Non bastavano le nuotate a Fontana di Trevi — chi a rana, chi emulo di Anita Ekberg — con relativa polemica sui monumenti assediati dai barbari. Mentre si discute di come proteggere la grande bellezza (recinzioni, numero chiuso, passerelle lampo, più vigili a sorvegliare i capolavori), Villa Pamphilj è diventata una succursale del Bau village: «I padroni dei cani — racconta Paolo Arca, presidente dell’associazione per la tutela dell’area verde ricca di testimonianze storico-artistiche — pensano di poter utilizzare le fontane storiche e il laghetto come piscine per i propri animali».

L’ultimo episodio è di quattro giorni fa: le immagini pubblicate sui social mostrano una comitiva, tre adulti e una bambina, che osservano i tre labrador color champagne sguazzare indisturbati nel laghetto. «Quando li abbiamo redarguiti — ricorda Arca — hanno obiettato che il divieto non sta scritto da nessuna parte. Ma il fatto che non sia specificato non vuol dire che sia consentito… Se fosse questo il principio, allora facciamoci pure lo sci nautico…». Nel parco di 184 ettari, nato come tenuta nobiliare di campagna, i quadrupedi si immergono anche nella Fontana della lumaca del Bernini, in quella del Giglio, a firma degli scultori barocchi Alessandro Algardi e Giovan Francesco Grimaldi, e in quella del Putto, realizzata a metà dell’Ottocento da Andrea Busiri Vici. «Hai voglia a insistere che non c’è niente di male — replica il portavoce dell’associazione per Villa Pamphilj — : dopo giorni, sul fondo si vedono ancora le impronte delle zampe». Il conflitto tra padroni dei cani e non riguarda anche l’utilizzo delle fontanelle: «Non è igienico che gli animali lecchino la cannella — protesta Arca — perciò abbiamo chiesto che siano ripristinate le conchette. I Pamphilj, lungimiranti, le avevano previste ma nel tempo sono state depredate: ne è rimasto giusto un paio sui travertini con le teste di lupo».

Altro motivo di scontro è il guinzaglio: «Se ti azzardi a far notare che gli amici a quattro zampe non possono essere lasciati liberi, per poco non vieni sbranato. E se giocando, in uno slancio di corsa, il cane travolgesse un anziano?». Ai comportamenti incivili si somma il degrado: sono una settantina, secondo i frequentatori abituali della villa, i senza fissa dimora accampati sotto il ponte Artemisia Gentileschi, dentro il Casale rosso e nelle serre ottocentesche. «È intollerabile che si lascino vivere le persone in queste condizioni — Arca pensa al rogo del camper nel quale sono rimaste uccise tre sorelle rom — . Aspettiamo che facciano una brutta fine? Che ci scappi il morto?».

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