16.7.16

di Marco Perisse

No, la corazza non è nata per proteggerle. Ma per scavare. Una storia di evoluzione davvero sorprendente

È un’affascinante storia evolutiva quella delle testuggini (di terra) e tartarughe (di mare). Solitamente si pensa che la corazza sia nata per proteggerle. Così pensavano anche i paleontologi ritenendo che fosse derivata dalla fusione dell’osteoderma, quelle scaglie dure che ricoprono il dorso di altri rettili come coccodrilli e armadilli. Finchè Tyler Lyson, del Denver Museum of Nature and Science, non ebbe l’intuizione di studiarsi il fossile di un rettile estinto, rinvenuto nel 1892: l’Eunotosaurus doveva avere una gabbia toracica semirigida, simile a quella delle tartarughe, e si suppone che dovesse spostarsi come loro. Le costole erano molto ampie e piatte, e si toccavano l’un l’altra. Di qui l’idea che la corazzatura fosse partita dal basso con la funzione di ancorare al suolo l’animale per consentirgli di scavare terra e sabbia. Le antiche testuggini furono quindi, bloccata l’articolazione delle scapole, delle “escavatrici” con le potenti zampe anteriori come pale meccaniche.

Nel 2008 ricercatori cinesi trovano quello che può considerarsi l’anello di collegamento di questo passaggio evolutivo con la Odontochelys semitestacea, in sostanza una testuggine per metà – come dice l’etimo scientifico latino – in cui vertebre e costole si erano ampliate e saldate a formare il piastrone ventrale. Solo poi le costole superiori si sarebbero fuse con la colonna vertebrale per formare il carapace. Era la prova che avevano ragione i biologi evoluzionisti che avevano osservato le fasi di sviluppo negli embrioni delle testuggini. Bisognava capire perchè era nato questo adattamento e Lyson ha avuto lo ha attribuito alla funzione di scavo, probabilmente necessario a ripararsi dal calore.

Solo che la fusione delle costole non permette di assecondare il movimento dei polmoni nel processo inspirazione/espirazione. Di qui l’andatura lenta delle testuggini, legata alla difficoltà respiratoria. Lentezza significa vulnerabilità, e dunque il carapace si è progressivamente rafforzato per trasformare le testuggini in autentiche fortezze, dal momento che non dovendo più muoversi col respiro le costole possono ingrossarsi come armature. Meno grossa, ma larga e schiacciata, è invece la corazza delle tartarughe: lontane dalla gravità terrestre, non hanno più il problema della lentezza, potendo peraltro utilizzare i forti arti per la propulsione, ma semmai uno “scafo” ampio favorisce il nuoto. L’adattamento originario si è dunque dimostrato la piattaforma per successivi e differenti adattamenti in base all’elemento, come è accaduto per le piume degli uccelli che, inizialmente nate per proteggerli dal freddo, sono diventate strumenti di ausilio del volo.

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