angeles. l’esperto, che ha visto i risultati del proprio studio pubblicati anche sulle pagine della rivista Trends in Ecology & Evolution, le interazioni che vengono inevitabilmente a crearsi tra gli esseri umani e la fauna selvatica possono mettere in grave pericolo migliaia di specie.

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