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Tutte le scene che vedrete in questo film sono vere e sempre riprese dal vero. Se spesso saranno scene amare è perché molte cose sono amare su questa terra. D’altronde il dovere del cronista non è quello di addolcire la verità, ma di riferirla obbiettivamente“.

Così si legge nei primi fotogrammi di Mondo cane, un film documentario del 1962 diretto da Gualtiero Jacopetti, Paolo Cavara e Franco Prosperi.

Presentato e premiato al 15º Festival di Cannes, dopo aver vinto un David di Donatello e dopo una nomination all’Oscar, il film ottenne un grande successo internazionale diventando un cult-movie della cinematografia italiana.

E a volte i film ritornano, come – tanto per restare in tema – tanti ritorni al futuro. E’ per questo che abbiamo scelto le parole che introducono le immagini del film, perchè “il dovere del cronista non è quello di addolcire la verità, ma di riferirla obiettivamente“.

E a descrivere a VignaClarablog.it la verità del “mondo cane” dei nostri giorni, ambientato a Roma Nord, è Ruggero Marino, giornalista, scrittore e poeta residente sulla Cassia, uno dei massimi esperti di Cristoforo Colombo e della scoperta dell’America grazie ad una ricerca personale e continua che va avanti da circa 26 anni.

Ma in questa sua “lettera al direttore” non ci sono caravelle e spedizioni, niente mari in bufera e terre nuove. C’è qualcosa più terra terra, ma proprio in terra…

“Egregio Direttore, faccio una doverosa premessa. Non sono un animalista ma nella mia casa sono transitati tre cani, una dinastia di gatti, compresi gatti di strada. Ho avuto anche  tre tartarughe. A fare parte dello zoo casalingo si sono alternati inoltre due criceti, uno scoiattolo e perfino un’oca. Nella casa delle vacanze abbiamo allevato una merla ed una cornacchia cadute dal nido. Non posso essere quindi tacciato di non sopportare le bestie.

E a questo punto mi consenta uno sfogo. In un apologo da mondo-cane, Italia-cane e da paese-cane.

La mattina a volte mi reco in un  piccolo parco con tanto di laghetto fra l’Olimpica e via di Tor di Quinto. Il parco è finalmente tornato alla decenza. Panchine nuove, cestini per i rifiuti nuovi, lampioni, vialetti con la ghiaia, il verde riportato ad una crescita non più incontrollata. E infine un’ampia area cani, con indicazioni e decaloghi, a caratteri cubitali, bene in vista all’entrata del giardino.

Per la verità l’area cani esisteva già, con confini precisi ed altri cartelli. Il tutto fu divelto dai proprietari degli animali, che preferivano far scorrazzare le loro bestiole, anche quelle di razze considerate pericolose, in totale libertà e senza guinzaglio.

Con risse ricorrenti fra gli animali, senza contare a volte la paura di alcuni bambini e qualche assalto a chi correva sulla pista attorno alla pozza d’acqua, attento a non inciampare nelle deiezioni, che costellavano i prati.

Come se non bastasse le bestiole erano libere di tuffarsi nel laghetto, a volte a caccia dei volatili: gabbiani, cormorani, papere … con i nuovi nati atterriti, perché non erano in grado di volare, ma di fare solo qualche saltello con le ali. C’erano anche pesci, che qualcuno pescava con la lenza … Ogni tanto veniva un’auto della polizia o una coppia di poliziotti a cavallo. Mai vista fare una multa.

Ora, come detto, tutto è stato ripristinato e nel migliore dei modi. Si potrebbe mantenere l’oasi nel pieno decoro con un minimo di civiltà e di reciproca tolleranza. Le persone avrebbero il loro spazio, i cani il loro. Ma non è così.

I cani fanno i cani ed è giusto. Il guaio è  che non sono più dei padroni a portare a spasso i cani, ma sono i cani a portare a spasso i padroni che invadono a loro piacimento tutto il parco in assenza di guinzagli e museruole.

Trovo che questo mondo-cane nella capitale del Paese sia un esemplare paradigma dell’imperante malcostume italiano

La mia casa è a San Godenzo, in una zona residenziale abitata da media o alta borghesia. Anche qui non si può staccare lo sguardo dai marciapiedi a scanso di … infortuni che porterebbero … fortuna oltre al cattivo odore.

La zona era chiamata Poggio delle rose. Un tempo, ora è Poggio degli escrementi e delle deiezioni canine che potrebbero essere fatte nelle caditoie sotto i marciapiedi. Mentre proprio all’uscita dei palazzi muretti e asfalto sono quotidianamente rinfrescati da rivoli di orina. Due scale costellate di feci  (in 150 metri ne ho contate 15) e che collegano la via, fatta a ferro di cavallo, furono ripulite solo grazie alla nevicata.

La battuta pecoreccia sul paese di m … sarebbe troppo scontata. E il refrain del giorno e della notte inoltrata non è il via vai delle auto, ma l’abbaiare dei cani. Nel trionfo della maleducazione. Se questo accade in città, fra persone mediamente acculturate, figuriamoci nei borghi. Dove a volte i cani scorrazzano liberi, inseguendo le auto. Guai ad andare inermi a piedi. Qualche volta ci scappa anche il morto.

Sia chiaro, lo ribadisco, io non ce l’ho con i cani, ma con i padroni dei cani. Se provi a protestare vieni additato con il “dalli all’untore” e ci manca poco che ti diano del “fascista”. In una sorta di animalismo mafioso, in una sorta di solidarietà fra padroni, che da clan si fa autentico branco basato sul menefreghismo, sulla prepotenza, sulla sopraffazione: rafforzate dall’impunità. Nell’inedito contagioso riaffacciarsi di un Dna paramafioso foriero di tutti mali dell’Italia.

Non a caso i cani sono diventati il cavallo di battaglia di una rossa animalista, che ha riconquistato posizioni perdute grazie alla crociata per salvare i cani beagle di “Green hill”. La vivisezione e le torture che venivano inferte a quei cuccioli sono abominevoli, ma i servizi televisivi tipo presa della Bastiglia mi sono sembrati eccessivi. Senza contare che in uno stadio per la salvezza dei cento beagle è comparso persino uno striscione.

Penso che, oltre al resto, si stia perdendo il senso della misura. Ha mai visto, Direttore, durante una partita di calcio megacartelloni contro lo stupro dei bambini, contro la violenza sulle donne, contro i ragazzini-soldato, contro il traffico di organi, contro la fame nel mondo, contro gli eccidi ricorrenti …?

Perché, mi domando, c’è più attenzione, maggiore sensibilità per un cane che per un umano? Può spiegarmelo un sociologo o meglio uno psichiatra? Perché ci si comporta in questo modo e poi ci si fa il segno della croce?

A fronte di questa specie di neopaganesimo, che mette sul piedistallo il cane-oro rispetto all’uomo, perché la Chiesa tace? Qualcuno diceva “ama il prossimo tuo come te stesso”. Oggi forse è il caso di dire “ama il cane tuo come te stesso. E fregatene del prossimo”. Nel trionfo dell’egotismo e dell’egoismo.

Spesso, lo si ripete, gli animali sono migliori degli uomini. Verissimo. Ma allora perché i loro padroni non migliorano, invece di imbestialire, grazie alla vicinanza dei loro animali? Non è solo attraverso i grandi sistemi che si rimette in marcia un Paese.

Una casa  si costruisce a partire dal basso, non dal tetto. A volte sono più necessari i piccoli passi, le abitudini quotidiane, il reciproco rispetto. Gli esempi potrebbero essere un’infinità, la questione dei cani ne è uno soltanto. Ma si sta dilatando a dismisura in maniera inquietante.

Qualcuno potrebbe a questo punto affermare che a combattere il fenomeno ci pensano le leggi. La civiltà, quella vera, per la verità, non dovrebbe avere nemmeno bisogno delle leggi. Le norme ci vogliono, ma dovrebbero costituire l’estrema “ratio”. Sì, ma intanto servono e ci sono, si potrebbe ancora obiettare, siamo la patria del diritto. Sì, del diritto inapplicato.

Perché questo è un paese-cane che, purtroppo, si morde la coda. Perché questo, egregio Direttore, questo non è un paese solo da riformare. É un paese da rifondare. Mi creda.
Suo Ruggero Marino”

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1 Comment
  1. Francesco Masciopinto 7 anni ago

    fantastico articolo! continua cosi, dai un occhiata al mio sito http://animalresort.it/toeletta-per-cani/

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