In questi giorni migliaia di cuccioli sono stati regalati sotto l’albero di Natale. Un animale non dovrebbe essere un regalo: il bambino che lo riceve automaticamente tende a considerarlo come una “cosa”. Un rapporto che rischia di partire sbilanciato. Ma l’idea di infiocchettare un cane come se fosse un giocattolo qualsiasi porta anche a un’altra tremenda conseguenza un po’ in tutto il mondo: mentre molti allevatori svolgono il loro lavoro in maniera corretta e responsabile, ce ne sono altrettanti che considerano gli animali solo come una fonte di business. E così ci sono migliaia di cagnoline che passano la loro vita a mettere al mondo cuccioli come se fossero dei prodotti: se ne calcolano i tempi, si buttano via quelli difettosi o in eccesso, e le stesse fanno un brutta fine quando ormai non risultano più utili alla “produzione”. 

Ora il governo inglese ha deciso di mettere fine a questo tipo di business crudele, mettendo sotto la lente di ingrandimento le cosiddette “fabbriche (o fattorie) dei cuccioli”. Il primo ministro Theresa May, che in giovane età ha avuto e amato due cani, ha detto di voler vietare la vendita di cuccioli senza la presenza delle loro madri. Questo per impedire ai criminali di usare il web per vendere animali malati o abusati. Nel pacchetto di misure per combattere questo business crudele, il primo ministro ha previsto che i cuccioli non possano venire separati dalla madre prima della vendita; che la vendita possa avvenire solo alla presenza dei nuovi proprietari per eliminare il mercato nero online; mettere al bando i venditori di cani che non provengano dal loro allevamento; regolamentare le inserzioni pubblicitarie, comprese quelle online, in modo che i venditori debbano sempre pubblicare il loro numero di licenza, il paese d’origine e il paese di residenza dell’animale domestico. 

Un pacchetto di norme che è stato battezzato “legge di Lucy”, in memoria di una cagnolina salvata da una fabbrica dei cuccioli . La sua è stata una vita piena di abusi, come tante altre femmine di cane usate per sfornare piccoli da vendere nei parcheggi o online anche a 900 euro. «Quando ho visto per la prima volta Lucy non si capiva neanche di che razza fosse. Aveva ampie chiazze prive di pelo sul corpo, la schiena era ricurva probabilmente perché tenuta in una gabbia così stretta da impedirle di muoversi. Addosso aveva un odore di carne bruciata: l’ammoniaca delle sue urine in cui era costretta a dormire l’aveva letteralmente ustionata». A fare questo terribile racconto al Daily Mail è Lisa Garner, proprietaria di una boutique per cani nel Warwickshire, che l’’ha trovata al rifugio Many Tears Animal Rescue nel Galles. «Non mi è stato detto molto della sua vita prima che la salvassero da quell’inferno, ma era chiaro dalle sue condizioni fisiche che aveva sopportato condizioni spaventose. I volontari ipotizzano che abbia quattro o cinque anni, anche se dalla sue condizioni sembra averne molti di più». 

Grazie all’amore della signora Garner, Lucy poco per volta ha recuperato una condizione fisica accettabile, ma gli incubi di quell’inferno non l’hanno mai lasciata: «Aveva l’ansia da separazione: nelle rare occasioni che la lasciavo da sola, si sedeva dietro la porta e continuava a piangere». 

Lucy è stata salvata nel 2013 e ha vissuto gli ultimi tre anni della sua vita coccolata dall’amore di molte persone. Grazie ai social network, la sua pagina Facebook conta oltre 70mila follower, ha fatto il giro del Regno Unito e il suo musetto è diventato il volto, il testimonial della campagna per mettere fine alle “fabbriche di cuccioli”. Lucy ora non c’è più, ma se la “legge di Lucy” verrà approvata sarà la più importante eredità che potesse lasciare: «Sarebbe il primo cambiamento nella legislazione sulle vendite di animali domestici dal 1951 – dicono i responsabili della Rspca (Royal Society for the Prevention of Cruelty to Animals) -. Da allora il panorama generale è radicalmente cambiato: Internet ha permesso un’esplosione di criminali che offrono animali in vendita, consegnandoli senza documentazione, figuriamoci se sono interessati a conoscere le condizioni di salute delle loro madri o come i cuccioli sono stati cresciuti. Il fatto che l’acquisto di un cucciolo sia un “fatto emotivo” ha permesso a un commercio crudele di espandersi in maniera esponenziale: una volta che una persona ha deciso di prendere quel cane, lui lo prenderà. Non importa quanti campanelli d’allarme stanno suonando nella sua testa. E questo è un male per tutti». 

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