Donne e uomini fieramente custodi delle millenarie tradizioni del loro Paese, i giapponesi non amano concedere ad altri primati che considerano propri. Prendiamo il caso dei gatti. Se i piccoli felini potessero parlare la nostra lingua o se noi capissimo la loro o se frequentassero i social network (e chissà, magari lo fanno, quando gli umani li lasciano soli), quasi certamente ci chiederebbero di portarli in Giappone, per un viaggio o per la vita.

Difficile in effetti pensare a un Paese che ami e rispetti di più i gatti. È questione di cuore, ma anche di business: i cat café, ad esempio, sono nati in Giappone. Lo stesso vale per Hello Kitty, la gattina vagamente leziosa che da personaggio dei fumetti è da quasi 50 anni al centro di un mondo fatto di cartoleria, accessori, abbigliamento, serie tv e film. Giapponese sono i maneki neko, letteralmente “gatti che danno il benvenuto”: statuine di ogni dimensione e colore che ritraggono un piccolo felino seduto che saluta muovendo la zampa destra. Amati, protetti, rispettati, fonte di ispirazione per ogni forma d’arte, i gatti sono però arrivati in Giappone dalla Cina (questa parte della storia viene spesso omessa). Accadde verso la fine dell’anno mille, periodo d’oro della società e della letteratura nipponica: il gatto dovette sembrare un dono speciale e nei secoli successivi ogni abitante del Paese imparò ad ammirarne anche le doti di cacciatore di topi.

Forse, come ha scritto sul blog Greenious Emanuela Visco, i gatti assomigliano ai giapponesi e i giapponesi assomigliano ai gatti. «Silenziosi ma vitali, discreti, educati e pulitissimi i giapponesi ricordano molto la sobrietà di un felino». Non deve stupire quindi che solo a Tokyo esistano una ventina di cat café, gestiti da umani ma i cui padroni sembrano essere i gatti. La novità più recente sono i cat hotel, già diffusi in altre città, oltre che nella capitale. Ogni stanza ha un ospite fisso a quattro zampe: come nei cat café, prenotando in quell’hotel si accetta di incontrarlo ma senza mai disturbarlo. Deciderà lui se avvicinarsi, farvi intendere se ha bisogno di qualcosa e magari, chissà, dormire ai piedi del letto o sulla vostra testa.

C’è chi pensa di poter dividere l’universo in amanti dei gatti e amanti dei cani: è una forzatura. Entrambi questi animali hanno moltissimo da darci e insegnarci. E dal Giappone dovremmo imparare, per quanto riguarda i gatti, che gli animali, proprio come le persone, non si possiedono mai. Amarle significa rispettarne la natura e gli spazi. Servono anche a questo i cat café (che si stanno diffondendo pure in Italia) e i cat hotel, che speriamo arrivino presto.

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