Il Decreto Legislativo 16 marzo 2015 n. 28 ha apportato una modifica profonda del sistema di regole sostanziali e procedurali, precedendo una possibile e potenziale applicazione del principio di non punibilità per “tenuità dal fatto” per quei reati per i quali è prevista la pena detentiva non superiore a cinque anni, ovvero la pena pecuniaria, sola o congiunta alla predetta pena.

Si potrebbe maturare quindi il convincimento che se un reato rientra potenzialmente in tale previsione di pena, automaticamente va dichiarata la non punibilità perpetua del reato medesimo per “particolare tenuità del  fatto”. Ed in questo contesto di errata interpretazione di fatto del principio, potrebbero rientrare in modo seriale anche i reati a danno degli animali.

A ciò si potrebbe aggiungere un ulteriore problema, procedurale: il dubbio (infondato) che in caso di (difficile e residuale) applicazione del principio della “particolare tenuità del fatto” ad un soggetto riconosciuto comunque responsabile di un reato a danno di un animale sottoposto a sequestro preventivo, che quest’ultimo in sede di dichiarazione di “non punibilità” venga dissequestrato e restituito al soggetto riconosciuto comunque in via penale responsabile del maltrattamento conclamato anche se “non punito”!

Sarebbe veramente un paradosso in fatto ed in diritto…

Quest’equivoco può sorgere perché si sta estendendo un’errata cultura, soprattutto di comunicazione sui mass media con termini impropri, entro la quale l’applicazione del principio della “non punibilità” per “particolarità tenuità del fatto” viene indicata come una “assoluzione”. In realtà non è affatto così, ma è esattamente il contrario: il provvedimento che applica questo principio non è assolutamente una assoluzione nel merito, ma  – al contrario – è un atto che accerta la responsabilità penale del soggetto come autore di quel fatto-reato che viene, dunque, confermato nella sua antigiuridicità, ne viene confermata la sua esistenza storica e viene confermato che il soggetto autore del fatto è esattamente quello per il quale si sta procedendo. L’azione ed il comportamento rimangono illegali: il soggetto responsabile non viene “assolto” e – dunque – dichiarato estraneo al fatto ed alla dinamica connessa. Ne consegue che se un soggetto beneficia dell’applicazione di questo decreto, non significa assolutamente che egli non ha maltrattato l’animale. Al contrario, significa che il giudice ha riconosciuto che il reato sussiste, che l’animale la ho maltrattato quel soggetto, ma poi in applicazione di questo decreto rinuncia a punirlo… Tutto qui.

In materia di reati contro gli animali, infine, è previsto uno strumento processuale fondamentale per garantire la concreta applicazione della norma, che è la confisca obbligatoria degli animali (art 544 sexies c.p.). Or bene, in caso di applicazione dell’istituto della “particolare tenuità del fatto”, che come rilevato in precedenza incide esclusivamente sulla punibilità ma prevede l’integrazione del fatto tipico a tutti gli effetti, al pari di quanto previsto in caso di prescrizione, se il fatto è comunque accertato,  si ritiene che debba conseguire comunque la confisca in quanto attuata non con finalità punitive.

Maurizio Santoloci                                         Carla Campanaro
Direttore LAV Ufficio legale                         Responsabile LAV Ufficio legale

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