Podisti azzannati ai polpacci, vecchiette accerchiate, turisti armati di bastoni per affrontare il viottolo che dalla spiaggia porta alla città. Strada per strada, porta per porta, ognuno a Sciacca ha una storia da raccontare sui cani randagi. La settimana scorsa ne sono stati trovati avvelenati 25, una carcassa dietro l’altra in contrada Muciare, dove sono rimaste le vaschette di chi ogni giorno dava loro da mangiare.  

«Nessuno vuole giustificare quel che è accaduto – racconta Salvatore Maggio, funzionario della prefettura in pensione – ma certo l’allarme c’è e da tempo. Mio figlio, due anni fa, è stato azzannato mentre faceva jogging. È dovuto correre a fare l’antitetanica in ospedale. L’estate scorsa, nella zona dove adesso hanno avvelenato i cani, abbiamo assistito in diretta all’aggressione a una ragazzina in motocicletta, che si è spaventata, ha accelerato ed è caduta. Il branco stava per azzannarla, se non ci fossimo stati noi automobilisti con i clacson chissà che cosa sarebbe successo».  

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Il sindaco Francesca Valenti, eletta a luglio scorso, è impegnata in riunioni su riunioni con associazioni animaliste, volontari, azienda sanitaria. Un rebus da risolvere: 40.000 abitanti, 200 randagi, nessun canile comunale, le tre strutture private sature con altri 225 quattrozampe che non possono uscire, a meno di non essere adottati. E una legge regionale che parla chiaro: i cani possono essere sterilizzati e provvisti di microchip solo se sono già dentro a una struttura.  

«Quel che è successo può ripetersi domani – dice stanca in serata -. Se l’Azienda sanitaria non mi darà risposte al più presto per realizzare una struttura di emergenza dove gli animali possano essere sterilizzati, chiederò alla Regione di istituire un’unità di crisi». Piccole consolazioni, l’adozione da parte di un’associazione toscana di 10 cani e l’allargamento della capienza dei rifugi ad altri venti ospiti. C’è posto per 30, ma ne restano fuori ancora 170.  

L’anno scorso l’associazione Anta era pronta a realizzare un canile del Comune con un privato che ci metteva i soldi. «Hanno fatto il bando e hanno sbagliato tutto dal punto di vista amministrativo – commenta Annamaria Friscia, rappresentante della sezione di Sciacca – adesso vogliono rifarlo ma non ho alcuna fiducia. Intanto il Comune continua a spendere 350 mila euro l’anno per le tre strutture private». 

Qui, nella piazza affacciata sul mare dove nel 1831 apparve e si rinabissò l’Isola Ferdinandea, non si vedono randagi. Ma diluvia. Mentre i racconti si susseguono, così come gli allarmi che in questi anni si sono alternati a cani avvelenati, impiccati, dati alle fiamme. Dieci anni fa, nel grande quartiere della Perriera, fu sospesa per qualche giorno la distribuzione della posta dopo le denunce dei portalettere. «Abbiamo fatto decine di esposti – dice Lilla Piazza, presidente dell’associazione CittadinanzAttiva e componente del comitato di quartiere -. Sono stata accerchiata io stessa. Pochi mesi fa è toccato a una vecchietta, sono intervenuti i commercianti. Non è una situazione facile, ma certo bisogna rispondere con la legge, non con il veleno». 

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