L’interferone (sigla IFN) è una citochina, cioè una proteina naturale prodotta dalle cellule animali in risposta a diversi stimoli, tra cui le infezioni virali. Stimolando il sistema immunitario, interferiscono con la replicazione virale. Dalla loro scoperta nel 1957 (Isaac e Lindenmann) si è iniziato a studiarne il meccanismo d’azione per poi riprodurli in laboratorio ed utilizzarli in terapia umana e animale. Si distinguono in tre tipi: alfa (prodotti dai leucociti), beta (prodotti da fibroblasti e cellule epiteliali), gamma (prodotti da linfociti T e cellule natural killer, NK). I virus, RNA a doppia elica, citochine come IL-1 ed IL-2 e il Tumor Necrosis Factor (TNF) sono in grado di indurre la liberazione di IFN alfa e beta, mentre solo alcune citochine sono in grado di indurre la liberazione del tipo gamma. Gli interferoni. svolgono diverse azioni: immunomodulatoria, antivirale e antiproliferativa. L’alfa-IFN esiste in almeno 18 forme, ad esempio i sottotipi 2a e 2b vengono utilizzati nella terapia dell’epatite B e C dell’uomo, il beta-IFN (sottotipi 1a e 1b) invece viene utilizzato nella sclerosi multipla umana, mentre il gamma-IFN (sottotipo 1b) nella malattia granulomatosa cronica e nell’osteoporosi maligna grave dell’uomo. Il tempo di permanenza nel plasma dell’interferone. è molto breve, poiché viene captato dalle cellule e metabolizzato da fegato e rene; la sua attività terapeutica normalmente dura circa 3÷4 ore, quindi per prolungarne il tempo d’azione è stato legato a molecole di polietilenglicole, con un processo detto peghilazione.

                            interferone gatto

L’effetto antivirale dell’IFN è dovuto all’interazione con recettori cellulari di membrana, attivando così una cascata di eventi che porta alla sintesi finale di proteine, soprattutto enzimi, con attività antivirale. Gli interferoni sono diversi dagli anticorpi e sono secreti solo in modo transitorio a seguito di un’infezione virale. Possono essere indotti da qualsiasi tipo di virus che si replica in qualsiasi tipo di cellula di una qualsiasi specie di vertebrato. Ciononostante sono soprattutto ospite-specifici, cioè gli IFN di topo sono inefficaci nell’uomo e viceversa, ma si sa che l’interferone felino funziona anche nelle cellule canine (probabilmente per la correlazione evoluzionistica di cane e gatto). invece gli IFN non sono virus-specifici, infatti gli IFN indotti durante il cimurro del cane sono efficaci contro anche la parvovirosi, sia localmente che dopo la diffusione in tutto l’organismo. Si è visto che gli IFN vengono prodotti appena i virus che si sono replicati vengono rilasciati dalle cellule infette e le attività antivirali dirette sono correlate con la guarigione. Alcuni interferoni hanno anche attività indirette immunomodulatrici ed una documentata attività antitumorale anche negli animali.

                              interferone gatto 1

Gli IFN di tipo I sono approvati dalla FDA (Food and Drug Administration) ed usati in medicina umana dal 1986 in corso di epatite B e C. In medicina veterinaria è stato registrato come immunomodulatore l’interferone omega di origina felina, prodotto con una tecnologia ricombinante, che agisce allo stesso modo dell’interferone omega naturale. È attivo sia nel cane che nel gatto. È stato inizialmente registrato per la parvovirosi del cane nel 2001 e per le infezioni da retrovirus del gatto nel 2004. Tuttavia si è visto che oltre alle proprietà antivirali, possiede attività immunomodulatrici e antiproliferative e angiostatiche, che permettono di usare la molecola anche in oncologia. I protocolli vengono aggiornati grazie anche alla raccolta di nuovi dati clinici. Studi ed esperienze in campo si hanno ormai su diverse patologie tra cui la parvovirosi del cane, il cimurro canino, le infezioni retrovirali feline (FeLV e FIV), la calicivirosi del gatto, gengivo-stomatite cronica felina, la FIP (peritonite infettiva felina), cheratite da herpes virus del gatto, panleucopenia felina e protocolli anche per il fibrosarcoma del gatto.

In passato, l’IFN-alfa umano è stato testato e utilizzato per trattare i gatti FeLV-infetti, anche con basse dosi orali di interferone. Purtroppo i risultati non sono stati soddisfacenti e si è visto che l’uso di interferone umano può determinare lo sviluppo di anticorpi neutralizzanti specifici che ne limitano ulteriormente l’efficacia. Invece l’interferone-omega ricombinante di origine felina, anche se usato per lunghi periodi, non determina nel gatto lo sviluppo di anticorpi neutralizzanti.

I principali protocolli prevedono la somministrazione sottocutanea una volta al giorno per cicli ripetuti di 5 giorni consecutivi o a giorni alterni, nel gatto. Nel cane è anche previsto l’uso endovena una volta al giorno per tre giorni consecutivi, nel caso della parvovirosi. Visto l’alto assorbimento mucosale del prodotto, viene indicata anche la somministrazione orale come “spray” in casi di gengivo-stomatite cronica felina, con l’irrorazione delle lesioni con una soluzione diluita di interferone. Nei gatti affetti da leucemia felina allo stadio non terminale si sono osservate riduzione dei segni clinici con miglioramento della qualità della vita. Purtroppo il costo elevato del farmaco spesso ne limita il suo utilizzo.

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