L’operazione “Nero Wolf” ha riportato l’attenzione sul pericoloso fenomeno dell’introduzione massiccia sul suolo nazionale delle più svariate razze di cuccioli di cane per fini commerciali e senza le occorrenti certificazioni di accompagnamento (passaporti, libretti veterinari indicanti i vaccini, i microchip identificativi e i trattamenti veterinari obbligatori).

Questa pratica oltre ad assumere i chiari contorni dell’evasione fiscale e dell’auto riciclaggio, incide negativamente sul mercato dei cani di razza, sugli operatori onesti del settore e sulla sicurezza veterinaria nel nostro paese.

È proprio di ieri, venerdì 6 luglio, una misura cautelare nell’ambito del filone cuneese dell’articolata indagine del Nucleo Investigativo di Polizia Ambientale (Nipaaf) diretta dal Procuratore dott.ssa Francesca Nanni.

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Gli accertamenti sono cominciati nel 2016 dopo numerosi esposti di acquirenti che lamentavano cattive condizioni di salute se non la morte o ancora disturbi comportamentali dei cani appena comprati.

Le intercettazioni telefoniche ed ambientali attivate hanno presto consentito di ipotizzare l’esistenza di un vasto e fiorente traffico illecito di animali da compagnia. Le successive perquisizioni condotte in svariate province italiane su una trentina di obiettivi tra private dimore, allevamenti, negozi animali, cliniche veterinarie e studi di liberi professionisti hanno fornito i riscontri ricercati grazie al rinvenimento, con sequestro, di 60 cuccioli appena giunti dall’Ungheria e non ancora commercializzati oltre ad una grande quantità di documentazione di accompagnamento falsa o contraffatta nonché alcune decine di migliaia di euro in contanti.

In relazione agli animali del cuneese il Giudice ne ha disposto il sequestro preventivo e sono in fase di assegnazione ai privati per il tramite dell’Associazione “Lida”.

In sintesi la tesi degli inquirenti è che gli animali venissero prelevati nell’est europeo grazie all’intermediazione di Danilo Marusic, trafficante goriziano di residenza ungherese, e condotti clandestinamente in Italia da vari soggetti tra cui B.C., quarantenne cuneese, al fine di immetterli in commercio a prezzi concorrenziali attraverso annunci sul web o attraverso negozi di animali, omettendone però sistematicamente la vera origine.

Negli anni dunque centinaia le persone frodate, convinte di aver acquistato cani di razza da allevamenti italiani e trovatisi invece, in moltissimi casi, con bestiole in grossa difficoltà. Infatti il precoce distacco dalle cure parentali, a poche settimane di vita, i sommari trattamenti veterinari praticati nonché il successivo estenuante viaggio in macchine o furgoni producevano uno stato di elevato stress agli animali.

Gli esami del DNA di un campione di cani, richiesti all’Istituto Zooprofilattico sperimentale di Torino, hanno poi confermato che i medesimi non potessero provenire dall’allevamento del soggetto cuneese come invece da questi garantito ai propri clienti.

Tra i 20 soggetti complessivamente indagati 5 riguardano il procedimento penale istruito dalla Procura di Cuneo: il citato trafficante goriziano, oggetto di una specifica rogatoria internazionale, S.B. medico veterinario di Busca e 3 allevatori di Cuneo tra cui B.C., sottoposto a misura cautelare di divieto dimora in Cuneo per 12 mesi.

I capi di imputazione riconosciuti dunque dall’Autorità Giudiziaria sono risultati: traffico internazionale illegale di cuccioli (pene previste: reclusione da tre mesi ad un anno e multa da 3.000 a 15.000 euro), auto riciclaggio ovvero attività imprenditoriale su beni (cani) derivanti da un delitto e occultati in relazione alla loro origine falsificandone i documenti (per la prima volta ipotizzato per analoghe fattispecie, pene previste: reclusione da 2 ad 8 anni e multa da 5.000 a 25.000 euro), oltre a maltrattamento animale, frode in commercio, esercizio abusivo della professione medico – veterinaria, sostituzione di persona e falso ideologico.

Una parte significativa dell’inchiesta, riguardante l’ipotesi di una lucrosa associazione per delinquere avente fulcro nel centro Italia, è stata ricondotta alla competenza della Procura di Bologna.

L’azione del Nipaaf di Cuneo, guidato dal Maggiore Gerbaldo Stefano, si inserisce nella mission dei Carabinieri Forestali di tutela del benessere animale e dell’ambiente in genere.

c.s.

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