Per superare la presunzione di responsabilità a suo carico, il proprietario del cane deve provare l’esistenza di un fattore estraneo alla sua sfera soggettiva, idoneo ad interrompere il collegamento tra la condotta dell’animale e l’evento lesivo. Se si offrono dei biscotti ad un cane, si sollecita la sua reazione di esuberanza e se ne accetta il rischio.

Il caso. Un uomo, mentre si trova al parco con i suoi due cani, viene urtato da un terzo cane. Cadendo, riporta una frattura del piatto tibiale e del malleolo peronale posteriore tale da richiedere un intervento chirurgico ed ingessatura. Nell’imminenza del fatto l’accompagnatore del cane, titolare di una polizza di assicurazione, presta soccorso, assumendosi la responsabilità del sinistro con dichiarazione scritta. Non essendo però egli il proprietario del cane, la compagnia assicurativa declina ogni responsabilità. Il danneggiato cita dunque ora dinnanzi al Tribunale di Milano sia il proprietario che il conduttore del cane, al fine di veder accertata la loro responsabilità e sentirli condannare al risarcimento dei danni.

Rapporto di amicizia: concorso colposo del danneggiato? I convenuti eccepiscono la circostanza che tra il danneggiato ed il loro cane vi fosse un rapporto di amicizia, sostenendo che era stato il danneggiato ad attirare il cane per offrirgli dei biscotti, come di consueto; deducendo dunque la sussistenza del caso fortuito e/o del concorso colposo del danneggiato, contestano i criteri adottati dall’attore nella quantificazione del danno.

Responsabilità. Il Tribunale afferma che la fattispecie concreta è riconducibile all’art. 2052 c.c., sostenendo che la responsabilità del proprietario di un animale o di colui che se ne serve non si fonda su un comportamento ma su una relazione, il cui limite è rinvenibile nel caso fortuito la cui prova, a carico del convenuto, «può anche avere ad oggetto il comportamento colposo del danneggiato avente efficacia causale esclusiva nella produzione del danno, purché avente carattere id imprevedibilità, inevitabilità ed eccezionalità».

Rapporto eziologico. Ricordando come tale responsabilità sia inquadrabile tra le ipotesi di responsabilità presunta e non di colpa presunta, il giudice sottolinea che anche nel caso di responsabilità per fatto dell’animale, è necessaria l’esistenza di un rapporto eziologico tale da giustificare l’imputabilità dell’evento dannoso e la risarcibilità del pregiudizio derivatone. Spetta pertanto al danneggiato provare l’esistenza di tale collegamento causale; il convenuto dovrà invece, per superare la presunzione di responsabilità a suo carico, provare l’esistenza di un fattore estraneo alla sua sfera soggettiva, idoneo ad interrompere il nesso tra condotta dell’animale ed evento lesivo.
Dunque, se la prova liberatoria, che può anche consistere in un caso fortuito incidentale o nel caso fortuito concorrente, non viene fornita, del danno risponde il proprietario dell’animale, essendo irrilevante che il danno sia stato cagionato da un impulso interno imprevedibile.

Caso fortuito incidentale. Nella fattispecie concreta, continua il Tribunale, «è evidente la contribuzione dell’attore in termini di avvio della serie causale sfociante nell’evento-danno». Il danneggiato, offrendo dei biscotti al cane, l’ha attirato a sé sollecitando una reazione di esuberanza, non prevedibile nelle sue modalità ma presumibile dall’attore, che nel compiere il gesto ne ha accettato il rischio. Il Giudice accerta l’esistenza dunque di un caso fortuito incidentale perché la condotta dell’attore è antecedente logico-causa del fatto dannoso ha provocato la serie causale da cui è derivato il pregiudizio, prevedibile in astratto.
Esclusa quindi la sussistenza della responsabilità dei convenuti, il Tribunale rigetta la domanda attorea.

Fonte: www.ridare.it

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