Lunedì, 16 Novembre 2015 07:37

acqua 675Andrea Zanoni, consigliere regionale, ha richiesto e ottenuto i risultati dei monitoraggi svolti dai Servizi Veterinari nelle province di Padova, Vicenza e Verona.
I campioni sui quali sono stati trovati i Pfas (sostanze perfluoro-alchiliche, utilizzate per impermeabilizzare tessuti e altri materiali) per un valore variabile da 1 a ben 57,4 microgrammi/kilogrammo riguardano in particolare uova, pesci, bovini, insalata, bieta, foraggio e altre carni.

La fonte inquinante si è rivelata una ditta chimica del vicentino, produttrice di Pfas e operante dalla fine degli anni ’70.I Pfas sono composti chimici che rendono le superfici trattate impermeabili all’acqua, allo sporco e all’olio. Vengono usate per produrre numerosi prodotti come impermeabilizzanti per tessuti, pelli e carta oleata; schiume anti-incendio per gli estintori; cera per pavimenti e detersivi; scioline; contenitori per alimenti. L’utilizzo più noto è come rivestimento antiaderente del pentolame (Teflon) e dei tessuti impermebilizzanti e tessuti tecnici come il Goretex.

Per Andrea Zanoni la contaminazione da PFASs della catena alimentare: “I risultati delle analisi sono sorprendenti perché purtroppo confermano la diffusione e la presenza dei PFASs nei territori di tutte e cinque le ULSS ed in tutte le matrici alimentari. Queste sostanze non dovrebbero essere presenti in nessun alimento ed invece le troviamo pressoché in tutta la catena alimentare segno che probabilmente l’acqua inquinata le ha veicolate ovunque. Ora bisogna attendere la lettura che daranno le autorità sanitarie nazionali su questi dati ed attendere i risultati dei biomonitoraggi effettuati sui prelievi del sangue dei cittadini. Le autorità europee e nazionali dovrebbero prevedere dei valori massimi da imporre per legge oltre che per l’acqua anche per gli alimenti. In ogni caso resto sempre del parere che i responsabili di questo inquinamento che ha interessato ben tre province del Veneto e decine di comuni dovrebbero essere individuati, sanzionati e oggetto di richiesta di risarcimento dei danni.”

Da una prima valutazione i valori riscontrati per PFOS e PFOA si presentano più elevati rispetto ad alcuni dati presenti in bibliografia, peraltro ascrivibili a scenari diversi e non associati a specifiche criticità ambientali”.  I campioni sui quali sono stati trovati i PFASs per un valore variabile da 1 a ben 57,4 microgrammi/kilogrammo (ug/kg) riguardano in particolare: 11 campioni di uova prelevate in tutti i territori di competenza delle 5 ULSS, 10 campioni di pesce in tutte le 5 ULSS, 9 campioni di bovini prelevati in 4 ULSS, 2 campioni di insalata in due ULSS, 1 campione di bieta, foraggio, pollo, fagiano, capra in una ULSS.

Di fronte a dati di questo tipo evidentemente è necessaria un’interpretazione che la Regione ha comunicato di aver affidato al Ministero della Salute e all’Istituto Superiore di Sanità. La difficoltà di una valutazione effettiva del rischio alimentare e ambientale, risiede nel fatto che, allo stato, non esistono disposizioni di legge, non solo a livello comunitario, ma anche nazionale o internazionale, che disciplinino in qualche modo la presenza di Pfas negli alimenti. Sono stati individuati valori soglia solo per le acque potabili e tali valori, peraltro, differiscono da paese a paese.
(fonte)

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