Autore: Clinica Borgarello

  • Leishmaniosi canina: lesioni a carico delle mucose

    In corso di Leishmaniosi generalmente le mucose si presentano anemiche, solo in alcuni casi sono di colore rosso-mattone e questo è indice di sofferenza epato-renale. Le mucose principalmente colpite sono:

    • La MUCOSA NASALE: le lesioni più frequenti sono erosioni ed ulcere sanguinanti che determinano epistassi (sanguinamento dal naso). Di solito si tratta di sanguinamenti che coinvolgono una sola narice, e bisogna prestare molta attenzione in quanto può essere il sintomo di una grave forma patologica a carico delle piastrine, chiamata trombocitopenia. Oppure il sanguinamento può essere dovuta ad una vasculite da immunocomplessi. In genere l’epistassi è stata riscontrata in cani che presentano ipergammaglobulinemia con conseguente aumento della viscosità sierica e diminuzione della risposta di aggregazione piastrinica al collagene. Oltre alle emorragie, la rinite può esprimersi anche tramite scolo muco-purulento.

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    • La MUCOSA ORALE: Anche sulla mucosa orale, soprattutto sull’orlo gengivale e sulla commessura labiale, si possono rinvenire delle piccole ulcere.

    • La MUCOSA CONGIUNTIVALE e le strutture oculari: molti dei soggetti con lesioni cutanee solitamente presentano anche una congiuntivite cronica o nodulare con raccolta di essudato muco – purulento nel sacco congiuntivale.
      Le palpebre spesso risultano ispessite ed edematose. Nei casi gravi si possono notare anche fenomeni di cheratite secca con opacamento corneale.
      La cheratite o la cheratocongiuntivite secca si presenta in circa il 3% dei cani infetti da leishmania, e si manifesta come flogosi cronica con vascolarizzazione superficiale ed edema corneale, il quale può presentarsi d’entità moderata oppure grave, tanto da impedire l’osservazione della camera anteriore dell’occhio. Se è interessata anche la ghiandola lacrimale, si deve pensare a fenomeni immunomediati più che alla presenza diretta del parassita. Le ghiandole lacrimali sono coinvolte da fenomeni infiammatori caratterizzati dall’infiltrazione granulomatosa o pio-granulomatosa, localizzata attorno al dotto lacrimale; ciò causa la ritenzione del secreto lacrimale. E’ anche molto frequente l’uveite anteriore di cui si conoscono due principali forme, una a carattere granulomatoso, che si presenta con la superficie iridea irregolare con piccoli granulomi da cui si può isolare il parassita; e un’altra, più comune e non granulomatosa, in cui l’iride si presenta semplicemente edematosa. In questo ultimo caso vi è anche la possibilità che si formino delle sinecchie (aderenze) posteriori nell’occhio, che sono spesso causa di glaucoma da blocco pupillare. L’ esame istologico evidenzia generalmente un infiltrato linfo-plasmocitario, associato ad una vasculite sistemica necrotica, che fa ipotizzare un problema di origine immunitaria. E’ stato osservato che la cheratouveite si manifesta il più delle volte in soggetti che hanno attraversato un ciclo di terapia non adeguato, e che sarebbe la manifestazione di una recidiva spesso associata a patologie da immunocomplessi in altri organi o di una forma cronica a lenta evoluzione. Nei casi particolarmente gravi si può arrivare al coinvolgimento di tutte le strutture oculari provocando una panoftalmite, ciò può avvenire per l’impossibilità da parte dei farmaci di raggiungere concentrazioni ottimali a livello di distretti oculari poco vascolarizzati. Rare sono le lesioni retiniche, come emorragie puntiformi sul fondo, fino al distacco retinico e conseguente cecità.

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  • Malattia valvolare mitralica ( 2° parte )

     

    malattia valvolare mitralica

    Continuiamo a parlare della malattia valvolare mitralica in particolare della diagnosi e dei sintomi.
    Una diagnosi ipotizzabile di malattia cronica degenerativa mitralica può essere posta semplicemente in base all’auscultazione cardiaca e al segnalamento. Infatti, la presenza sull’emitorace sinistro di un soffio più intenso a livello dell’apice cardiaco, in un cane anziano di piccola taglia, rappresenta l’elemento caratterizzante della presenza di insufficienza mitralica.
    Spesso i proprietari dei nostri pazienti lamentano la presenza di tose secca ed insistente o di “ svenimenti “ o di intolleranza all’esercizio. In questi casi la diagnosi necessita di altre metodiche di indagine come ad esempio l’esame ecocardiografico.
    La presenza di tosse è probabilmente il segno clinico più frequente riportato dai proprietari dei cani anziani di piccola taglia con insufficienza mitralica.
    La tosse è tipicamente una tosse secca, non produttiva. L’accesso di tosse si conclude con quello che la maggior parte dei proprietari descrive come un conato di vomito oppure come se volesse espellere qualcosa. La presenza di tosse in questi cani può tuttavia avere svariate cause e non indicare la presenza di edema polmonare.
    Le razze di piccola taglia sono predisposte a patologie primitive della via aerea quali collasso tracheale o bronchiale, o bronchite cronica e la tosse in questi soggetti può essere determinata principalmente da queste patologie.
    Infine non deve essere dimenticato che tra le diagnosi differenziali in un cane di età avanzata che tossisce deve anche essere considerata la presenza di neoplasia polmonare.
    Tutti i cani con soffio mitralico e tosse devono essere sottoposti ad esame radiografico del torace al fine di valutare la possibile presenza di patologie respiratorie concomitanti o di segni di edema polmonare.
    Nei cani con insufficienza mitralica, la dilatazione dell’atrio sinistro può causare compressione del bronco di sinistra e/o spostamento della trachea verso l’alto. La causa della tosse, in questo caso, è la continua stimolazione meccanica delle alte vie aeree.
    Sebbene la presenza di edema polmonare si possa manifestare talvolta con tosse, esso più comunemente è associato a ortopnea, dispnea, intolleranza all’esercizio, incapacità di dormire nella posizione abituale. Inoltre la tosse in questi soggetti è in genere lieve e non rumorosa. La radiografia del torace, anche in questo caso, ci guidano alla diagnosi e ci permettono di monitorare la risposta alla terapia e la progressione della patologia nel tempo.
    Continueremo nel prossimo articolo a parlare di sintomi e di diagnosi della malattia valvolare mitralica.

    Articolo a cura della Dott.ssa Daniela Ferrari, Clinica Veterinaria Borgarello

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  • Glaucoma (4°parte)

    Dopo aver affrontato il glaucoma primario nel cane, tratteremo in questo articolo il glaucoma secondario, ovvero quella forma di glaucoma che si manifesta a causa di altre problematiche oculari che interferiscono con la circolazione e il drenaggio dell’umor acqueo.

    La maggior parte dei cani con glaucoma secondario si presenta con un occhio dolente e con arrossamento o colorazione grigio-bluastra della cornea. Molti cani hanno un’anamnesi di precedente malattia oculare: le patologie più frequenti sono uveiti anteriori traumatiche, immunomediate o infettive. I casi con un’anamnesi acuta possono essere associati a lussazione della lente, che dovrebbe essere presa in considerazione in tutte le razze Terrier. Spesso la cataratta intumescente che si osserva spesso nei pazienti diabetici può scatenare un glaucoma secondario, spesso aggravato da un’uveite lente-indotta.

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    All’esame clinico generale il cane potrebbe essere leggermente depresso e avere una leggera piressia. La presentazione del glaucoma è monolaterale ma, se il paziente ha sofferto in precedenza di una uveite bilaterale, entrambi gli occhi possono sviluppare un glaucoma più o meno contemporaneamente. All’esame oftalmologico l’occhio interessato può apparire ingrossato. Questo è più comune nei casi di lunga durata o nei cani più giovani e nei cuccioli, nei quali il globo è in grado di distendersi più facilmente. E’ probabile che l’occhio sia arrossato con iperemia congiuntivale e congestione episclerale: può anche essere presente vascolarizzazione corneale periferica. Se non è presente la reazione di minaccia, l’occhio probabilmente è cieco, la pupilla appare dilatata e non risponde agli stimoli luminosi. In alternativa, la pupilla può avere una forma o dimensione anomala. La cornea non è normale: è probabile un certo edema corneale, vascolarizzazioni, ulcere o pigmentazioni. Un attento esame dell’iride è importante poiché nei cani anziani una neoplasia con una massa uveale è una comune causa di glaucoma secondario.

    La misurazione della pressione intraoculare è fondamentale in qualsiasi caso sospetto.

    E’ importante cercare di stabilire la causa sottostante che ha innescato il glaucoma secondario: per far ciò spesso è necessario ricorrere all’ecografia oculare perché la cornea spesso è opaca e non permette un esame intraoculare dettagliato.

    La gestione medica del glaucoma secondario è diretta al trattamento della causa sottostante così come della pressione intraoculare aumentata. Tuttavia, molti casi non rispondono alla terapia medica e molto spesso è richiesta l’enucleazione. In caso di pressioni intraoculari moderatamente aumentate associate a una uveite primaria si ricorre al trattamento medico con inibitori topici dell’anidrasi carbonica e con agenti antinfiammatori sia topici che sistemici, generalmente steroidi, ma qualche volta FANS. Non appena l’uveite si stabilizza, la pressione si abbasserà, purché non ci sia un eccessivo danno all’angolo di drenaggio. Sono importanti controlli frequenti e la terapia può essere necessaria a vita.

    A cura della Dott.ssa Valentina Declame

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  • Esami del sangue: il fegato

     

    fegato 

    Oggi ci occupiamo del fegato e dei parametri utilizzati per valutarne, mediante esami di laboratorio, il corretto funzionamento: transaminasi, fosfatasi alcalina e gamma glutamil transferasi.

    Il fegato è un organo multifunzionale con straordinarie capacità compensatorie e, talora, rigenerative: rappresenta un vero e proprio “crocevia” della maggior parte dei processi metabolici che avvengono nell’organismo. Tra i compiti fondamentali svolti dal fegato possiamo annoverare: la sintesi di molte proteine, la regolazione del metabolismo del glucosio e dei lipidi, la degradazione del gruppo EME, la produzione ed il metabolismo dell’acido biliare e , ancora, il metabolismo di molte sostanze estranee tra cui i farmaci.

    Esso è costituito da differenti tipi di cellule svolgenti i numerosi compiti richiesti a quest’organo, a cui si aggiunge una complicatissima rete di vasi sanguigni che lo mettono in comunicazione praticamente con tutti gli altri apparati: il tutto è organizzato in vere e proprie unità funzionali. Esiste una correlazione talmente stretta tra la struttura fisica del fegato e la sua funzione che qualsiasi danno derivante da patologie epatiche, ed anche extraepatiche, non causa soltanto alterazioni a livello di test di laboratorio ma anche nell’aspetto istopatologico dell’organo stesso ovvero nella sua morfologia.

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    Alla luce di quanto appena detto, coi test di laboratorio andiamo a vedere due tipi di enzimi epatici: quelli che indicano se c’è un problema di tipo “strutturale” ovvero le transaminasi e quelli che segnalano un “malfunzionamento” del fegato, la fosfatasi alcalina e la gamma glutamil transferasi.

    Ci sono due tipi di transaminasi: l’alanina transferasi (ALT o GPT) e l’aspartato amino transferasi (AST o GOT). L’ ALT deriva da un processo di deaminazione degli aminoacidi ed è presente prevalentemente all’interno del citoplasma degli epatociti: per questa ragione è un ottimo marker di integrità morfologica del fegato. Una qualsiasi alterazione della membrana di queste cellule conseguente a danno, attività rigenerativa, riparativa o disturbi metabolici, provoca un rilascio di GPT nel circolo sanguigno. L’entità dell’aumento di questo enzima è proporzionale al numero di epatociti colpiti. L’aspartato amino transferasi si trova abbondante anche in altri siti, oltre al fegato, quali il muscolo striato sia scheletrico che cardiaco. Un aumento di AST nel sangue, pertanto, può essere dovuto anche ad un danno a livello muscolare, ma se si ha un contemporaneo innalzamento dell’ALT, allora ci si indirizza verso il fegato. Il fatto che aumentino entrambe le transaminasi è segno di danno più grave a livello di struttura epatica: l’AST, infatti, si trova più “in profondità” rispetto all’ALT, nei mitocondri delle cellule, quindi per liberarla occorre un danneggiamento di maggiore entità.

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    La fosfatasi alcalina (ALP) e la gamma glutamil transferasi (GGT) sono due enzimi utilizzati per valutare la funzionalità epatica. L’ALP è sita a livello di membrana canalicolare, la GGT è associata alle cellule epiteliali costituenti il sistema di dotti biliari intrinseco al fegato. L’attività della fosfatasi è localizzata principalmente a livello epatico, nei tubuli renali, nell’intestino e nelle ossa. La frazione epatica tende ad aumentare nel sangue quando c’è alterazione del flusso biliare (malattie epatobiliari colestatiche) perché si ha ritenzione di bile che determina un aumento della permeabilità della membrana epatocitaria. Esistono anche farmaci che provocano, soprattutto nel cane, un rialzo di fosfatasi alcalina nel sangue quali i glucocorticoidi e gli anticonvulsivanti. Nel gatto l’ipertiroidismo determina spesso un aumento degli enzimi epatici nel sangue. La GGT è localizzata a livello di membrana in numerosi tessuti, comprese le cellule epiteliali epatiche. Il suo rialzo nel sangue avviene in condizioni analoghe a quelle dell’ALP (malattie colestatiche e farmaci). Di solito, però, l’aumento della sua attività è comunque minore rispetto a quello della fosfatasi alcalina e decisamente più lento; quando si rilevano elevati livelli di entrambi, si può sospettare un danno funzionale maggiore e, probabilmente, una patologia cronica.

    Nel prossimo articolo sugli esami biochimici, affronteremo il discorso sulla rilevazione del glucosio nel sangue. Continuate a seguirci sul tgvet.

    Articolo a cura della Dr.ssa Martina Chiapasco

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  • Leishmaniosi canina: lesioni a carico della cute

    Uno dei primi segni osservabili è una moderata rarefazione del pelo che può talvolta interessare tutta la superficie corporea, anche se solitamente interessa in particolare la testa. Sono colpiti soprattutto: i padiglioni auricolari; le zone intorno agli occhi; il dorso del naso; il collo; la punta dei gomiti, dei garretti e delle natiche; la base e la punta della coda; gli arti, soprattutto a livello di prominenze ossee.

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    Con il progredire della malattia le zone colpite divengono più estese e, dalla semplice rarefazione, si può passare all’alopecia. La pelle si presenta poco elastica, grigia, secca, a volte ispessita e ricoperta da squame biancastre, caratteristiche della dermatite furfuracea. Le lesioni cutanee generalmente non sono pruriginose.  Le aree alopeciche possono presentare delle zone squamo-crostose, che possono poi evolvere a erosioni, inizialmente superficiali fino a provocare delle vere e proprie ulcere; spesso infiltrate di essudato siero-purulento. La dermatosi ulcerativa può localizzarsi sulle zampe, in corrispondenza delle prominenze ossee, sui cuscinetti plantari e sul tartufo.

    Altra lesione caratteristica e presente nella maggior parte dei casi, è la crescita abnorme delle unghie chiamata onicogrifosi, che assumono quasi la forma di artigli, dovuta alla reazione proliferativa della matrice ungueale. All’esame della cute è possibile osservare anche la presenza di noduli od ispessimenti non ulcerati e non dolenti di vario diametro da 1 cm fino a 10 cm.

    L’ immunodepressione causata dalla Leishmaniosi può favorire il sovrapporsi di quadri di rogna demodettica, anche in cani adulti.

    L’onicogrifosi, le scarse condizioni generali e la caratteristica alopecia intorno a entrambi gli occhi, fanno assumere all’animale il tipico aspetto di cane anziano.

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  • Diagnosi di gravidanza nella cagna e nella gatta (I)

    Come valutare se un accoppiamento sia andato a buon fine e che la femmina sia effettivamente gravida?
    Per diagnosticare una gravidanza esistono una serie di ausili che possiamo utilizzare a partire dal 19° giorno di un ipotetico concepimento. Questi ausili comprendono: modificazioni comportamentali, modificazioni fisiche, la palpazione addominale, il dosaggio ematico (nel sangue) di alcune sostanze, l’ecografia e la radiografia.
    MODIFICAZIONI COMPORTAMENTALI: la cagna può sembrare più calma e meno attiva del solito, ma questo parametro non è affidabile poichè si riscontra anche in corso di gravidanza isterica (o pseudogravidanza).
    MODIFICAZIONI FISICHE: dal 25-30° giorno post-accoppiamento si verificano delle perdite vaginali mucose abbastanza caratteristiche; i capezzoli e le mammelle sono più sviluppati ma attenzione poiché anche in corso di pseudogravidanza si verifica tale fenomeno; alla 3-4° settimana di gravidanza può verificarsi una diminuzione dell’appetito; infine l’aumento di peso e delle dimensioni dell’addome sono proporzionali al numero di feti e alla taglia dell’animale.

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    PALPAZIONE ADDOMINALE: tra il 24-35° giorno post-ovulazione si riescono a palpare le vescicole embrionali poiché sono ben divise tra loro. Dopo questo periodo non sono più palpabili poiché confluiscono in un cordone unico. Dopo il 45° giorno quando le strutture ossee crescono si percepiscono i feti manualmente. E’ utile completare la palpazione addominale con l’auscultazione del battito fetale a fine gestazione ponendo il fonendoscopio a livello ombelicale.
    ESAMI DEL SANGUE: il rilevamento di alcune sostanze nel sangue possono essere d’aiuto nella diagnosi di gravidanza.
    Per esempio la relaxina, detta anche “ormone specifico della gravidanza”, viene prodotta solo ed esclusivamente dalla placenta a partire dalla 3° settimana post-concepimento. In realtà non è un indicatore assoluto poiché questa sostanza si rinviene anche nei casi di riassorbimento embrionale.
    Il progesterone non è un indicatore di gravidanza poiché il suo aumento post-accoppiamento si verifica sia nel diestro non gravidico che nella pseudogravidanza.

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    Anche la prolattina non varia significativamente nella gravidanza rispetto ad una situazione patologica di pseudogravidanza.
    Infine esiste una sostanza che si trova normalmente nel circolo ma durante la gestazione raggiunge valori significativamente più elevati: il fibrinogeno. Questo è prodotto dal fegato materno secondo stimoli placentali e stimoli chimici indotti dalla produzione di prostaglandine e interleuchina 2. Valori elevati di fibrinogeno dopo il 28° giorno di gravidanza sembrano avere un’attendibilità del 100% per quanto riguarda la diagnosi di gravidanza nella cagna.
    La valutazione del fibrinogeno risulta molto utile quando si ha a che fare con soggetti che partecipano ad esposizioni di bellezza e per i quali si vorrebbe evitare la tricotomia dell’addome necessaria per l’esecuzione dell’ecografia.
    Nel prossimo articolo tratteremo della diagnosi di gravidanza tramite l’ecografia e la radiografia, metodi infallibili.

    A cura della dott.ssa Katiuscia Camboni della Clinica Veterinaria Borgarello

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  • Malattia valvolare mitralica

    CAVALIER KING

    In questo articolo inizieremo a parlare della malattia valvolare mitralica, in particolare la sua prevalenza e fisiopatologia.
    La malattia degenerativa valvolare mitralica è la malattia cardiaca acquisita più frequente nel cane ( 75-80% dei soggetti cardiopatici ). E’ caratterizzata da una progressiva degenerazione mixoide dei lembi valvolari e delle corde tendinee dell’apparato mitralico che determina un ispessimento dei lembi associato ad insufficienza valvolare. Colpisce prevalentemente soggetti di piccola o media taglia ( di solito al di sotto dei 20 Kg ) e al di sopra degli 8 anni di età.
    Il processo degenerativo interessa per la maggior parte la valvola mitrale, ma anche la valvola tricuspide o entrambe.
    E’ importante sottolineare che dal momento della diagnosi possono trascorrere molti anni prima che la malattia esiti in scompenso cardiaco nel corso della vita.
    La malattia degenerativa cronica mitralica appare con maggiore frequenza in certe razze, come il Bassotto o il Cavalier King Charles Spaniel, e questo dato suggerisce che essa sia geneticamente determinata, tuttavia, l’esatta eziologia è ad oggi sconosciuta e probabilmente si tratta di una patologia con ereditarietà a carattere poligenetico.
    Nell’insufficienza mitralica vengono colpiti l’atrio sinistro e il ventricolo sinistro.

    MALATTIA VALVOLARE MITRALICA
    Possiamo pertanto suddividere l’evoluzione della malattia in tre fasi:

    • Prima fase o fase iniziale, in cui si osserva il rigurgito senza sostanziali variazioni volumetriche e pressorie.

    • Seconda fase, dove compaiono la dilatazione atriale sinistra e il sovraccarico volumetrico del ventricolo sinistro. La capacità contrattile del miocardio è conservata.
      La progressione della malattia si assiste ad un lento e graduale aumento della pressione atriale sinistra, un aumento del volume ematico polmonare, ed un conseguente incremento della pressione venosa polmonare.

    • Nella terza fase la comparsa della disfunzione sistolica, con ulteriore peggioramento della funzione diastolica, rappresenta un ulteriore peggioramento della malattia valvolare mitralica.

    Nel prossimo articolo continueremo ad approfondire la malattia valvolare mitralica, in particolare la diagnosi e la terapia.

    Articolo a cura della Dott.ssa Daniela Ferrari, Clinica Veterinaria Borgarello

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  • Le anomalie ciliari

    In questo articolo affronteremo le anomalie ciliari, molto comuni nel cane, mentre si riscontrano raramente nel gatto. In particolare parleremo di distichiasi, ciglio ectopico e trichiasi.

    Distichiasi

    Con il termine distichiasi s’intende la presenza di ciglia che si sviluppano nelle ghiandole di Meibomio (ghiandole presenti sul margine palpebrale). In alcuni casi, le ciglia sono morbide e galleggiano sul film lacrimale senza causare danno, ma frequentemente la loro presenza si traduce in un cronico stimolo irritativo, con conseguente comparsa di muco, epifora, blefarospasmo, cheratiti superficiali e ulcerative. In alcune razze (ad esempio cocker americano e inglese, bassotto, pechinese, boxer e bulldog inglese) vi è spiccata predisposizione alla distichiasi ed i segni clinici possono comparire precocemente a 4-6 mesi. Nel caso in cui le ciglia procurino disturbi clinici, si procede alla rimozione con diverse tecniche: crioterapia, elettrolisi o rimozione di parte della placca congiuntivale tarsale.

    Ciglio ectopico

    Si tratta di una o più unità follicolari che originano nelle ghiandole di Meibomio e sboccano nella parte centrale della palpebra superiore, a 3- 5 mm dalla rima palpebrale. Possono determinare intenso dolore e lesioni corneali a carattere ulcerativo. La rimozione chirurgica è semplice, ma richiede una buona fonte d’ingrandimento. Anche la criochirurgia si dimostra efficace. Per questa patologia non sembra esistere una predisposizione di razza.

    Trichiasi

    Questo termine indica la presenza di peli troppo lunghi del distretto cutaneo palpebrale o delle pliche nasali, che toccando la cornea causano sintomi di fastidio protratto, con epifora, blefarospasmo, cheratite, ecc. La trichiasi della palpebra superiore come quella della zona nasale nei cani brachicefali, può avere una risoluzione chirurgica, consigliata soprattutto nelle forma più gravi.

                                       anomalie ciliari

    A cura della Dott.ssa Valentina Declame

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  • Esami del sangue: urea e creatinina

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    Oggi affrontiamo un nuovo capitolo riguardante gli esami biochimici: parleremo di urea e creatinina ovvero dei parametri di funzionalità renale.

    I reni rappresentano, per dirla in maniera molto semplificata, gli organi deputati alla “raccolta differenziata” dell’organismo. A livello renale infatti, attraverso processi complessi, si ha l’eliminazione mediante urina delle sostanze di “scarto” del metabolismo (cataboliti) nonché il riassorbimento di quelle “riutilizzabili” (insulina, ormone della crescita, glucosio, elettroliti). Se questo non avviene in maniera corretta il risultato è una vera e propria “autointossicazione” dell’organismo che, nei casi più gravi, può portare a morte. Oltre a questa funzione “depurativa”, i reni giocano un ruolo importante nel regolare il volume dei fluidi circolanti e nella modulazione della pressione sanguigna. Infine a livello renale viene prodotta la cosiddetta eritropoietina, sostanza fondamentale per la produzione dei globuli rossi.

    L’ urea e la creatinina, abbiamo già detto, rappresentano i parametri mediante cui si può valutare la funzionalità renale; viste le fondamentali funzioni svolte dai reni, capiamo bene perché questi due “marker” rientrino praticamente in ogni esame biochimico, da quelli di base (ad esempio in corso di check up o controlli pre-operatori) a pannelli più complessi, sfruttati per diagnosticare la maggior parte delle patologie.

    rene.

    L’ urea viene formata nel fegato a partire dall’ammoniaca in processi che rientrano nel metabolismo delle proteine pertanto la dieta influenza la sua quantità nell’organismo. Dal fegato, attraverso il circolo sanguigno, la maggior parte è liberamente filtrata ed eliminata dai reni. Qui il passaggio dal sangue ai tubuli ovvero nell’urina avviene in maniera passiva e bidirezionale: se aumenta il flusso d’urina, diminuisce la concentrazione di urea nel sangue.

    L’aumento di urea a livello di circolo ematico viene definito azotemia ed è ciò che si va ad indagare con gli esami biochimici. Tale condizione, infatti, è associata a numerose patologie, da cui la schematica suddivisione in azotemia: pre-renale, renale e post-renale. Nel primo caso la causa è imputabile a malattie che determinano una diminuzione del flusso ematico a livello dei tubuli renali, quindi una minore eliminazione di urea. L’azotemia renale, invece, è legata a problemi di funzionalità intrinseca ai reni stessi; quella post-renale, infine, è solitamente causata da problemi ostruttivi a livello del tratto urinario.

    glomerulo.

    La creatinina viene formata per la maggior parte a livello del fegato e trasportata al muscolo scheletrico dove diviene fosfocreatinina: rappresenta, infatti, la principale riserva energetica ad alto contenuto di fosfato nell’ambito del metabolismo muscolare. Essa diffonde nel sangue ad un tasso relativamente costante in proporzione alla massa muscolare e viene liberamente filtrata dai glomeruli renali. Il suo aumento nel circolo ematico, analogamente a quello dell’urea, è generalmente causato da patologie che alterano la filtrazione a livello glomerulare (pre-renali), da gravi patologie renali (renale) o da fenomeni ostruttivi che ostacolano l’emissione dell’urina (post-renale). La sua concentrazione non viene invece influenzata dalla velocità del flusso urinario né dai numerosi fattori metabolici che influenzano l’azotemia. Le indicazione sul suo utilizzo sono comunque analoghe a quelle dell’urea.

    Nel prossimo articolo parleremo dei marker di funzionalità epatica. Continuate a seguirci sul tgvet.

    Articolo a cura della Dr.ssa Martina Chiapasco, Clinica Veterinaria Borgarello

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  • Leishmaniosi canina: sintomi generali

    Quando il cane si infetta con la Leishmania non sempre i sintomi si manifestano immediatamente dopo il contagio, tuttavia quando la malattia si manifesta avviene quasi esclusivamente nella forma generalizzata, detta anche «viscero-cutanea». Le forme ad esclusiva localizzazione cutanea sono rarissime ed anche in questi casi è stato possibile rinvenire i parassiti negli organi interni.

    sintomi leishmaniosi cane

    Risultano più colpiti i cani adulti, senza alcuna differenza di sesso, razza o lunghezza del pelo, in particolare quelli che vivono all’aperto.
    Il decorso è generalmente subacuto o cronico, solo in pochi casi casi, infatti, è possibile osservare una fase acuta con la comparsa di febbre. E’ comunque frequente che possano esserci forme croniche che si acutizzano improvvisamente.

    Nella forma tipica cronica il quadro sintomatologico risulta abbastanza complesso ed oltremodo vario.
    Dopo il periodo d’incubazione l’infezione oltre che manifestarsi con diversi segni segni clinici, anche gravi, può decorrere, anche in forma asintomatica, cioè in modo silente o quasi inapparente.
    Comunque bisogna tenere presente che non sempre ad un quadro clinico grave e conclamato corrisponde una parassitosi altrettanto grave, così come ad un quadro silente può corrispondere una grave parassitosi.

    I segni della malattia, inizialmente possono essere estremamente generali, per poi divenire più gravi, caratterizzati soprattutto da manifestazioni cutanee e a carico delle mucose.
    Solitamente si manifesta un progressivo dimagrimento, una diminuzione dell’ appetito, accompagnati a lesioni cutanee per lo più di tipo furfuraceo.
    In alcuni casi può essere segnalata epistassi così come poliuria e polidipsia, queste ultime indicative di un coinvolgimento renale.

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