BOLZANO. Si dice che nella comunicazione con i cani sia importante la coerenza del linguaggio. Noi umani, che abbiamo in uso esprimerci con un linguaggio verbale, dobbiamo quindi prestare attenzione all’uso di termini che si ripetano uguali, evitando i sinonimi che adoperiamo disinvoltamente nella nostra lingua. Lo sforzo che dobbiamo fare diventa perciò quello di ripetere la parola che abbiamo scelto, evitando di usarne altre al fine di esprimere lo stesso concetto. Ad esempio, se per chiedere ad un cane di sedersi abbiamo scelto la parola “seduto”, eviteremo di dire “seduto” in un caso, “cuccia” in un altro ed in un altro ancora “mettiti giù”. Per fare questo, dobbiamo sforzarci di usare una certa attenzione, ma ciò evita di complicare ulteriormente il difficile compito che hanno i cani nel tentare di comprenderci. Fare attenzione a questo è già una forma di coerenza del linguaggio, ma ci sono degli aspetti che fatichiamo a considerare e che determinano ai loro occhi una nostra evidente incoerenza. Un aspetto ricorrente e di difficile comprensione da parte dei cani è la valutazione del problema e la quantificazione del danno. Per un cane sgranocchiare un legnetto, un manico di scopa o la gamba di legno di un tavolo del ‘700 non fa alcuna differenza. Rotolarsi nell’erba o su di una carogna in decomposizione, sono per lui due azioni in ugual modo “moralmente” ineccepibili.Ma le nostre reazioni istintive alle loro azioni sono molto diverse se non addirittura opposte, poiché non riusciamo a prescindere dalla valutazione del problema. Chi rideva divertito, osservando il cucciolo mentre rosicchiava il manico di scopa, rischia di venire travolto da un istinto “canicida”, allorché scopre il danno che riguarda il tavolo del ‘700.Ora, se noi vogliamo costruire dei segnali efficaci, che ci permettano di gestire ed anche di proteggere i nostri cani, dobbiamo riuscire a staccarci da questa logica che appartiene a noi, ma non a loro, e quindi l’importanza di un messaggio non può variare in relazione alla quantificazione del problema, ma deve avere una coerenza insita nel messaggio stesso.Perciò, se diciamo ad un cane di interrompere o di non intraprendere un azione, non possiamo relativizzare il fatto che non ci dia retta, solo perché in quel contesto non può succedere nulla di grave. Questo abituerà il cane a non dare importanza alle nostre indicazioni, anche quando per noi sarebbe importante avere in esse una buona efficacia. D’altronde, perché dovrebbero darci retta se il più delle volte buttiamo lì delle indicazioni che non perseguiamo, perché in fondo, in quel momento, non è così fondamentaleavere una completa ed immediata risposta?Il risultato di questo linguaggio, percepito dai cani come incoerente, sarà un abbassamento del loro interesse nei confronti di esso con conseguente scarso valore dello stesso anche nei momenti di effettivo bisogno e di reale importanza.
Per farci capire dai cani serve un linguaggio coerente – Alto Adige
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