Leggere, rileggere
A cura di Cesare Cavalleri

19/10/2016

 

Versatile, docile e amorevole: ecco la lode umanista di Fido

Il cane ha sempre avuto un posto di riguardo nella letteratura, e anche quando si dice che uno scrittore (o un attore) è un cane, l’epiteto conserva una sfumatura affettuosa. Elenco incompleto di cani letterari: Cane e padrone di Thomas Mann (1919), sottile schermaglia tra il narratore e il diffidente Bauschan, bracco di ascendenza incerta, finché tra l’uomo e l’animale si stabilisce quasi una gara a chi intuisce per primo le intenzioni dell’altro. Buck, in Zanna bianca di Jack London (1906), è il cane rapito, venduto e costretto alle fatiche della slitta, che poi diventerà inseparabile collaboratore e protettore del suo liberatore, John Thorton. Tutti conoscono il Rough Collie di Torna a casa Lassie (Eric Knight, 1940), che ha fatto piangere milioni di bambini (e non solo); anche Peter Pan ha un cane (il terranova Nana), e i protagonisti di Harry Potter e la pietra filosofale, si disputano le coccole del pavido Thor. L’archetipo, naturalmente, è Argo, il cane di Ulisse, l’unico che riconosce il padrone, vent’anni dopo, quando torna a Itaca travestito da mendicante.
Lucio Coco, patrologo insigne, offre ora la prima traduzione italiana dell’Elogio del cane, di Teodoro Gaza (Leo S. Olschki, Firenze 2016, pagine 32, euro 5,00), sàpido libretto che il grecista bizantino scrisse dopo il 1460, per accompagnare il dono di una cagnetta a un illustre e anonimo personaggio.
Teodoro Gaza fuggì da Costantinopoli incalzata dai turchi nel 1440 e riparò in Italia, dove a Roma, Napoli, Ferrara e altrove insegnò letteratura greca nelle università e nelle corti, facendo conoscere in Occidente le opere scientifiche di Aristotele, di Teofrasto e di alcuni Padri della Chiesa. Compilò anche una grammatica greca, fu collaboratore di Niccolò V e del cardinal Bessarione, che si avvalsero della sua fama di traduttore.
L’Elogio del cane ci è pervenuto attraverso l’editio princeps di Daniel D’Auge (Augentius) del 1590, e le ricerche del cardinale Angelo Mai, dedicatario della famosa Ode leopardiana che Achille Campanile scherzosamente parodiò.
Del cane, Teodoro esalta la versatilità, la fedeltà, le doti di guardiano, di amorevolezza, e lo considera impareggiabile compagno nella caccia. Forse è stata proprio la caccia, l’occasione principale per l’addomesticamento del cane, la caccia anche come iniziazione alla guerra, questioni oggi politicamente scorrette, ma che sono iscritte nel Dna culturale dell’umanità.
Molto suggestivi gli esempi di cani illustri attinti da Platone, da Plutarco, da Plinio, e Teodoro non manca di sottolineare che Sirio, la stella più luminosa del nostro emisfero, appartiene alla costellazione del Cane.
Viene ricordato il cane Capparo, custode del tempio di Asclepio, che inseguì di notte un ladro sacrilego, e quando costui, il giorno dopo, cercava di mimetizzarsi tra la folla, lo riconobbe e lo fece arrestare. C’è un cane che vegliava il padrone morto e fu notato dal re Pirro che lo prese con sé anche quando passava in rassegna le truppe. Una volta, durante la rassegna, l’animale individuò gli assassini del padrone; ringhiando e abbaiando richiamò l’attenzione del re, e gli assassini, messi alle strette, confessarono e furono puniti.
Con tanti esempi di dedizione, viene da domandarsi se davvero il cane è il migliore amico dell’uomo, o se l’uomo è il migliore amico del cane.
Per concludere ritornando alla letteratura, non si può non citare il poemetto di Nanni Balestrini, cento versi in venticinque quartine, nel volume Il ritorno della signorina Richmond (Edizioni Becco Giallo, 1987). Titolo: La signorina Richmond comincia a averne abbastanza di tutti questi cani. Incomincia così: «Basta cani / bisogna battere il cane finch’è caldo / bisogna dimenticare i cani / bisogna farla finita coi cani // coi cani che corrono/ col cane in gola / col cane nel sacco / con la morte nel cane». E avanti per altre ventun quartine fino a «Un cane d’azione / un cane del popolo / un cane in scatola / un cane proibito // un cane tira l’altro / un ultimo cane / vuotare il cane / zitto e cane».

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