Eh i gatti… Scriveva Francesco Petrarca: “L’umanità si può suddividere grossomodo in due categorie: coloro che amano i gatti e coloro che vengono puniti dalla vita…”.

Qui dove ancora risiedo a Capranica, passò alcuni giorni Petrarca: io ci sto da 15 anni e sono almeno dieci anni che vivo storie di gatti…Proprio stamattina passeggiando nei Giardino di Palazzo Accoramboni, sotto al municipio di Capranica, pensavo a quella manciata di secoli, alle foreste che circondavano il paese piuttosto che i noccioleti e alle mattinate assolate del borgo medievale sulla Via Francigena e… ai gatti che sicuramente ci saranno stati. Tornando a casa non so come e perché mi sono imbattuta in una storia non verosimile bensì vera e documentata.

Tra il 4 giugno e l’11 luglio 1374, Francesco Petrarca scrive all’amico Giovanni Boccaccio una lettera, confidando i suoi amori, le ultime volontà e proprio pochi giorni prima di morire. Qui di seguito riporto quanto appreso in rete dei suoi ultimi pensieri, dedicati peraltro alla dolce gatta a 3 colori, detta anche gatto calico.

Il gatto calico non può essere allevato e conosciuto fin dai tempi degli antichi egizi, porta fortuna perché non è il risultato di anni di esperimenti, ma di accoppiamenti del tutto casuali: “La loro nascita di femmine a 3 colori non si può prevedere.”

Le gatte calico sono femmine, solamente 1 su 3.000 potrebbe nascere di sesso maschile e quando si verifica questa rara evenienza, il maschio nasce quasi sempre sterile: soltanto 1 gatto calico maschio su 10.000, infatti, nasce fertile”.

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Torniamo alla lettera, che trascrivo quasi integralmente:

“Laura, l’amore della mia vita, della cui bellezza non hai mai potuto godere, e che la peste mi ha portato via già da un’eternità ad Avignone, ancora adesso dopo molto tempo dalla sua morte è la regina incontrastata del mio cuore. Eppure un giorno, ormai quasi due estati fa, una gatta è entrata a far parte della mia vita insidiandone il primato. Da allora, questi due esseri si contendono lo scettro del mio cuore combattendo una lunga lotta travagliata, che ancora non ha un vincitore, sul campo di battaglia dei miei pensieri e sentimenti… La gatta è spuntata d’un tratto davanti al mio scrittoio, non so come possa essere entrata in casa. I suoi occhi di colore diverso mi scrutavano e, quando ha capito che non ero un pericolo per lei, si è avvicinata, strusciandosi e annusando qua e là una gamba della sedia, una porta di armadio o una pila di libri tastando cautamente con la zampa, e dopo aver perlustrato il mio scrittoio se ne è impadronita. Alla fine si è sdraiata in un punto illuminato dal sole, ha allungato le zampe e ha aperto le fauci per emettere un prolungato miagolio stridente che è terminato in un sospiro talmente soddisfatto che io, disarmato e vinto dai suoi modi educati, sono andato alla porta, ho chiamato il servitore con voce sommessa e gli ho ordinato di portarmi subito del latte e formaggio. La gatta ha mangiato tutto facendo intense fusa rumorose e, dopo che io le ho accarezzato un po’ il suo mantello di seta e le ho fatto dei grattini alla testa, è saltata su un cuscino e vi si è acciambellata. Da allora mi delizia della sua presenza, mi segue spesso durante le mie passeggiate in giardino e, quando scrivo o detto, mi guarda ammirata con i suoi occhi impenetrabili, eppure comprensiva come un essere estraneo che attende paziente a un compito che gli appare senza senso.

Sembra che la gatta non sia nata per lavorare. Dopo essersi riposata e lavata, e dopo aver mangiato esce in giardino per godere della natura in mezzo al prato e tra i cespugli a caccia di raggi del sole, farfalle, topi. Ma quello che fa non diventa mai un lavoro. Fa quello che le piace fare e si muove con una grazia che non ha eguali in natura. Talvolta i suoi movimenti sono talmente lenti che cessano di essere movimenti.

Perché questi mascalzoni chiamano ladra la gatta, anche se lei sottrae alla natura solo quello che le serve per vivere. La gatta non sa cosa sia la diplomazia o la repressione, ma sa bene cosa sia la libertà che per lei sta sopra ogni cosa. La mia gatta a tre colori combatte ogni giorno con gli artigli e con i denti per la sua libertà, se gatti estranei si azzardano a entrare nel mio giardino o persino nella mia casa. Ma la qualità che più apprezzo della gatta è il modo in cui difende i miei libri e scritti contro gli attacchi insolenti dei roditori. Lei è l’efficace scudo protettivo della mia biblioteca.La gatta ha macchie di tre colori diversi, come pochi in questa zona, zampe lunghe e un carattere dolce. Il suo mantello è morbido come la più raffinata delle sete, ma sono gli occhi quel che la rende speciale. E che la contraddistingue da tutte le altre creature della sua specie. Il suo occhio sinistro è verde brillante come un lago di montagna, l’altro è del misterioso colore dell’ambra luccicante. È entrata nella mia casa e nel mio cuore un bel giorno d’estate mentre stavo completando la mia raccolta di vite De viris illustribus.

Le mie proprietà sono ormai diventate il suo regno in cui nessun altro gatto è ammesso. Proprio come il nostro buon Dio geloso, all’infuori del quale non dobbiamo avere altro dio. Talvolta sono tentato di pensare che se Dio è potuto essere un uomo, avrebbe potuto essere benissimo anche un gatto, tanto perfetto è questo animale. Ma non oserei mai pronunciare questo pensiero e, Ti prego, serbalo anche Tu nel tuo cuore. La gatta tiene molto alla sua libertà personale, e ti adula solo se le va. Quando la chiamo viene solo se ne ha voglia. Non conosco altri animali tanto liberi e indipendenti. Ti ricordi? Sul colle Aventino c’è il tempio della Libertà che il console romano Tiberio Sempronio Gracco ha fatto erigere prima che nascessero i nostri signori. Al suo interno si può ammirare l’allegoria della libertà raffigurata come una donna con ai piedi un giogo e una catena rotta, e a fianco un gatto con la coda davanti alla zampa anteriore. Il gatto era simbolo di libertà già nella Roma pagana. Allora, quando vivevo a Roma non ci avevo mai fatto caso. Ma ora che questo ricordo mi è venuto di nuovo in mente mi ha profondamente illuminato.

I libri sono sempre stati la mia vita. Ti ho mai raccontato, amico mio, questa terribile storia di mio padre? Tutti i libri che avevo messo insieme da giovane, mio padre li considerava di ostacolo a uno studio che fosse fonte di lucrosi guadagni. Per questo io li nascosi in un posto segreto. Alla fine però dovetti vedere con i miei occhi come si erano ridotti e darli alle fiamme. Per me fu come bruciare io stesso. In seguito, se ben ricordo, vedendomi così malinconico, mio padre estrasse due volumi già carbonizzati dalla brace e, mentre piangevo, nella destra Virgilio e nella sinistra le opere di retorica di Cicerone, disse: «Prendi. Custodisci questo Virgilio per rinnovare di tanto in tanto il Tuo spirito, e Cicerone come ausilio nello studio del diritto». Da allora colleziono libri. E la gatta uccide tutti gli aggressori dai denti pronunciati o li fa scappare. Per questo quando morirà sarà imbalsamata, e la sua memoria onorata per sempre grazie a un loculo sulla porta della mia biblioteca. Ti farebbe piacere comporre un epigramma per l’epitaffio? Te lo chiedo come mio ultimo desiderio, io non sono nella condizione di farlo. La amo troppo e non potrei celebrare la sua morte prima del tempo.E non c’è da stupirsi che io abbia un tale pensiero alla fine della mia vita: l’umanità si può suddividere grossomodo in due categorie. In coloro che amano i gatti e in coloro che vengono puniti dalla vita.

Addio per sempre. 8 luglio 1374 Arquà.”

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Per desiderio dello stesso poeta la gatta fu imbalsamata e posta in una teca, con epigrafe annessa.
Oggi si trova ancora nella sua casa di Arquà, diventata un museo dedicato a Petrarca: “Molti ricordano questa casa-museo proprio per questo particolare. In una fastosa cornice barocca vigila tuttora la fedele gatta del poeta, da lui tanto amata e ritratta in un affresco della Sala dei Giganti di Padova. La leggenda vuole che, mentre Petrarca studiava, la gatta si acciambellasse ai suoi piedi, e proteggesse i libri dalle incursioni dei topi. Alla morte, questa gatta “salvatrice” di cultura, è stata imbalsamata, e posta nella Stanza di Venere, al primo piano, in quella che doveva essere la camera da letto del poeta. Dalla sovrapporta dell’ingresso, ella vigilava indisturbata. Il trasferimento al piano terra è avvenuto negli anni Settanta del Novecento.”
 
Da ultimo se vedete il Maneki Neko, il gatto portafortuna che saluta con la zampa, sappiate che è al 99% è una gatta e vi renderà felici in ogni caso.

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