Negli ultimi anni si è sempre più sviluppato in medicina veterinaria l’interesse nel trattamento del dolore dei nostri animali domestici con particolare attenzione alla sua individuazione e valutazione, aspetti molto più complessi rispetto alla medicina umana. E’ ormai riconosciuto che il controllo del dolore nel cane e nel gatto sia una componente fondamentale delle cure prestate dal veterinario, anzi deve rappresentare uno dei principali obiettivi nella pratica medica per garantire il benessere animale e migliorare così la qualità di vita, la risposta alle terapie e anche il tempo di sopravvivenza.

La terapia del dolore si basa sul fatto che esso non è semplicemente un sintomo o un effetto collaterale spiacevole, quasi trascurabile, ma è considerato ormai una vera e propria complessa sindrome algica, con vari aspetti da analizzare e da trattare farmacologicamente. La sensibilità crescente dei proprietari riguardo la sofferenza dei propri amici animali ha sicuramente aiutato i progressi scientifici in questo campo.

La diagnosi certa di dolore nei nostri animali comporta tuttavia oggettive difficoltà. Infatti i nostri animali non possono esprimere verbalmente le loro sensazioni: può diventare una sfida riconoscere la reale presenza e l’effettiva intensità del dolore, e questo ancor di più nel gatto.

Spesso tendiamo ad umanizzare i nostri gatti, ritenendo che le loro manifestazioni di dolore siano paragonabili a quelle dell’uomo, ma nella maggior parte dei casi non è così. Il comportamento dei nostri amici a quattro zampe in caso di presenza di dolore può essere spiegato in parte da atteggiamenti comportamentali (etologici) caratteristici della specie. I felini infatti sono predatori, spesso solitari, che tendono a nascondere la presenza di dolore in quanto segno di vulnerabilità che darebbe ad altri gatti la possibilità di invadere il loro territorio e le risorse a svantaggio della sopravvivenza.

clip_image002La diagnosi di dolore parte dunque da un’attenta osservazione della postura assunta dal gatto e dai suoi comportamenti e inizia a casa davanti agli occhi del proprietario che conosce abitudini e stile di vita del proprio animale e può individuare le variazioni rispetto al passato.

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In caso di dolore acuto le risposte possono essere molto variabili, impreviste e contraddittorie, diverse da gatto a gatto. L’animale sofferente può mostrare posture insolite con gli arti raccolti sotto di sé oppure testa, collo e schiena incurvati o rimanere sdraiato con corpo incurvato e testa bassa. Spesso è riluttante a muoversi o particolarmente inattivo o può manifestare zoppia evidente (più raro). Il gatto inoltre può aggredire, morsicare, graffiare o scappare; questi cambiamenti di comportamento possono essere associati a vocalizzazioni o al soffiare. Altre cose che si possono notare sono il non pulirsi più, oppure l’avere pupille dilatate. Non sempre il toccare l’area dolente può causare una reazione palese, come l’attaccare per difesa.

Quando è presente dolore cronico o persistente il gatto molto spesso manifesta variazioni del proprio stile di vita, con riduzione o assenza di attività, ridotto interesse per l’ambiente che lo circonda, verso il gioco e il proprietario, cambio di abitudini, perdita di peso per inappetenza. Le modificazioni dello stile di vita del gatto vanno sempre comunque messe in relazione con l’ambiente circostante e a possibili cambiamenti avvenuti nello stesso che potrebbero aver condizionato il comportamento dell’animale. Un esempio di dolore cronico è quello causato da osteoartrosi che coinvolge molti gatti anziani e non ed è spesso sottovalutato e sottodiagnosticato. Difficilmente il gatto mostra zoppia marcata di un arto. Importante è non cadere nell’errore di pensare che il nostro micio “è solo vecchio”: ci sono alcuni comportamenti da considerare nel cercare di identificare i gatti che soffrono di dolore cronico per artrosi (vedi elenco sottostante sulle modificazioni comportamentali del gatto con dolore – tratta da Journal of Feline Medicine and Surgery, vol.14, Jan 2012).

Mobilità:

· Saltare su o giù: Si rifiuta o esita nel saltare su o giù; meno agile sulle scale; non tenta di raggiungere punti alti della casa; esegue salti più corti o salta con meno frequenza.

· Agilità: Movimenti meno leggiadri; rigidità nei movimenti e “scricchiolii” articolari.

· Cambiamenti nello sporcare (feci, urina): Cambia luogo dove sporcare: sporca fuori dalla cassetta igienica; rifiuta/è riluttante a uscire fuori; rifiuta/è riluttante ad usare la lettiera (es. fa fatica ad entrare).

Livello di attività:

· Dormire: Dorme o riposa di più; rimane nello stesso luogo per lungo tempo, non cambia spesso posto; cambia posto dove riposare.

· Giocare: Gioca meno spontaneamente o se provocato; ridotta resistenza al gioco.

· Cacciare: Caccia meno; minor interesse ad ispezionare l’ambiente.

Toelettatura:

· Condizioni del mantello: Pelo arruffato o con forfora; si pulisce e si lecca meno; toelettatura eccessiva in alcune aree.

· Farsi le unghie: Artigli più lunghi: si fa le unghie di rado o in luoghi diversi o ad altezze diverse (es. non riesce ad allungarsi).

Temperamento:

· Tolleranza verso il padrone o altri animali: Interagisce di meno; irritabile verso altri gatti o altri animali; irritabile verso il padrone.

· Attitudine generale: Più tranquillo; trascorre più tempo da solo; rifiuta/ non cerca il contatto con altri animali o con il proprietario.

Si stanno sviluppando in medicina veterinaria delle scale del dolore che vengono utilizzate come guida per potere individuare e quantificare l’intensità del dolore dell’animale al fine di poterlo trattare nel modo più corretto possibile. Queste sono state studiate anche appositamente per il gatto (ad esempio la Feline Acute Pain Scale della Colorado State University), ma per ora molto più importante sembra essere la collaborazione del veterinario con il proprietario dell’animale che è in grado di riconoscere e riferire le eventuali variazioni del comportamento abituale del proprio gatto. La risposta alla terapia antalgica rappresenta inoltre un indice accurato per confermare la presenza del dolore, se il trattamento analgesico riesce a far riprendere, anche solo parzialmente, lo stile di vita precedente.

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