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Chi ha un pet lo sa: con il cucciolo di casa si condividono gioie e dolori. E talvolta anche malattie. Come il diabete che, oltre a contare solo in Italia 3 milioni di persone con diagnosi di diabete di tipo 2 (ai quali si aggiungono 1 mln ancora non diagnosticati), non risparmia cani e gatti. Nel Belpaese si stima che la ‘malattia del sangue dolce’ colpisca da 1 pet su 500 fino a 1 su 100. Animali di ogni età, sesso o razza. Tanto che i veterinari e i diabetologi hanno deciso di scendere in campo insieme per sensibilizzare i cittadini sull’importanza di una diagnosi precoce, di stili di vita sani e corrette terapie anche per gli amici a 4 zampe.

E infatti, come per l’uomo, oltre al fattore genetico e all’età, vanno considerati i fattori di rischio riconducibili allo stile di vita: l’obesità per esempio, e un insufficiente esercizio fisico. Al diabete di cani e gatti sarà dedicato un intero mese, con la partecipazione di decine di strutture veterinarie in tutta Italia. L’iniziativa è patrocinata da Fnovi (Federazione nazionale ordini veterinari italiani e Anmvi (Associazione nazionale medici veterinari italiani) ed è organizzata a braccetto con Diabete Italia onlus, l’associazione che da 14 anni organizza la Giornata mondiale istituita dall’International Diabetes Federation e dall’Organizzazione mondiale della Sanità. Il ‘Mese del diabete del cane e del gatto’ è realizzato grazie al contributo non condizionante di Msd Animal Health.

In programma un calendario di iniziative, in ambulatori e cliniche veterinarie: incontri informativi sulla patologia, sui sintomi e sulla prevenzione. La diagnosi tempestiva, assicurano gli esperti, e la terapia insulinica – accompagnata a stili di vita e alimentazione corretti – permettono al pet diabetico di vivere una vita normale. Ma “i proprietari devono essere consapevoli che anche gli animali possono ammalarsi di diabete, esattamente come l’uomo e con le stesse dinamiche“, interviene Marco Melosi, presidente Anmvi.

La concentrazione persistente di alti livelli di zucchero nel sangue, aggiunge Federico Fracassi dell’università di Medicina veterinaria di Bologna, “può portare a gravi complicazioni, con notevole ricadute sulla qualità e l’aspettativa di vita. Nel cane è molto frequente la cataratta, nel gatto molto comune è la debolezza degli arti posteriori dovuta a un danneggiamento dei nervi”. Spesso quando il pet arriva dal veterinario la malattia è già avanzata. “È necessario, dunque, fare attenzione ai primissimi sintomi, saperli riconoscere“, ammonisce Melosi. “Gli occhi del proprietario, come dice lo slogan della campagna, sono la loro voce”.

I campanelli d’allarme? Sete intensa, urinazione abbondante, perdita di peso, letargia (l’animale è meno attivo o dorme di più), occhi opachi nel cane, assenza di auto-pulizia nel gatto, pelo rado, secco e opaco. Alcune razze canine sono più a rischio come Terrier, Schnauzer nano, Beagle, Labrador, Barboncino, Samoiedo e Golden Retriever. La malattia può manifestarsi fra i 4 e i 14 anni, ma il picco di prevalenza è fra i 7 e i 9 anni di età nel cane. Le femmine, soprattutto se non sterilizzate, sono colpite con una frequenza doppia rispetto ai maschi. Fra i gatti, invece, a essere più esposti alla patologia sono i maschi non sterilizzati e quelli, maschi e femmine, con patologie croniche del pancreas e malattie della tiroide, quali l’ipertiroidismo.

La presenza di fattori di rischio, avverte Carla Bernasconi, vice presidente Fnovi, “deve incentivare il proprietario a sottoporre il proprio animale a controlli periodici. La valutazione iniziale può essere semplicemente l’analisi delle urine per ricercare la presenza di zucchero. Se i risultati sono positivi o dubbi, si procede con la diagnosi per valutare i livelli di zucchero nel sangue. Sono procedure semplici e sicure. E intervenendo con una tempestiva terapia insulinica, possiamo garantire elevata qualità di vita. Di pari importanza dieta e attività fisica, alla base anche della prevenzione”. Il proprietario, conclude Melosi, “ha un ruolo decisivo”. Non solo nella diagnosi ma anche per garantire “una corretta aderenza alla terapia – conclude Melosi – I nostri amici animali ci danno dei segnali, a noi il compito di interpretarli”.

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