Gli esseri umani potrebbero aver avuto gatti come animali domestici per 9.500 anni. Nel 2004 gli archeologi di Cipro hanno trovato uno scheletro completo di gatto sepolto in un villaggio dell’età della pietra. Dato che Cipro non ha animali selvatici nativi, l’animale (o forse i suoi antenati) deve essere stato portato sull’isola dagli esseri umani, tutti quei millenni fa.

Eppure, nonostante la nostra lunga storia di accudimento di gatti e la loro popolarità di oggi, i felini non sono gli animali più semplici da addomesticare (come potrebbero confermare tutti coloro che hanno sperimentato la freddezza snob di un gatto). Ci sono inoltre poche tracce archeologiche per mostrare in che modo i gatti sono diventati nostri amici e si sono diffusi in tutto il mondo.

Ora un nuovo studio sul DNA pubblicato su Nature ha suggerito come i gatti possano aver seguito lo sviluppo della civiltà occidentale lungo percorsi commerciali di terra e mare. Questo processo è stato poi aiutato da un tentativo di allevamento più concertato nel XVIII secolo, che ha portato alla creazione dell’amatissimo gatto domestico a pelo corto, oggi conosciuto come “soriano“.

Mentre l’origine del gatto addomesticato è ancora un mistero, sembra probabile che il processo che lo ha portato a diventare animale domestico sia durato molto tempo. Sembra che, dato che i gatti sono così indipendenti, territoriali e, a volte, asociali, non siano stati così facili da addomesticare quanto lo è stato il lupo, animale cooperativo e orientato a seguire il branco. È probabile che i gatti abbiano vissuto a contatto con gli esseri umani per molti secoli prima di soccombere al richiamo del fuoco e del cuscino, e ad entrare in casa sfuggendo al freddo per diventare dei veri compagni per gli esseri umani.

Il gatto trovato a Cipro corrisponde al periodo neolitico tra il 10.000 a.C. e il 4.000 a.C. e alla rivoluzione agricola, quando le persone stavano cominciando a stabilirsi e a diventare agricoltori anziché continuare a vivere l’esistenza da nomadi cacciatori-raccoglitori che gli esseri umani avevano seguito per i 200.000 anni precedenti o giù di lì.

Un precedente studio basato sul DNA di altri resti antichi conferma che i gatti domestici sono emersi in quello che gli archeologi chiamano il Vicino Oriente, la terra all’estremità orientale del Mediterraneo dove sono sbocciate alcune delle prime civiltà umane. Naturalmente, l’agricoltura ha i suoi problemi, tra cui infestazioni di ratti e topi, quindi non sorprende che sia in questo momento che vediamo il primo caso di gatto sepolto in una tomba umana. Non è difficile immaginare che i primi agricoltori  abbiano forse incoraggiato i gatti a rimanere nei paraggi aiutandoli con il cibo durante i momenti magri dell’anno e consentendo loro di entrare nelle loro case.

Le lacune nei dati archeologici significano che, dopo il reperto di Cipro, i resti che dimostrano l’esistenza dei gatti domestici non appaiono per migliaia di anni. Altre tombe di gatto cominciano ad apparire tra i ritrovamenti egiziani antichi (anche se ci sono anche prove per i gatti addomesticati nell’età della pietra in Cina). Ma è stato in Egitto che i gatti sono davvero riusciti a mettere le loro zampe pelose sotto il tavolo e a diventare non solo parte della famiglia ma oggetti di adorazione religiosa.

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Per monitorare la diffusione del gatto domestico, gli autori del nuovo studio, pubblicato su Nature Ecology and Evolution, hanno esaminato il DNA prelevato da ossa e denti di resti di antichi gatti. Hanno anche studiato campioni di pelle e pelo di gatti egiziani mummificati (e voi credevate che svuotare la lettiera fosse già abbastanza brutto).

Hanno scoperto che tutti i gatti moderni hanno antenati tra i gatti del Vicino Oriente e dell’Egitto, anche se i contributi di questi due gruppi al pool genetico dei gatti di oggi sono probabilmente arrivati in tempi diversi. Da lì, l’analisi del DNA suggerisce che i gatti domestici si siano diffusi in un periodo di circa 1.300 anni fino al V secolo d.C., con resti trovati in Bulgaria, Turchia e Giordania.

Nei successivi 800 anni, i gatti domestici si diffusero ulteriormente nell’Europa settentrionale.

Ma non è stato prima del 18esimo secolo che il tradizionale manto tigrato del gatto selvatico ha cominciato a cambiare in numero notevole di esemplari, passando al manto chiazzato che vediamo in molti soriani moderni. Ciò suggerisce che, a quel tempo, iniziarono seri tentativi di allevare i gatti per determinarne l’aspetto: forse l’origine dei moderni concorsi felini.

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Un’altra scoperta interessante è che i gatti domestici fin dai primi tempi, quando sono stati portati dagli esseri umani in nuove parti del mondo, si sono immediatamente accoppiati con i gatti selvatici locali e hanno così diffuso i loro geni nella popolazione. E, nel processo, hanno permanentemente cambiato il patrimonio genetico dei gatti nella zona.

Ciò è particolarmente importante per i tentativi di oggi di proteggere il gatto selvatico europeo in pericolo, perché i conservazionisti spesso pensano che l’accoppiamento con i gatti domestici sia una delle più grandi minacce alla specie. Se questo è avvenuto in tutto il mondo antico per gli ultimi 9.000 anni, forse è giunto il momento di smettere di preoccuparsi se le razze selvatiche si riproducono con mici locali. Questo studio suggerisce che probabilmente nessuna delle specie esistenti di gatti selvatici è pura. Infatti, proprio la capacità dei gatti di creare ibridi li ha aiutati a conquistare il mondo.

* Ricercatore in Biologia, Keele University

Questo articolo è tradotto da The ConversationPer leggerlo in lingua originale vai qui

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