Siamo sempre più attenti a cosa mangiamo. Un occhio all’etichetta, l’altro al portafogli, aspiriamo al biologico e al chilometro zero per le nostre ricette. Facciamo lo stesso anche per i nostri animali? Cosa versiamo nella ciotola quando apriamo la bustina? Siamo sicuri di dar loro il nutrimento di cui hanno realmente bisogno?
Secondo Assalco, che riunisce le imprese che producono cibo per gli animali da compagnia in Italia, il padrone-tipo sceglie il cibo in base a due criteri. Il primo è “più spendo meglio è”: è alta la domanda di prodotti di fascia premium e superpremium. Il secondo criterio è la praticità e la riduzione degli sprechi: il piccolo formato è il preferito dal consumatore. Abbiamo chiesto agli esperti a cosa, davvero, dovremmo stare attenti e quali sono gli errori più comuni che commettiamo.

Le etichette – «Leggere l’etichetta dei prodotti alimentari per animali è davvero difficile», avverte Giacomo Biagi, docente di Nutrizione animale presso l’Università di Bologna: «La legislazione in merito non è poi così severa. Un’attenzione particolare dovrebbe essere prestata a un basso contenuto di ceneri e a un alto tenore di proteine, anche se non è una regola che vale per tutti gli alimenti, purtroppo. Di certo bisogna assicurarsi che sia scritto “alimento completo”: un errore tipico del proprietario è dare un mangime che piace, del cui gusto il gatto soprattutto si è innamorato, senza sapere che è “complementare” e che quindi non fornisce abbastanza vitamine e minerali. Va bene invece una volta al giorno, ma deve essere abbinato a un cibo nutriente”.

Il prezzo – Secondo Debora Guidi, veterinario nutrizionista, le etichette del futuro dovrebbero riportare «la dichiarazione di digeribilità del prodotto. Sarebbe l’unico elemento a garantirne la validità, ma oggi manca». Puntare al risparmio potrebbe non essere una buona idea. «Il prezzo incide sulla qualità», dice Biagi. Ma non è detto che gli alimenti più costosi siano anche i più salutari. «Dentro le bustine», avverte la Guidi, «potrebbero esserci alimenti che contengono carne separata meccanicamente: non è raro che le aziende immettano nei macchinari l’intera carcassa di animale. Spesso in laboratorio si trovano alte percentuali di ceneri, che indicano la presenza di osso e cartilagine dentro quella che chiamano carne». Tutti pazzi per gli snack. A detta di Assalco, sono sempre più comprati dai padroni. Quelli per gatti crescono del 15,3%, quelli per cani del 22,9%. «Non c’è niente di sbagliato nel regalare una coccola al gatto o nel premiare il cane per addestrarlo», avverte Biagi, «ma attenzione alla quantità. Bisogna evitare di fare ingrassare i nostri animali ed è bene limitare le “caramelle”. I cani, ad esempio, generalmente gradiscono un pezzetto di mela: non ha certo lo stesso apporto calorico del pane secco o del wurstel, potrebbe essere una scelta più bilanciata. Dare un avanzo dalla tavola ogni tanto non è un crimine, l’importante è che non sia la regol». Dobbiamo dare al nostro animale da mangiare quando vuole o “educarlo” a rispettare alcune tempistiche? «Il cane tendenzialmente si adatta: se lo si lascia abbaiare perché non vuole mangiare un certo cibo, tornerà a nutrirsi quando avrà fame», distingue Biagi, «mentre il gatto può arrivare a rifiutare qualsiasi cosa: il digiuno può essere molto pericoloso, può generare gravi patologie epatiche. Inutile intestardirsi: è un animale molto abitudinario». Per il docente di Nutrizione animale, «il numero di pasti non è mai troppo elevato, se non si esagera con le quantità. Per il cane servono almeno due pasti. Nel caso del gatto, sono ottimali tanti piccoli spuntini. Se il padrone non è in casa, quantomeno siano due, mattino e sera».

La dieta casalinga –  Nutrire il proprio cane o gatto con una dieta casalinga si può fare. L’importante, è non pensare al fai-da-te. «In presenza di un animale sano», afferma Biagi, «non c’è grossa differenza tra una dieta industriale o fatta in casa. Ed è meglio non rischiare di pensare di cucinare ciò che pensiamo possa fargli del bene». Il parere di un esperto è importante, dice Guidi: «In alcune patologie l’alimentazione ha un ruolo importante. La mia esperienza è di animali che si sono ammalati perché mancava l’acqua – erano alimentati solo a secco – o perché certi ingredienti possono creare problemi ad animali predisposti. Spesso, in questi casi, previa un’analisi di sangue e urine, un’alimentazione naturale consente la sparizione o l’attenuazione delle malattie».

Vegetariani o vegani? – Se il padrone è vegetariano, lo può essere anche il suo animale? Il nutrizionista Biagi è piuttosto categorico. «La carne tutto sommato si può cercare di escludere dalla dieta del cane – anche se ho perplessità di tipo etico a questo proposito – ma solo se formulata da un esperto. Per il gatto è invece praticamente impossibile: una alimentazione vegetariana rischia di fare veri e propri disastri. È vero che anche la taurina potrebbe essere somministrata sotto forma di integratore, ma le crocchette vegetali mancano di appetibilità. Nel caso di una alimentazione vegana ritengo sia impossibile escludere dalla dieta ingredienti di origine animale. Imporre una dieta vegana ad un animale carnivoro a mio parere è eticamente scorretto».

di Giulia Cazzaniga

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