Blog

  • Convivenza con il coniglio

    In questo articolo parleremo della possibilità di convivenza tra un coniglio ed altri animali, domanda molto frequente. Ormai, infatti, il coniglio è sempre più diffuso come animale da compagnia.

    CONVIVENZE POSSIBILI

    – CONIGLIO-CONIGLIO

    Il coniglio è un animale sociale che ama la compagnia dei suoi simili.

    Formare una coppia od un gruppo di conigli, però, non è sempre una cosa semplice, dipende molto dal carattere di ciascuno, dall’età, dallo spazio a disposizione e dal tempo che viene dedicato per l’inserimento.

    E’ possibile formare una coppia costituita da maschio e femmina sterilizzati, di varie età e di varie razze e dimensioni. E’ difficile, se non impossibile, invece, formare una coppia di conigli dello stesso sesso (in realtà la convivenza è possibile se due maschi o due femmine sono cuccioli e crescono insieme ed al raggiungimento della maturità sessuale vengono sterilizzati per evitare territorialità e conseguenti litigi), non sterilizzati, o che vivano in spazi ridotti (gabbie o piccoli recinti).

    Per formare un gruppo i soggetti dovrebbero essere tutti sterilizzati. In questo modo viene facilitato l’inserimento perché risultano meno aggressivi e territoriali. Per la buona riuscita sono comunque necessari un buon carattere di ogni coniglio e spazio adeguato.

    Coniglio-coniglio

    – CONIGLIO-CANE

    Per la convivenza tra cane e coniglio bisogna fare molta attenzione perché il cane, per suo istinto naturale, è un predatore. Cani anche di buon carattere potrebbero inseguire il coniglio spaventandolo o vederlo come un gioco fino ad aggredirlo.

    Se si vuole affiancare un cane ad un coniglio si deve usare molta prudenza e pazienza per abituarli gradualmente alla presenza l’uno dell’altro. Molto dipende dal carattere del singolo soggetto, però, in linea generale, sono sconsigliati cani da caccia (per il loro spiccato istinto predatorio) o cani di taglia grande (vista la notevole differenza di peso) o cuccioli molto irruenti.

    Cane-coniglio

    – CONIGLIO-GATTO

    Anche con il gatto bisogna fare molta attenzione dal momento che, come il cane, è un animale predatore. E’ sempre importante introdurre il nuovo animale con gradualità ed inizialmente fare approcciare i due sempre solo stretta sorveglianza.

    Coniglio e gatto possono diventare molto amici soprattutto se il gatto è di buon carattere o è ancora cucciolo.

    Gatto-coniglio

    – CONIGLIO-CAVIA

    Di solito quella tra cavie e conigli è una buona convivenza dato che la cavia è un animaletto tranquillo e poco territoriale. Vale sempre, però, la regola dell’inserimento graduale.

    Cavia-coniglio

    CONVIVENZE NON SEMPLICI

    – CONIGLIO-CINCILLA’

    Viste le differenze di comportamento, la convivenza tra coniglio e cincillà non è l’ideale. Il cincillà si potrebbe spaventare molto facilmente anche di fronte ad un coniglietto.

    – CONIGLIO-CRICETI/GERBILLI/TOPINI

    La convivenza tra questi piccoli animali è possibile anche se bisogna fare molta attenzione alla diversa mole somatica.

    CONVIVENZE IMPOSSIBILI

    – CONIGLIO-FURETTO

    La convivenza del coniglio con il furetto, in natura un grande nemico del coniglio poiché suo predatore, è praticamente impossibile.

    Articolo a cura della Dott.ssa Elisa Balocco

    Se ti è piaciuto l’articolo, iscriviti al feed o alla newsletter per tenerti sempre aggiornato sui nuovi contenuti di TGVET.net.
    Lascia un commento per dire la tua o per chiedere informazioni.

    Bookmark and Share
  • Tipi da cani e tipi da gatti, la differenza (a volte) sta nella personalità – LifeGate

    Una recente ricerca condotta da Denise Guastello, professore di psicologia presso la Carroll University, nel Wisconsin, ha dimostrato che nella scelta dell’animale domestico influiscono anche la personalità e lo stile di vita del padrone.

    Il sondaggio effettuato su un campione di 200mila persone ha evidenziato che i proprietari di cani presentano il 15 per cento in più di possibilità di essere estroversi e socievoli, mentre chi ha un gatto ha l’11 per cento in più di probabilità di essere introverso.

    La ricerca suggerisce che anche il livello di istruzione potrebbe essere un fattore determinante nella scelta, le persone che hanno un gatto hanno infatti il 17 per cento delle possibilità in più di aver conseguito una laurea.

    Perfino l’umorismo delle due categorie di padroni sarebbe differente, gli amanti dei cani preferirebbero la comicità slapstick, fondata su gag semplici che sfruttano il linguaggio del corpo, mentre chi patteggia per i gatti troverebbe più divertente un umorismo più sottile e i giochi di parole.

    Sulla scelta influisce anche inevitabilmente il tipo di abitazione del proprietario, chi vive in appartamento tende a scegliere un gatto mentre chi vive nelle zone rurali ha più probabilità di avere un cane. I genitori con bambini piccoli hanno maggiori probabilità di avere dei cani, i single e gli anziani sono invece spesso padroni di gatti.

    In ogni caso, sia che preferiate le ipnotiche fusa di un gatto o le umide effusioni di cane, la vicinanza di un animale non può che fare bene. Secondo uno studio scozzese chi possiede un cane “ringiovanisce” di dieci anni, grazie all’attività fisica quotidiana che l’animale comporta. D’altro canto le fusa dei gatti avrebbero forti poteri curativi e di giovamento alle persone che soffrono di reumatismi.

  • Convivenza con il coniglio

    Convivenza con il coniglio

    In questo articolo parleremo della possibilità di convivenza tra un coniglio ed altri animali, domanda molto frequente. Ormai, infatti, il coniglio è sempre più diffuso come animale da compagnia.

    CONVIVENZE POSSIBILI

    – CONIGLIO-CONIGLIO

    Il coniglio è un animale sociale che ama la compagnia dei suoi simili.

    Formare una coppia od un gruppo di conigli, però, non è sempre una cosa semplice, dipende molto dal carattere di ciascuno, dall’età, dallo spazio a disposizione e dal tempo che viene dedicato per l’inserimento.

    E’ possibile formare una coppia costituita da maschio e femmina sterilizzati, di varie età e di varie razze e dimensioni. E’ difficile, se non impossibile, invece, formare una coppia di conigli dello stesso sesso (in realtà la convivenza è possibile se due maschi o due femmine sono cuccioli e crescono insieme ed al raggiungimento della maturità sessuale vengono sterilizzati per evitare territorialità e conseguenti litigi), non sterilizzati, o che vivano in spazi ridotti (gabbie o piccoli recinti).

    Per formare un gruppo i soggetti dovrebbero essere tutti sterilizzati. In questo modo viene facilitato l’inserimento perché risultano meno aggressivi e territoriali. Per la buona riuscita sono comunque necessari un buon carattere di ogni coniglio e spazio adeguato.

    – CONIGLIO-CANE

    Per la convivenza tra cane e coniglio bisogna fare molta attenzione perché il cane, per suo istinto naturale, è un predatore. Cani anche di buon carattere potrebbero inseguire il coniglio spaventandolo o vederlo come un gioco fino ad aggredirlo.

    Se si vuole affiancare un cane ad un coniglio si deve usare molta prudenza e pazienza per abituarli gradualmente alla presenza l’uno dell’altro. Molto dipende dal carattere del singolo soggetto, però, in linea generale, sono sconsigliati cani da caccia (per il loro spiccato istinto predatorio) o cani di taglia grande (vista la notevole differenza di peso) o cuccioli molto irruenti.

    Cane-coniglio

    – CONIGLIO-GATTO

    Anche con il gatto bisogna fare molta attenzione dal momento che, come il cane, è un animale predatore. E’ sempre importante introdurre il nuovo animale con gradualità ed inizialmente fare approcciare i due sempre solo stretta sorveglianza.

    Coniglio e gatto possono diventare molto amici soprattutto se il gatto è di buon carattere o è ancora cucciolo.

    Gatto-coniglio

    – CONIGLIO-CAVIA

    Di solito quella tra cavie e conigli è una buona convivenza dato che la cavia è un animaletto tranquillo e poco territoriale. Vale sempre, però, la regola dell’inserimento graduale.

    Cavia-coniglio

    CONVIVENZE NON SEMPLICI

    – CONIGLIO-CINCILLA’

    Viste le differenze di comportamento, la convivenza tra coniglio e cincillà non è l’ideale. Il cincillà si potrebbe spaventare molto facilmente anche di fronte ad un coniglietto.

    – CONIGLIO-CRICETI/GERBILLI/TOPINI

    La convivenza tra questi piccoli animali è possibile anche se bisogna fare molta attenzione alla diversa mole somatica.

    CONVIVENZE IMPOSSIBILI

    – CONIGLIO-FURETTO

    La convivenza del coniglio con il furetto, in natura un grande nemico del coniglio poiché suo predatore, è praticamente impossibile.

    Articolo a cura della Dott.ssa Elisa Balocco

    Se ti è piaciuto l’articolo, iscriviti al feed o alla newsletter per tenerti sempre aggiornato sui nuovi contenuti di TGVET.net.

    Lascia un commento per dire la tua o per chiedere informazioni.

  • Trattamento del paziente con tromboembolismo in emergenza

    Se sono presenti condizioni critiche del paziente come crepitii, suoni polmonari ottusi, insufficienza cardiaca congestizia è prioritario stabilizzare il sistema cardiopolmonare.
    Somministrare ossigenoterapia ( gabbia, maschera o flusso continuo ) e furosemide 1-2 mg / Kg IM ogni 15-30 minuti ai gatti con sofferenza respiratoria significativa.
    Può anche essere necessario nei gatti in cui la frequenza respiratoria non migliora e non iniziano a urinare la somministrazione di una dose totale di furosemide di 5-8 mg / Kg.
    Il controllo del dolore è fondamentale, dato che la neuropatia ischemica secondaria al trombo arterioso è molto dolorosa.
    I farmaci di prima scelta sono Ossimorfone 0,05-0,1 mg/Kg IM, idromorfone 0,05-0,2 mg/Kg IM per controllare il dolore più intenso.
    Una volta inserito il catetere endovenoso, è possibile somministrare l’antidolorifico ad esempio fentanil 2-5 µg/Kg/ora EV. Somministrare anche la furosemide ogni 2-4 ore EV o come infusione continua.
    L’uso dei narcotici può causare vomito transitorio.
    E’ possibile somministrare acepromazina 0,025-0,05 mg/Kg IM o EV ogni 4-6 ore per alleviare l’ansia e agire sinergicamente con i narcotici puri. Questa dose di acepromazina ha difficilmente effetto positivo sulla vasodilatazione, ma può avere un effetto antiemetico.
    La fluido terapia deve essere calcolata per il singolo soggetto. I gatti con insufficienza cardiaca congestizia e quelli che ricevono la furosemide non devono ricevere fuidi EV.
    L’eparina viene tradizionalmente usata in questi casi, sebbene agisca in realtà prevenendo l’espansione del coagulo. Per l’effetto trombolitico vanno segnalati due farmaci.

    · Streptochinasi viene indicata come farmaco di prima scelta. Occorre ancora stabilire se il tempo di somministrazione della streptochinasi dopo la comparsa dei sintomi possa cambiare l’esito e indagare i fattori prognostici positivi o negativi. A prescindere dal fatto che il farmaco sia utile o meno e dal suo costo e dal rischio emorragico, la sua attuale indisponibilità richiede la ricerca di soluzioni alternative, sia per la prevenzione che per il trattamento.

    · T-PA ( attivatore del plasminogeno tissutale ) può essere una valida alternativa. La dose raccomandata è di 0,25-1 mg/Kg/ora EV CRI ( infusione a velocità costante )per una dose totale di 1-10 mg/kg. Il costo del t-PA è significativo.

    La rimozione chirurgica dei tromboemboli ha dato risultati variabili. Sono stati eseguiti numerosi interventi, dall’embolectomia a palloncino alla chirurgia. Tuttavia, considerato il rischio anestetico elevato dovuto alla cardiopatia sottostante, molti clinici raccomandano attualmente la terapia medica.
    Un punto importante è la prevenzione dell’ulteriore formazione di trombi.
    Recentemente l’attenzione si è focalizzata sull’uso delle tienopiridine che hanno un effetto antipiastrinico.
    Il clopidogrel ha un effetto antipiastrinico significativo documentato a dosaggi multipli nel gatto senza effetti indesiderati significativi.
    La somministrazione orale giornaliera unica può favorire l’utilizzo da parte del cliente e il suo effetto antipiastrinico è durato 3-7 giorni dopo l’ultimo dosaggio.
    La dose inferiore utilizzata e dotata di efficacia è di 18,75 mg PO ogni 24 ore, anche una dose di 75 mg PO ogni 24 ore è risultata priva di effetti indesiderati oltre che efficace.

    Articolo a cura della Dott.ssa Daniela Ferrari

    Se ti è piaciuto l’articolo, iscriviti al feed o alla newsletter per tenerti sempre aggiornato sui nuovi contenuti di TGVET.net.
    Lascia un commento per dire la tua o per chiedere informazioni.

    Bookmark and Share
  • Trattamento del paziente con tromboembolismo in emergenza

    Se sono presenti condizioni critiche del paziente come crepitii, suoni polmonari ottusi, insufficienza cardiaca congestizia è prioritario stabilizzare il sistema cardiopolmonare.

    Somministrare ossigenoterapia ( gabbia, maschera o flusso continuo ) e furosemide 1-2 mg / Kg IM ogni 15-30 minuti ai gatti con sofferenza respiratoria significativa.

    Può anche essere necessario nei gatti in cui la frequenza respiratoria non migliora e non iniziano a urinare la somministrazione di una dose totale di furosemide di 5-8 mg / Kg.

    Il controllo del dolore è fondamentale, dato che la neuropatia ischemica secondaria al trombo arterioso è molto dolorosa.

    I farmaci di prima scelta sono Ossimorfone 0,05-0,1 mg/Kg IM, idromorfone 0,05-0,2 mg/Kg IM per controllare il dolore più intenso.

    Una volta inserito il catetere endovenoso, è possibile somministrare l’antidolorifico ad esempio fentanil 2-5 µg/Kg/ora EV. Somministrare anche la furosemide ogni 2-4 ore EV o come infusione continua.

    L’uso dei narcotici può causare vomito transitorio.

    E’ possibile somministrare acepromazina 0,025-0,05 mg/Kg IM o EV ogni 4-6 ore per alleviare l’ansia e agire sinergicamente con i narcotici puri. Questa dose di acepromazina ha difficilmente effetto positivo sulla vasodilatazione, ma può avere un effetto antiemetico.

    La fluido terapia deve essere calcolata per il singolo soggetto. I gatti con insufficienza cardiaca congestizia e quelli che ricevono la furosemide non devono ricevere fuidi EV.

    L’eparina viene tradizionalmente usata in questi casi, sebbene agisca in realtà prevenendo l’espansione del coagulo. Per l’effetto trombolitico vanno segnalati due farmaci.

    · Streptochinasi viene indicata come farmaco di prima scelta. Occorre ancora stabilire se il tempo di somministrazione della streptochinasi dopo la comparsa dei sintomi possa cambiare l’esito e indagare i fattori prognostici positivi o negativi. A prescindere dal fatto che il farmaco sia utile o meno e dal suo costo e dal rischio emorragico, la sua attuale indisponibilità richiede la ricerca di soluzioni alternative, sia per la prevenzione che per il trattamento.

    · T-PA ( attivatore del plasminogeno tissutale ) può essere una valida alternativa. La dose raccomandata è di 0,25-1 mg/Kg/ora EV CRI ( infusione a velocità costante )per una dose totale di 1-10 mg/kg. Il costo del t-PA è significativo.

    La rimozione chirurgica dei tromboemboli ha dato risultati variabili. Sono stati eseguiti numerosi interventi, dall’embolectomia a palloncino alla chirurgia. Tuttavia, considerato il rischio anestetico elevato dovuto alla cardiopatia sottostante, molti clinici raccomandano attualmente la terapia medica.

    Un punto importante è la prevenzione dell’ulteriore formazione di trombi.

    Recentemente l’attenzione si è focalizzata sull’uso delle tienopiridine che hanno un effetto antipiastrinico.

    Il clopidogrel ha un effetto antipiastrinico significativo documentato a dosaggi multipli nel gatto senza effetti indesiderati significativi.

    La somministrazione orale giornaliera unica può favorire l’utilizzo da parte del cliente e il suo effetto antipiastrinico è durato 3-7 giorni dopo l’ultimo dosaggio.

    La dose inferiore utilizzata e dotata di efficacia è di 18,75 mg PO ogni 24 ore, anche una dose di 75 mg PO ogni 24 ore è risultata priva di effetti indesiderati oltre che efficace.

    Articolo a cura della Dott.ssa Daniela Ferrari

    Se ti è piaciuto l’articolo, iscriviti al feed o alla newsletter per tenerti sempre aggiornato sui nuovi contenuti di TGVET.net.

    Lascia un commento per dire la tua o per chiedere informazioni.

  • Malattie infiammatorie epatiche nel gatto

    cholangitis_cholangiohepatitis_syndrome-1

    Nel gatto l’infiammazione esclusiva del parenchima epatico (epatite) è un evento piuttosto raro, mentre decisamente diffuse sono le forme infiammatorie che colpiscono le vie biliari (colangiti) per poi diffondersi al tessuto adiacente (colangioepatiti). Ad oggi la definizione più corretta sarebbe quella di “sindrome colangitica”, epatopatia seconda in ordine di frequenza soltanto alla lipidosi. A causa di particolarità anatomiche tipicamente feline, le colangiti  si riscontrano spesso in concomitanza con malattie infiammatorie intestinali (IBD) e pancreatite, complesso che prende il nome di “triadite”. Il gruppo di studio sulle malattie epatiche WSAVA suddivide la colangite, in base a criteri clinici e istologici in diverse forme: neutrofilica o suppurativa, linfoplasmocitica cronica e linfocitica non suppurativa.

    180px-Cholangitis

    La colangite neutrofilica viene così definita per il tipo di infiltrato cellulare prevalente che invade le vie biliari e l’adiacente parenchima epatico, i granulociti neutrofili per l’appunto. Normalmente questa patologia ha un’insorgenza, è tipica di animali anziani (dai dieci anni in su) e i segni clinici più frequenti sono ittero, vomito, ipersalivazione e dolore addominale. Si sospetta possa esser causata da un’infezione ascendente dall’intestino ed i batteri riscontrati maggiormente in corso di patologia sono E.Coli, Enterococcius spp, Streptococcus spp, Clostridium spp e Bacteroides spp. Le alterazioni clinico patologiche omuni sono l’aumento degli enzimi epatici, soprattutto la fosfatasi alcalina, della bilirubina e degli acidi biliari, una leucocitosi con shift a sinistra e, talvolta, un profilo coagulativo alterato. Questi segni sono piuttosto generici e aspecifici pertanto la diagnosi definitiva dovrebbe essere affidata all’analisi della bile, mediante colecistocentesi ecoguidata , con coltura batterica, da evitarsi se la colecisti risulta molto ispessita e assolutamente controindicata nei casi di colecistite enfisematosa. Un altro ausilio diagnostico è dato dalla biopsia epatica. La terapia consiste nell’utilizzo di antibiotici, antidolorifici e agenti antinfiammatori, agenti coleretici per fluidificare la bile e antifibrotici protettivi per il fegato oltre ad un supporto mirato nei casi di anoressia (fluidoterapia e farmaci antinausea). Se si interviene precocemente, la prognosi risulta piuttosto buona.

    colangite

    La colangite linfoplasmocitica (non suppurativa) e linfocitica hanno invece un andamento cronico e una prevalenza di linfociti/plasmacellule a livello di infiltrato cellulare; spesso si associa una fibrosi e una proliferzione dei dotti biliari ed il sospetto è che il sistema immunitario giochi un ruolo importante nell’evoluzione di tale patologia. Gli animali colpiti sono solitamente giovani, minori di 4 anni, e sembrerebbe esserci una certa predisposizione nei Persiani. I segni clinici più frequenti sono l’ittero e l’ascite che tende a peggiorare, sebbene in alcuni animali l’unico sintomo sia la perdita di peso; in altri si nota polifagia o epatomegalia, mentre i linfonodi mesenterici risultano ingrossati. In fasi avanzate di malattia si può arrivare ad avere ipertensione portale, encefalopatia epatica e cirrosi. Da un punto di vista clinico patologico abbiamo un aspecifico aumento degli enzimi epatici, delle globuline e una riduzione di linfociti all’esame emocromocitometrico. Un utile ausilio diagnostico è rappresentato dall’ecografia addominale in grado di svelare l’epatomegalia e l’ascite oltre a dare la possibilità di prelevare il liquido addominale per un’analisi citologica: tipico è il riscontro di un trasudato modificato. Le diagnosi differenziali per questa patologia sono: la FIP, l’epatopatia e il linfoma, ma solo l’esame istologico può dirimere la questione. La base della terapia per le colangiti linfocitiche è l’utilizzo di corticosteroidi a dosaggi immunosoppressivi (1-2mg/kg); nei casi di fibrosi si può ricorrere alla colchicina, per quanto la sua reale efficacia non sia stata ancora provata da studi. Per il resto i farmaci sono si supporto e grande importanza dev’essere data anche all’alimentazione. La prognosi per questa forma di colangiti è riservata.

    A cura della dott.ssa Martina Chiapasco della Clinica Veterinaria Borgarello.

    Se ti è piaciuto l’articolo, iscriviti al feed o alla newsletter per tenerti sempre aggiornato sui nuovi contenuti di TGVET.net.
    Lascia un commento per dire la tua o per chiedere informazioni

    Bookmark and Share
  • Malattie infiammatorie epatiche nel gatto

    Malattie infiammatorie epatiche nel gatto

    Nel gatto l’infiammazione esclusiva del parenchima epatico (epatite) è un evento piuttosto raro, mentre decisamente diffuse sono le forme infiammatorie che colpiscono le vie biliari (colangiti) per poi diffondersi al tessuto adiacente (colangioepatiti). Ad oggi la definizione più corretta sarebbe quella di “sindrome colangitica”, epatopatia seconda in ordine di frequenza soltanto alla lipidosi. A causa di particolarità anatomiche tipicamente feline, le colangiti  si riscontrano spesso in concomitanza con malattie infiammatorie intestinali (IBD) e pancreatite, complesso che prende il nome di “triadite”. Il gruppo di studio sulle malattie epatiche WSAVA suddivide la colangite, in base a criteri clinici e istologici in diverse forme: neutrofilica o suppurativa, linfoplasmocitica cronica e linfocitica non suppurativa.

    180px-Cholangitis

    La colangite neutrofilica viene così definita per il tipo di infiltrato cellulare prevalente che invade le vie biliari e l’adiacente parenchima epatico, i granulociti neutrofili per l’appunto. Normalmente questa patologia ha un’insorgenza, è tipica di animali anziani (dai dieci anni in su) e i segni clinici più frequenti sono ittero, vomito, ipersalivazione e dolore addominale. Si sospetta possa esser causata da un’infezione ascendente dall’intestino ed i batteri riscontrati maggiormente in corso di patologia sono E.Coli, Enterococcius spp, Streptococcus spp, Clostridium spp e Bacteroides spp. Le alterazioni clinico patologiche omuni sono l’aumento degli enzimi epatici, soprattutto la fosfatasi alcalina, della bilirubina e degli acidi biliari, una leucocitosi con shift a sinistra e, talvolta, un profilo coagulativo alterato. Questi segni sono piuttosto generici e aspecifici pertanto la diagnosi definitiva dovrebbe essere affidata all’analisi della bile, mediante colecistocentesi ecoguidata , con coltura batterica, da evitarsi se la colecisti risulta molto ispessita e assolutamente controindicata nei casi di colecistite enfisematosa. Un altro ausilio diagnostico è dato dalla biopsia epatica. La terapia consiste nell’utilizzo di antibiotici, antidolorifici e agenti antinfiammatori, agenti coleretici per fluidificare la bile e antifibrotici protettivi per il fegato oltre ad un supporto mirato nei casi di anoressia (fluidoterapia e farmaci antinausea). Se si interviene precocemente, la prognosi risulta piuttosto buona.

    colangite

    La colangite linfoplasmocitica (non suppurativa) e linfocitica hanno invece un andamento cronico e una prevalenza di linfociti/plasmacellule a livello di infiltrato cellulare; spesso si associa una fibrosi e una proliferzione dei dotti biliari ed il sospetto è che il sistema immunitario giochi un ruolo importante nell’evoluzione di tale patologia. Gli animali colpiti sono solitamente giovani, minori di 4 anni, e sembrerebbe esserci una certa predisposizione nei Persiani. I segni clinici più frequenti sono l’ittero e l’ascite che tende a peggiorare, sebbene in alcuni animali l’unico sintomo sia la perdita di peso; in altri si nota polifagia o epatomegalia, mentre i linfonodi mesenterici risultano ingrossati. In fasi avanzate di malattia si può arrivare ad avere ipertensione portale, encefalopatia epatica e cirrosi. Da un punto di vista clinico patologico abbiamo un aspecifico aumento degli enzimi epatici, delle globuline e una riduzione di linfociti all’esame emocromocitometrico. Un utile ausilio diagnostico è rappresentato dall’ecografia addominale in grado di svelare l’epatomegalia e l’ascite oltre a dare la possibilità di prelevare il liquido addominale per un’analisi citologica: tipico è il riscontro di un trasudato modificato. Le diagnosi differenziali per questa patologia sono: la FIP, l’epatopatia e il linfoma, ma solo l’esame istologico può dirimere la questione. La base della terapia per le colangiti linfocitiche è l’utilizzo di corticosteroidi a dosaggi immunosoppressivi (1-2mg/kg); nei casi di fibrosi si può ricorrere alla colchicina, per quanto la sua reale efficacia non sia stata ancora provata da studi. Per il resto i farmaci sono si supporto e grande importanza dev’essere data anche all’alimentazione. La prognosi per questa forma di colangiti è riservata.

    A cura della dott.ssa Martina Chiapasco della Clinica Veterinaria Borgarello.

    Se ti è piaciuto l’articolo, iscriviti al feed o alla newsletter per tenerti sempre aggiornato sui nuovi contenuti di TGVET.net.

    Lascia un commento per dire la tua o per chiedere informazioni

  • Intossicazione da antiparassitari

    Intossicazione da antiparassitari

    L’intossicazione da antiparassitari nel cane e nel gatto è spesso legata alla convivenza sotto lo stesso tetto fra le due specie…questa promiscuità può indurre a commettere degli errori nella somministrazione di antiparassitari contro pulci, zecche e simili, rischiando di causare un avvelenamento da antiparassitari.

    intossicazione-antiparassitari

    E’ fondamentale guardare sempre bene le indicazioni, perché la maggior parte degli antiparassitari adatti al cane sono nocivi per il gatto. Tra questi il più frequentemente impiegato “a sproposito” è il piretro, che può essere applicato mediante spruzzatori o con le classiche pipette spot-on da impiegare sulla cute.

    Le piretrine, esteri naturali dell’acido crisantemico e dell’acido piretrico, vengono di solito estratte per scopi commerciali dai fiori del piretro (Chrysanthemumcinerariaefolium). Insieme ai loro analoghi di sintesi, i piretroidi, sono attualmente gli insetticidi più comunemente utilizzati per il trattamento delle infestazioni da ectoparassiti quali pulci, zecche e pidocchi del cane e del gatto.

    I piretroidi sono stati sintetizzati per migliorare la stabilità delle piretrine, ed il successo di questa modificazione chimica ha portato all’ampia diffusione di questi agenti come insetticidi per uso agricolo ed industriale. Permetrina, Deltametrina, Alletrina, Esbiotrina, Cipimetrina sono i nomi che spesso troverete tra i composti degli insetticidi disponibili nei banchi dei supermercati, dai normali spray alle piastrine e liquidi da collegare alla presa elettrica.

    Si tratta di agenti molto diffusi per la loro rapida azione insetticida e per la relativamente bassa tossicità nei felini, soprattutto al confronto con altre classi di insetticidi (come gli organoclorurati e gli organofosfati).

    Di conseguenza, essi sono ora usati frequentemente anche in ambiente domestico e vengono prodotti in diverse formulazioni quali spot-on, polveri, spray, collari e shampoo.

    Attenzione..moltiantparassitari possono essere utilizzati solo per i cani, mentre non devono essere assolutamente somministrati ai gatti oppure a cani conviventi con gatti! Su questi prodotti è chiaramente indicato “non utilizzare sui gatti” ed è generalmente presente questo simbolo

    antiparassitari

    I prodotti per la prevenzione dell’infestazione da pulci costituiscono la principale fonte di esposizione dei piccoli animali, i quali si intossicano per via cutanea quando vengono utilizzate dosi eccessive, per ingestione attraverso la toelettatura oppure per via inalatoria quando i composti vengono nebulizzati in ambienti poco aerati.Tra i mammiferi domestici il gatto manifesta una sensibilità più elevata rispetto a d altre specie a causa di un deficit nei sistemi di detossificazione.

    Anche se l’intossicazione sembra più probabile nei gatti giovani, non sono state individuate spiegazioni evidenti per una tale predisposizione di età.

    La formulazione dei prodotti commerciali a base di piretrine e piretroidi destinati all’applicazione sulla cute varia notevolmente: le caratteristiche che possono risultare diverse sono rappresentate dal tipo e dalla concentrazione del composto utilizzato, dal solvente, dal tipo e dalla concentrazione dei prodotti sinergici, dal confezionamento e dalle modalità di somministrazione (spray a pompette manuali, spray sotto pressione, shampoo e prodotti per spugnature). Queste differenze, insieme alla prevedibile variabilità delle modalità di somministrazione da parte del proprietario, rendono estremamente difficile calcolare o anche solo stimare le relazioni tra dose somministrata ed effetto.

    I veterinari devono raccomandare ai clienti di attenersi scrupolosamente alle indicazioni riportate su ogni specifico prodotto.

    La diagnosi dell’intossicazione da piretrine e piretroidi è difficile perché ci si può basare solo su indicazione anamnestica di esposizione a questi composti, segni clinici ed esclusione delle altre possibili diagnosi differenziali. Attualmente, non sono disponibili test diagnostici pratici che consentano di confermare o escludere il sospetto.

    Nei gatti la permetrina causa convulsioni e difficoltà respiratorie entro poche ore anche dal semplice contatto. La complicazione più grave è rappresentata dalle convulsioni, che possono causare un danno cerebrale irreversibile o la morte per ipertermia, acidosi lattica, shock ed ipossia. L’inizio dei sintomi si verifica in genere entro poche ore dall’esposizione, ma può essere ritardato a seconda della via di assunzione.

    Non è noto alcun trattamento specifico per l’intossicazione da piretrine e piretroidi, per cui si devono applicare i principi generali di terapia delle intossicazioni.

    Le piretrine ed i piretroidi sono sostanze lipofile e rapidamente assorbite per via orale, cutanea ed inalatoria che si distribuiscono ai tessuti ad elevato contenuto lipidico quali grasso, tessuto nervoso, fegato, rene e latte.

    Se l’esposizione è avvenuta per via orale ed è molto recente e solo ed esclusivamente se non sono ancora presenti sintomi nervosi, è appropriata l’induzione del vomito seguita dalla somministrazione di carbone attivo. Si devono inoltre evitare i pasti ad elevato tenore lipidico, che potrebbero favorire l’assorbimento gastroenterico.

    Gli animali esposti per via topica devono essere lavati con acqua tiepida ed un blando detergente. L’impiego di acqua molto calda è controindicato perché aumenta la perfusione del derma e, quindi, può incrementare la velocità di assorbimento transdermico dell’insetticida. Poiché piretrine e piretroidi non sono idrosolubili, per assicurare l’asportazione dell’insetticida residuo è necessario un abbondante lavaggio, sempre con un blando detergente.

    antiparassitari-intossicazione

    I segni clinici vanno controllati dal Medico Veterinario secondo necessità: sono state suggerite la somministrazione di atropina per via sottocutanea per ridurre l’eccesso di salivazione e di secrezioni respiratorie, l’iniezione endovenosa di diazepam per il controllo delle convulsioni e dell’ipereccitabilità e/o l’infusione endovenosa di metocarbamolo da ripetere fino ad effetto per il controllo delle convulsioni e delle fascicolazioni. Sono invece controindicati i tranquillanti fenotiazinici, quali clorpromazina o acepromazina, a causa del rischio di induzione di effetti extrapiramidali.

    È necessario prestare particolare attenzione alla temperatura corporea del paziente: l’aumento di quella interna, conseguente all’eccessiva attività muscolare, può infatti portare ad edema cerebrale e convulsioni continue, mentre l’ipotermia che si ha quando il paziente va incontro a depressione (o in seguito ad un bagno freddo) può aggravare la depressione stessa. Inoltre, la riduzione della temperatura corporea può portare ad un incremento della tossicità delle piretrine e dei piretroidi.

    Occorre inoltre eliminare ogni possibile ulteriore esposizione del paziente alla sostanza tossica; ciò comporta anche l’adozione di alcune misure precauzionali in vista del ritorno al suo ambiente naturale dopo la remissione delle manifestazioni cliniche. Di conseguenza, occorre eliminare gli eventuali residui di questi composti dalle superfici della casa mediante opportuni interventi di pulizia per impedire ogni ulteriore assorbimento delle sostanze tossiche da parte dell’animale.

    È prevedibile che, con un adeguato trattamento, gli animali colpiti da una moderata intossicazione da piretrine e piretroidi si riprendano senza eccessive difficoltà. Inoltre, poiché non vengono indotte lesioni tissutali residue, ci si può aspettare un superamento completo dell’intossicazione.

    Tuttavia, purtroppo si possono avere casi di morte, soprattutto nel gatto.

    In genere, si ritiene che nei felini non esista alcuna alternativa soddisfacente alle piretrine ed ai piretroidi come insetticidi; di conseguenza questi composti continuano ad essere usati per il controllo delle ectoparassitosi di questi animali. È necessario però fornire caso per caso al proprietario le opportune indicazioni sull’uso di questi prodotti, dopo aver attentamente considerato la formulazione di quello che si intende impiegare, l’età e lo stato di salute del paziente e le probabilità che il cliente rispetti gli appropriati protocolli terapeutici prescritti.

    Articolo a cura della Clinica Veterinaria Borgarello.

    Se ti è piaciuto l’articolo, iscriviti al feed o alla newsletter per tenerti sempre aggiornato sui nuovi contenuti di TGVET.net.
    Lascia un commento per dire la tua o per chiedere informazioni

    Bookmark and Share
  • Miasi cutanea negli animali domestici

    Miasi cutanea negli animali domestici

     

    È arrivato il caldo e con esso le prime fastidiose mosche. Alcune specie di questo insetto (ordine ditteri) causano problemi non da poco: le miasi. Le miasi sono infestazioni dei tessuti degli animali causate da larve di alcuni tipi di mosca.

    La diffusione di queste mosche è favorita da un clima caldo-umido, quando le mosche sono più attive, cioè particolarmente in estate. Nel dettaglio gli insetti che causano queste pericolose infestazioni appartengono a famiglie dell’ordine dei ditteri, sottordine brachiceri e hanno aspetto tipico muscoide (mosche). Le famiglie più diffuse che generano miasi sono Sarcophagidae, oestridae, calliphoridae, gastrophilidae (ad esempio Lucilia sericata, Sarcophaga melanura, Wohlfahrtia opaca, Calliphora vicina).

    Le mosche sono attirate nel deporre le loro uova su animali feriti, debilitati e con scarse difese immunitarie, paralizzati, vecchi oppure cuccioli ed orfani, più suscettibili perché meno reattivi o non ancora capaci di toelettarsi adeguatamente, anche senza ferite aperte.

    Le larve istofaghe (lett. mangiatrici di tessuto) a parassitismo obbligato o talora accidentale, si nutrono dei tessuti viventi o necrotici dell’animale, producendo enzimi proteolitici per la digestione e scavando tunnel.

    Basta una piccola lesione in zone poco esposte (zona perianale, base della coda, pieghe tra le dita, ascelle, inguine), dermatiti umide, episodi di diarrea e incontinenza urinaria con imbrattamento del pelo, piaghe da decubito in animali che permangono a lungo immobili, per attirare le mosche.

    Le forme di parassitosi cutanea determinano un forte prurito, l’animale si gratta energicamente e si morde causando ulteriori lesioni che facilitano l’espandersi dell’infestazione; la ferita appare umida, produce un essudato purulento con cattivo odore. Può essere presente dolore, abbattimento e febbre. Le lesioni evolvono con colliquazione dei tessuti, necrosi fino a setticemia che può essere letale o richiedere l’eutanasia. La guarigione spontanea è molto difficile poiché gli animali con miasi hanno spesso patologie concomitanti e le loro condizioni diventano facilmente precarie.

    Tutti gli animali domestici e selvatici possono essere interessati da questa patologia.

    L’infestazione si può prevenire mantenendo i nostri animali con un buon livello di igiene, soprattutto se hanno patologie in corso, tenendoli asciutti e se possibile in casa se sono debilitati; è inoltre importante ispezionarli spesso per individuare condizioni predisponenti (ferite, imbrattamenti del pelo) e riconoscere precocemente uova e/o larve. Infatti tra il momento in cui la mosca deposita le uova e la schiusa delle larve non passa molto tempo (a volte solo 48h): le uova sono piccoli accumuli bianco-burro depositati alla base del pelo e le larve, della dimensione di alcuni millimetri, sono visibili ad occhio nudo, si muovono rapidamente sulla cute oppure possono essere nascoste sotto il pelo imbrattato o negli orifizi naturali come ano, prepuzio, vulva da cui possono fuoriuscire più tardivamente.

    È importante che l’animale colpito da miasi venga portato al più presto dal Veterinario. Il pelo va tosato e le ferite vanno accuratamente pulite, rimuovendo materiale estraneo e tessuti necrotici, quindi lavate e disinfettate. Le larve visibili vanno rimosse, le ferite vengono quindi ricontrollate nei giorni successivi, per rimuovere eventuali altre larve, residui di larve e controllare l’infezione secondaria. Viene poi impostata terapia antibiotica e di supporto. La precocità della diagnosi e l’entità dell’infestazione condizionano la prognosi che spesso è riservata.

    Articolo a cura della Clinica Veterinaria Borgarello.

    Se ti è piaciuto l’articolo, iscriviti al feed o alla newsletter per tenerti sempre aggiornato sui nuovi contenuti di TGVET.net.

    Lascia un commento per dire la tua o per chiedere informazioni

  • Intossicazione da antiparassitari

    Intossicazione da antiparassitari

    L’intossicazione da antiparassitari nel cane e nel gatto è spesso legata alla convivenza sotto lo stesso tetto fra le due specie…questa promiscuità può indurre a commettere degli errori nella somministrazione di antiparassitari contro pulci, zecche e simili, rischiando di causare unavvelenamento da antiparassitari.

    E’ fondamentale guardare sempre bene le indicazioni, perché la maggior parte degli antiparassitari adatti al cane sono nocivi per il gatto. Tra questi il più frequentemente impiegato “a sproposito” è il piretro, che può essere applicato mediante spruzzatori o con le classiche pipette spot-on da impiegare sulla cute.

    Le piretrine, esteri naturali dell’acido crisantemico e dell’acido piretrico, vengono di solito estratte per scopi commerciali dai fiori del piretro (Chrysanthemumcinerariaefolium). Insieme ai loro analoghi di sintesi, i piretroidi, sono attualmente gli insetticidi più comunemente utilizzati per il trattamento delle infestazioni da ectoparassiti quali pulci, zecche e pidocchi del cane e del gatto.

    I piretroidi sono stati sintetizzati per migliorare la stabilità delle piretrine, ed il successo di questa modificazione chimica ha portato all’ampia diffusione di questi agenti come insetticidi per uso agricolo ed industriale. Permetrina, Deltametrina, Alletrina, Esbiotrina, Cipimetrina sono i nomi che spesso troverete tra i composti degli insetticidi disponibili nei banchi dei supermercati, dai normali spray alle piastrine e liquidi da collegare alla presa elettrica.

    Si tratta di agenti molto diffusi per la loro rapida azione insetticida e per la relativamente bassa tossicità nei felini, soprattutto al confronto con altre classi di insetticidi (come gli organoclorurati e gli organofosfati).

    Di conseguenza, essi sono ora usati frequentemente anche in ambiente domestico e vengono prodotti in diverse formulazioni quali spot-on, polveri, spray, collari e shampoo.

    Attenzione..moltiantparassitari possono essere utilizzati solo per i cani, mentre non devono essere assolutamente somministrati ai gatti oppure a cani conviventi con gatti! Su questi prodotti è chiaramente indicato “non utilizzare sui gatti” ed è generalmente presente questo simbolo

    antiparassitari

    I prodotti per la prevenzione dell’infestazione da pulci costituiscono la principale fonte di esposizione dei piccoli animali, i quali si intossicano per via cutanea quando vengono utilizzate dosi eccessive, per ingestione attraverso la toelettatura oppure per via inalatoria quando i composti vengono nebulizzati in ambienti poco aerati.Tra i mammiferi domestici il gatto manifesta una sensibilità più elevata rispetto a d altre specie a causa di un deficit nei sistemi di detossificazione.

    Anche se l’intossicazione sembra più probabile nei gatti giovani, non sono state individuate spiegazioni evidenti per una tale predisposizione di età.

    La formulazione dei prodotti commerciali a base di piretrine e piretroidi destinati all’applicazione sulla cute varia notevolmente: le caratteristiche che possono risultare diverse sono rappresentate dal tipo e dalla concentrazione del composto utilizzato, dal solvente, dal tipo e dalla concentrazione dei prodotti sinergici, dal confezionamento e dalle modalità di somministrazione (spray a pompette manuali, spray sotto pressione, shampoo e prodotti per spugnature). Queste differenze, insieme alla prevedibile variabilità delle modalità di somministrazione da parte del proprietario, rendono estremamente difficile calcolare o anche solo stimare le relazioni tra dose somministrata ed effetto.

    I veterinari devono raccomandare ai clienti di attenersi scrupolosamente alle indicazioni riportate su ogni specifico prodotto.

    La diagnosi dell’intossicazione da piretrine e piretroidi è difficile perché ci si può basare solo su indicazione anamnestica di esposizione a questi composti, segni clinici ed esclusione delle altre possibili diagnosi differenziali. Attualmente, non sono disponibili test diagnostici pratici che consentano di confermare o escludere il sospetto.

    Nei gatti la permetrina causa convulsioni e difficoltà respiratorie entro poche ore anche dal semplice contatto. La complicazione più grave è rappresentata dalle convulsioni, che possono causare un danno cerebrale irreversibile o la morte per ipertermia, acidosi lattica, shock ed ipossia. L’inizio dei sintomi si verifica in genere entro poche ore dall’esposizione, ma può essere ritardato a seconda della via di assunzione.

    Non è noto alcun trattamento specifico per l’intossicazione da piretrine e piretroidi, per cui si devono applicare i principi generali di terapia delle intossicazioni.

    Le piretrine ed i piretroidi sono sostanze lipofile e rapidamente assorbite per via orale, cutanea ed inalatoria che si distribuiscono ai tessuti ad elevato contenuto lipidico quali grasso, tessuto nervoso, fegato, rene e latte.

    Se l’esposizione è avvenuta per via orale ed è molto recente e solo ed esclusivamente se non sono ancora presenti sintomi nervosi, è appropriata l’induzione del vomito seguita dalla somministrazione di carbone attivo. Si devono inoltre evitare i pasti ad elevato tenore lipidico, che potrebbero favorire l’assorbimento gastroenterico.

    Gli animali esposti per via topica devono essere lavati con acqua tiepida ed un blando detergente. L’impiego di acqua molto calda è controindicato perché aumenta la perfusione del derma e, quindi, può incrementare la velocità di assorbimento transdermico dell’insetticida. Poiché piretrine e piretroidi non sono idrosolubili, per assicurare l’asportazione dell’insetticida residuo è necessario un abbondante lavaggio, sempre con un blando detergente.

    antiparassitari-intossicazione

    I segni clinici vanno controllati dal Medico Veterinario secondo necessità: sono state suggerite la somministrazione di atropina per via sottocutanea per ridurre l’eccesso di salivazione e di secrezioni respiratorie, l’iniezione endovenosa di diazepam per il controllo delle convulsioni e dell’ipereccitabilità e/o l’infusione endovenosa di metocarbamolo da ripetere fino ad effetto per il controllo delle convulsioni e delle fascicolazioni. Sono invece controindicati i tranquillanti fenotiazinici, quali clorpromazina o acepromazina, a causa del rischio di induzione di effetti extrapiramidali.

    È necessario prestare particolare attenzione alla temperatura corporea del paziente: l’aumento di quella interna, conseguente all’eccessiva attività muscolare, può infatti portare ad edema cerebrale e convulsioni continue, mentre l’ipotermia che si ha quando il paziente va incontro a depressione (o in seguito ad un bagno freddo) può aggravare la depressione stessa. Inoltre, la riduzione della temperatura corporea può portare ad un incremento della tossicità delle piretrine e dei piretroidi.

    Occorre inoltre eliminare ogni possibile ulteriore esposizione del paziente alla sostanza tossica; ciò comporta anche l’adozione di alcune misure precauzionali in vista del ritorno al suo ambiente naturale dopo la remissione delle manifestazioni cliniche. Di conseguenza, occorre eliminare gli eventuali residui di questi composti dalle superfici della casa mediante opportuni interventi di pulizia per impedire ogni ulteriore assorbimento delle sostanze tossiche da parte dell’animale.

    È prevedibile che, con un adeguato trattamento, gli animali colpiti da una moderata intossicazione da piretrine e piretroidi si riprendano senza eccessive difficoltà. Inoltre, poiché non vengono indotte lesioni tissutali residue, ci si può aspettare un superamento completo dell’intossicazione.

    Tuttavia, purtroppo si possono avere casi di morte, soprattutto nel gatto.

    In genere, si ritiene che nei felini non esista alcuna alternativa soddisfacente alle piretrine ed ai piretroidi come insetticidi; di conseguenza questi composti continuano ad essere usati per il controllo delle ectoparassitosi di questi animali. È necessario però fornire caso per caso al proprietario le opportune indicazioni sull’uso di questi prodotti, dopo aver attentamente considerato la formulazione di quello che si intende impiegare, l’età e lo stato di salute del paziente e le probabilità che il cliente rispetti gli appropriati protocolli terapeutici prescritti.

    Articolo a cura della Clinica Veterinaria Borgarello.

    Se ti è piaciuto l’articolo, iscriviti al feed o alla newsletter per tenerti sempre aggiornato sui nuovi contenuti di TGVET.net.

    Lascia un commento per dire la tua o per chiedere informazioni