// 14 marzo 2017 // 0 Commenti
Negli ultimi anni si sono registrati di sovente casi in cui cani e gatti sono diventati ereditieri, citati nel testamento hanno ottenuto cifre astronomiche in denaro e proprietà milionarie, con lo sdegno di molti, ma del resto alcuni padroni nel proprio testamento avevano espresso la volontà di lasciare i propri averi agli animali domestici, poiché questi ultimi si erano dimostrati amici fedeli, più degli umani.
Un caso su tutti è quello di Tommasino, un gatto trovatello, che alla morte della padrona 94enne è divenuto proprietario di una villa all’Olgiata, di due appartamenti a Roma e Milano, di diversi conti correnti bancari e di alcuni terreni in Calabria per un valore stimato complessivamente nell’ordine dei 10 milioni, proprio perché era diventato operativo un testamento registrato nel 2009.
Occorre però comprendere se vi siano i presupposti legali per legittimare tale asse ereditario, ebbene la legislazione italiana non consente di lasciare direttamente i propri beni per disposizione testamentaria ad un animale. Infatti la nostra legge qualifica gli animali come “res mobilia”, ossia beni mobili alla stregua di un quadro o di un televisore e, pertanto, non è possibile nominarli eredi diretti, ma si può nominare un erede diretto o istituire un legato (persona fisica o giuridica) che si occupi di amministrare le somme al solo fine di assicurare il benessere dell’animale. Con queste condizioni l’erede legittimo ed il beneficiario del testamento è il proprio animale domestico. Si può poi nominare l’esecutore testamentario, il quale si occuperà di controllare e vigilare sulla corretta attuazione delle disposizioni testamentarie.
In questo modo ognuno può assicurarsi che beneficino dei propri beni coloro ai quali ha voluto bene in vita.
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