Che c’è delle bestie nella terribile foto di quei due cani, due “dogo argentini”, che hanno sbranato il piccolo Giorgio, il loro padroncino di un anno e mezzo? Ci sono le mascelle allentate, i denti che sembrano lance di cancello e il rosso del sangue nel bianco del pelo animale. Eppure non c’è nulla delle bestie in quella immagine, ma solo la bestialità che c’è negli uomini. A Mascalucia, un comune della periferia di Catania che si arrampica sull’Etna, i cani aggressivi – rottweiler, bulldog, dobermann, dogo argentino, pitbull… – difendono la piccola ricchezza.

A volte vengono esibiti come i tatuaggi, sono guardie e non amici dell’uomo, avvisi di potenza come la pantera che, nel Gomorra televisivo, il capo camorrista regala alla sua bellissima fidanzata di colore.

Il vicesindaco Cantarella (“il sindaco Leonardi è in vacanza”) dice che “Mascalucia è una zona di furti”, cancelli altissimi, sbarre, lucchetti e cani: “Anche io vivo in villa e ne ho due, un corso e un maremmano”. 

Eppure qui non abitano certo i ricconi d’Italia, le case costano meno che in città, l’estetica è kitsch, le famiglie sono modeste da Meridione remoto: qualche insegnante, piccoli imprenditori agricoli, impiegati e operai come Giuseppe Bonarrigo, 32 anni, che un anno e mezzo fa, proprio quando era nato Giorgio, aveva preso in affitto la villetta con la moglie Stefania Crisafulli, 34 anni, casalinga. 

Cantarella, che non è solo il vicesindaco, ma anche l’avvocato d’ufficio della famiglia, racconta che in casa c’erano solo la mamma e il bambino. E la mamma, che da due giorni piange e non parla perché è sotto choc, “ha detto soltanto che il piccolo era in braccio a lei quando il cane maschio, che si chiama Macchia, lo ha aggredito. E ha aggiunto che lei parlava a Macchia che la trascinava per terra, provava a convicerlo, lo implorava persino”. Secondo l’avvocato, la femmina, che si chiama Asia, era chiusa nel box mentre Macchia era libero perché la signora voleva che giocasse con loro e che li difendesse.

Di sicuro i due cani erano lì per questo: proteggere la nuova famiglia, difendere i corpi, le vite, e pochissima roba, quasi nulla. Giuseppe e Stefania infatti “avevano paura di trovarsi davanti qualche malintenzionato” e avevano riprodotto sul cancello un dogo argentino di ferro, una piccola scultura di avvertimento e un cartello: “attenti al cane”. Asia, che è vecchia di otto anni, è di propietà di Stefania. Macchia, che ha solo tre anni, è di proprietà di Giuseppe. 

Quando il veterinario, il dottor Macrì, è arrivato alla villa, il bimbo, morto in giardino perché addentato al collo, e la sua mamma, trascinata dal cane e ferita al ginoccchio, erano già stati portati via. “Il cancello – racconta il veterinario – era chiuso e abbiamo dovuto aspettare l’arrivo del fratello della signora Stefania. Eravamo in otto: tre veterinari, due volontari e tre operai del canile”. I due cani “molto eccitati e aggressivi” sono stati affrontati con le cerbottane: “siringhe di xilazina che, nonostante le dosi elevate, non sono bastate ad addormentarli”. La scena era terribile: “gli occhi esaltati, il muso e il pelo bianco insozzati di sangue, schizzi per terra e sui muri; ma soprattutto ci hanno turbato le scarpette del bimbo che nessuno potrà mai più rimettere in ordine, e poi una moto giocattolo, una piscina di gomma di un metro per due…, atroci rimanenze in giardino”. 

Ecco perché non c’è Argo in quella foto che, scattata dal cronista di Repubblica, è finita su tutti i giornali a raccontare la ferocia animale; e non ci sono né Lilli e il vagabondo e neppure la carica dei 101. In quei due cani molossi ci sono invece tutti i ventimila cani potenzialmente pericolosi che, secondo il Codacons “vivono oggi in Italia, con un incremento del 25 per cento negli ultimi tre anni”. C’è, insomma, in quella foto, un po’ del cane Gudrun che, nelle pagine di Vittorini, fa tremare l’uomo. E ci sono i cani di John Fante che portano a spasso il malessere dei loro padroni. “Il mio cane è come me”, scriveva Curzio Malaparte.

Sempre gli animali segnalano e spiegano tempi e luoghi. A Catania già quando arrivi in aeroporto nel piazzale di sosta delle macchine a noleggio ti imbatti nei cani randagi, che ritrovi davanti ai centri commerciali e in tutti gli spazi abbandonati, quelle specie di praterie secche fatte di aridità e mozziconi di civiltà degradata che caratterizzano tutte le metropoli del Sud. E poi la notte le mute si sosituiscono alle comitive dei tiratardi.

Ma i pericoli maggiori non vengono dal randagismo. Dice ancora il veterinario, il dottor Macrì: “I due cani di Mascalucia erano ben tenuti, ben nutriti. E tutto lascia credere che fossero amati dai loro padroni. Cani così, quando vengono accuditi bene, diventano docili come pecorelle. Qui invece è successo qualcosa… Ci sono cani che si eccitano e si accaniscono contro i bambini”. Perché la debolezza del bimbo risveglia l’istinto del più forte, come nella favola del lupo e dell’agnello? “Questa è un’interpretazione”. Già, la favola del lupo e dell’agnello non parla di bestie, ma di uomini travestiti da bestie.

Di sicuro, mai nelle città del Meridione i cani aggressivi al guinzaglio avevano avuto una così larga diffusione, cambiando persino il paesaggio urbano, gli odori, la natura della sporcizia. Sono immagini che vediamo ogni giorno: cani ad alta cilindrata come le moto truccate, come le auto con i fari da rally. Si sa che chi esibisce un cane esibisce la parte a rischio di se stesso ma oggi, nelle città del Sud, a volte sembra quasi che cani e padroni passeggino seguendo la linea di uno stesso ragionamento aggressivo.

Da sempre i cani assomigliano ai loro padroni. Nel 1950 persino Winston Churchill, con il sigaro, il papillon e la bombetta in mano, tenendo al guinzaglio il suo Barley Mow Token fu fiero di esibire davanti al fotografo la stessa energia e la stessa grazia, la stessa spigliata pesantezza di quel bulldog che immaginava uguale a sé: un animale tenace, ma anche privo di scrupoli, che azzanna senza problemi. 

E però oggi la crescita del bisogno di possedere ed esibire cani potenzialmente pericolosi è un fenomeno che rischia di diventare di massa. Sicuramente non risente della crisi economica ed è intuitivo il suo aspetto industriale. I dati statistici, elaborati dal Codacons, affermano che “ogni anno si registrano in media in Italia 70mila aggressioni da parte di cani a danno dell’uomo. E nell’ultimo triennio gli episodi di morsicature con danni fisici rilevanti, gravi o mortali, sono cresciuti del 10 per cento”.

Certo, i cani pericolosi sono ancora una minoranza in un Paese dove vivono – anche questi dati sono del Codacons – “circa 7 milioni di cani”.

Inutile dire che la signora Stefania, indagata (“per atto dovuto” dicono in Procura) per omicidio colposo, era una mamma amorevole che ora non si dà pace perché il suo cane, quel cane speciale che davvero lei credeva di governare con un cenno, ha ammazzato la persona che più amava al mondo. A questa mamma si deve dare amore, anche se è inutile. Ma il ricorso ai cani da combattimento che rilanciano l’estetica del gangster merita la forte attenzione del Paese.

Nel 2003 l’allora ministro Girolamo Sirchia, il medico che per primo introdusse il divieto di fumare, aveva emanato un’ordinanza “per la tutela dell’incolumità pubblica dal rischio di aggressioni da parte di cani potenzialmente pericolosi”. E aveva stilato un primo elenco di razze canine e di incroci di razze a rischio di aggressività. Eccole: american bulldog; pastore di Charplanina; pastore dell’Anatolia; pastore dell’Asia centrale; pastore del Caucaso; cane da Serra da Estrela; dogo argentino; fila brasileiro; perro da canapo majorero; perro da presa canario; perro da presa mallorquin; pit bull; pit bull mastiff; pit bull terrier; rafeiro do Alentejo; rottweiler; tosa inu. 

Ebbene nel 2009, l’allora sottosegretario alla Salute Francesca Martini, abolì quell’elenco e annunziò un patentino per proprietari di cani che non è mai stato istituito e che il Codacons oggi reclama, nonostante la burocratizzazione in Italia in genere complichi invece di risolvere i problemi. Dice il veterinario Macrì: “In Italia chiunque – purché non sia un delinquente pregiudicato – può comprare e possedere questi cani che sono, come abbiamo visto, potenziali macchine da guerra”. Più radicalmente nei Paesi dell’Europa civile, dall’Inghilterra alla Germania, dalla Francia alla Danimarca, l’allevamento o la detenzione di cani pericolosi è vietata. Che succederà ora ad Asia e Macchia? “Stefania e Giuseppe decideranno se abbatterli oppure se lasciarli vivere in un canile”. Mai sapranno di essere razza selezionata dall’uomo. Dentro queste bestie c’è l’uomo. 
 

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