CAMPOFORMIDO. Non era un aspide ma un innocuo carbone in livrea giovanile. Il rettile entrato nell’auto e da lì trasportato fino nella casa di una donna di Basaldella, che se l’è ritrovato dentro la propria abitazione, dopo essere scivolato dalla sua borsetta, era dunque uno dei più comuni serpenti presenti nelle campagne friulane.«Le foto pubblicate sono quelle di un neonato di carbone (già conosciuto come Hierophis viridiflavus carbonarius) – spiega il dottor Luca Lapini, erpetologo del Museo Friulano di storia naturale di Udine – L’errata identificazione del serpente suggerisce di portare all’attenzione del pubblico alcune considerazioni. Primo: il carbone, o biacco nero maggiore, è il serpente più comune in Friuli. Del tutto innocuo, è presente in tutte le periferie dell’Udinese, e mangia lucertole e topi. Una presenza quanto mai utile e diffusa, dunque. I giovani escono da uova deposte in luoghi protetti alla fine di agosto e iniziano a spostarsi in cerca di prede, per lo più lucertoline».«Secondo: come tutti i rettili – spiega ancora Lapini – è privo di meccanismi fisiologici di termoregolazione e se fa troppo caldo ricerca rifugi freschi. Per questo di tanto in tanto si rifugia tra fori, pertugi e aggetti dell’autotelaio delle automobili, a volte entrando incautamente nell’abitacolo delle vetture in sosta. Non è frequente, ma succede, per lo più attraverso i fori di servizio della pedaliera».«Terzo: è protetto sia dalla legge italiana (Dpr 357 del 1997), sia regionale (LR 9 del 2007). Quarto: considerare vipera ogni rettile senza zampe è pericoloso e fuorviante. Genera un allarme sociale del tutto ingiustificato e pone le basi per confusioni che abbiamo già visto, con punture di calabroni scambiate per morsi di vipera e così via. Le vipere – aggiunge l’esperto – non sono presenti nell’Udinese. Per trovarne bisogna andare sui colli di Qualso, Cividale e Savorgnano ad Est, nel Campo di Osoppo a Nord, oppure nelle paludi della Bassa a Sud».«Quinto: come è stato messo in condizioni di non nuocere il biacco neonato? Non avrebbe potuto nuocere a nessuno e come specie protetta dovrebbe essere liberata al più presto in natura. Anche per ragioni di ricerca la cattura e detenzione della specie deve essere autorizzata dal Ministero dell’Ambiente con una specifica deroga scritta».«Considerazione finale: ci riempiamo la bocca della parola biodiversità, salvo poi non riconoscerla neppure sull’uscio di casa. Non è un caso che il biacco nero maggiore sia stato elevato a rango di specie endemica d’Italia, Istria e Dalmazia soltanto da un anno (Mezzasalma et al., 2015). Oggi si chiama Hierophis carbonarius e costituisce uno dei gioielli dellabiodiversità italiana. Un motivo di orgoglio per tutti noi» conclude il dottor Lapini .Il riconoscimento del rettile come un «giovane, impaurito e innocuo coluber» è stato segnalato anche da un altro lettore, Giordano Marsiglio, di Tarcento.©RIPRODUZIONE RISERVATA

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