L’incontro fra una tartaruga marina comune ed un trigone nelle acque della Sardegna, si è rivelato fatale per la prima. L’inusuale interazione fra due animali del mondo sommerso, biologicamente assai diversi tra loro, dopo un esame approfondito, è stata rilevata il mese scorso dal Centro recupero cetacei e tartarughe marine della Laguna di Nora, nel sud della Sardegna, dove era stato portato un esemplare adulto di Caretta caretta, rinvenuto nei pressi dell’isola di San Pietro da alcuni diportisti. Il precario stato di salute del rettile si è aggravato in poche ore, fino a giungere al decesso. Ad una prima, sommaria analisi dei veterinari del centro, la tartaruga presentava un rigonfiamento nella gola (foto in alto), per cui si era pensato ad una forma tumorale quale causa della morte.

In seguito, l’esame autoptico ha fatto maggior chiarezza e permesso di individuarne il vero responsabile, quando è venuto alla luce un aculeo di una decina di centimetri, appartenente ad un trigone, che ha trafitto letteralmente il collo della tartaruga, spezzandosi al suo interno, come spesso accade in questi casi, considerata la seghettatura della micidiale arma difensiva del

dasiatide, che non consente la fuoriuscita in senso contrario, una volta penetrato nelle carni del malcapitato destinatario.

L’aculeo del trigone estratto dalla gola della tartaruga. Foto per gentile concessione Centro recupero cetacei e tartarughe marine Laguna di Nora

Dopo quella che è stata una probabile breve, ma intensa lotta fra i due, la caretta ha avuto la peggio, manifestando difficoltà a nutrirsi e respirare, circostanze che l’hanno portata ad un lento e doloroso stato agonizzante. L’episodio, oltre che destare stupore tra gli addetti ai lavori, si segnala come un caso raro (il primo nel Mediterraneo), in cui il contatto fra il rettile marino ed il pesce cartilagineo, più volte segnalato nella letteratura scientifica internazionale, abbia avuto esito fatale.
Sono noti, infatti, casi di tartarughe della specie caretta ritrovate con parti di aculeo e ferite inflitte da trigoni e pastinache, quando si sono trovati a condividere la stessa area per svariati motivi, nonostante abbiano habitat ed abitudini diverse.

“Queste tartarughe – ha spiegato il biologo del centro, Luca Zinzula – subiscono sovente ferite e punture, anche multiple, da trigone, e talvolta ne ingeriscono l’aculeo. L’interazione potrebbe venire in seguito ad atti di predazione da parte della tartaruga caretta, un animale carnivoro generalista che nella sua fase di vita neritica si ciba prevalentemente di molluschi ed altri organismi bentonici. In alternativa, una tartaruga intenta a cibarsi rovistando con il becco su un fondale sabbioso potrebbe accidentalmente entrare in contatto con un trigone e venire da questo attaccata. Ancora, l’interazione potrebbe aver luogo in seguito a predazione opportunistica nei confronti di trigoni ammagliati nelle reti, oppure a causa dell’improvviso stato di promiscuità in cui i due animali si trovassero dopo essere rimasti entrambi vittima di un qualche attrezzo da pesca, come tramagli o palamiti”.
A tal proposito è stata descritta la pratica, nelle acque della Tunisia, di utilizzare pezzi di trigone come esche negli ami da palamito, e di come esse risultino meno gradite alle tartarughe – nell’analisi di catture “bycatch”, o abbocchi accidentali – rispetto ai pezzi di sgombro.

La plastica rinvenuta nello stomaco della tartaruga. Foto per gentile concessione Centro recupero cetacei e tartarughe marine Laguna di Nora

L’esemplare di tartaruga analizzato dai biologi nello stomaco aveva purtroppo anche rifiuti finiti in mare, tra cui gli immancabili pezzi di plastica, che i rettili marini ingeriscono inconsapevolmente in superficie o sui fondali, scambiandoli per prede. Non è stata la plastica questa volta ad uccidere la sfortunata Caretta caretta, ma l’inquinamento causato dall’uomo è ormai più letale di un incontro/scontro con un trigone.

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