La razza di cane più maltrattata dai tagliatori di code e orecchie è l’American Bully. Le guardie zoofile dell’Oipa (Organizzazione internazionale protezione animali) ne hanno scoperti parecchi esemplari nel corso delle loro indagini in fiere ed esposizioni a Roma e provincia dal dicembre 2016 al Natale scorso. Animali mutilati per poter gareggiare e vincere in competizioni alle quali hanno preso parte anche esemplari provenienti dall’estero (Serbia e Spagna, in particolare) dove, peraltro, avevano subìto in precedenza lo stesso trattamento.

Ed era proprio questo, insieme con la prospettiva di fare soldi a palate sulla pelle dei cani (anche molossoidi, pitbull, staffordshire, dobermann e boxer), a spingere i proprietari a rivolgersi a veterinari compiacenti per compiere interventi chirurgici di asportazione di code (caudotomia) e orecchie (conchectomia). I certificati venivano poi falsificati, facendo passare quelle mutilazioni come interventi necessari per asportare tumori della pelle oppure altre malattie o cancellare le tracce – anche queste inventate – di ferite causate da zuffe fra cani.

Al termine di un anno di indagini le guardie zoofile hanno denunciato trenta padroni di cani (quasi tutti residenti a Roma e nei dintorni, soprattutto a Civitavecchia e a Tivoli) e quattro veterinari campani. Sono tutti accusati di concorso in maltrattamento di animali, falso ideologico, uso di atto falso.

Le mutilazioni avvenivano in violazione della legge 201 del 2010 con la quale l’Italia ha recepito la Convenzione europea di Strasburgo del 1987 per la protezione degli animali da compagnia, che vieta proprio quel genere di operazioni sui cuccioli di cane.

Il Nucleo romano dell’Oipa – agenti a tutti gli effetti con la qualifica di pubblico ufficiale, «ma questo i proprietari dei cani lo hanno capito solo quando sono cominciate ad arrivare a casa le comunicazioni del tribunale perché sono indagati», spiegano – si è concentrato sulle esposizioni di cani organizzate nella Capitale e sugli animali senza coda e senza orecchie. A quel punto è stato chiesto ai padroni di presentare i certificati veterinari che hanno subito lasciato molti dubbi negli investigatori: alcuni cani infatti erano stati operati ad appena tre mesi per otite cronica non curabile ed erano stati portati per l’intervento presso ambulatori in provincia di Napoli e Salerno, ovvero a centinaia di chilometri da Roma.

Qualche veterinario ha riconosciuto come originale il suo certificato e in questo caso è scattata la segnalazione all’ordine provinciale di appartenenza per ulteriori approfondimenti. Anche perché il giro d’affari che si sviluppa dietro un campione, un vincitore di mostre e di esposizioni canine, e di conseguenza ai suoi eredi, può arrivare a centinaia di migliaia di euro.

22 febbraio 2018 | 07:29

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