I gatti randagi triestini si stanno dotando di una sorta di “carta di identità”. Il Comune infatti, adeguandosi alla legge regionale 20 del 2012, sta provvedendo a dotare tutti mici liberi, di proprietà dell’amministrazione, di microchip. Nel dispositivo verranno inseriti un codice identificativo e dati quali la data di sterilizzazione del gatto, la presunta età, la colonia di appartenenza, la gattara di riferimento.«L’inserimento del dispositivo – spiega la responsabile amministrativa dell’Ufficio zoofilo del Comune di Trieste, Daniela Arzon – avviene in concomitanza con la sterilizzazione delle gatte, l’orchiectomia dei gatti maschi o quando il felino viene catturato per essere sottoposto a cure». Così facendo, di anno in anno tutti i mici a zonzo in città e che gravitano attorno alle oltre 600 colonie feline censite, verranno muniti di apposito “documento di identificazione” e registrarti all’Anagrafe felina istituita dallo scorso febbraio dall’Ufficio zoofilo. Allo stesso registro dell’Anagrafe felina comunale possono venire iscritti – ma non è obbligatorio – anche i gatti dei privati cittadini.Oltre all’Azienda sanitaria, ad applicare il microchip ai mici randagi sono tutti gli ambulatori veterinari che si sono convenzionati, inclusi quelli di realtà come Il Gattile e l’Enpa che accolgono gatti in difficoltà. Il Comune corrisponde ai convenzionati 60,48 euro per ogni intervento di sterilizzazione, di ovariectomia, su gatto femmina e 32,37 euro per ogni intervento di orchiectomia su gatto maschio. A questi importi ora aggiunge 1,50 euro per l’inoculazione del microchip e la registrazione dell’animale all’Anagrafe felina di ogni micio. Peccato che ai singoli ambulatori veterinari il microchip costi 4 euro più iva ciascuno. Solo l’Azienda sanitaria, acquistandone quantitativi maggiori, riesce a strappare prezzi inferiori.Dotare di microchip i gatti randagi, per legge di proprietà del Comune, permetterà di avere una fotografia più dettagliata e aggiornata della situazione dei felini in città. Da che mondo è mondo chiunque trovi un gatto per strada può decidere di accoglierlo in casa. Ma attenzione, ora qualcosa cambia. Sarà necessario portare il gatto da un veterinario, far controllare se al micio è già stato applicato il microchip e procedere alla variazione dei dati all’Anagrafe felina denunciando che ora il gatto diventa di un privato cittadino. Va premesso che per inserire ma pure per leggere il microchip ad un gatto randagio serve un minimo di sedazione.Critico sulla legge che prevede la dotazione dei gatti di microchip, il “papà” dei randagi triestini, Giorgio Cociani, anima del Il Gattile. «Il microchip – osserva – serve per individuare un animale, stabilirne l’eventuale appartenenza, oppure per scopi scientifici. La vita del gatto libero non rientra in questi casi, anche se il suo status giuridico lo assegna al Comune dove vive. E quando il territorio del gatto è sotto giurisdizione di due comuni limitrofi? E se il gatto si sposta da un Comune all’altro? Viviamoin un paese soffocato dalla burocrazia, – conclude Cociani -, ce ne lamentiamo quotidianamente, mancano le risorse anche per l’indispensabile, è utile istituire un’onerosa banca dati per la lettura del microchip dei gatti randagi? Ci sono ben altre priorità».©RIPRODUZIONE RISERVATA
Una “carta d’identità” per i gatti randagi – Il Piccolo
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