I cani. La gente della Valnerina racconta che, mezz’ora prima, un unico e lugubre ululato s’è alzato da questi borghi, dagli orti, dalle vigne, dai brandelli di vita rimasta, da ciò che stiamo abbandonando per questa dannata paura che non vuole passare. Alle 7 e 41 la terra di Umbria e Marche trema di nuovo e di nuovo, mentre ci si prepara alla domenica, mentre stanno per suonare le campane delle chiese, immaginando una prima giornata di pace se non di festa, di sollievo dopo il terrore di mercoledì scorso. Non è così. Non è finita. Non vuole finire.

La nebbia si mescola alla polvere delle macerie

«Qui è crollato tutto il paese, non c’è più nulla in piedi», strilla al telefono il sindaco di Ussita, uno dei paesi più colpiti quattro giorni fa, uno dei vertici del triangolo del secondo terremoto e dell’interminabile terrore. A Castelsantangelo sulla Nera si vede la nebbia, formata dalla polvere di altre palazzine che vengono giù, praticamente in diretta. La frazione di Casali è isolata, ci vuole un elicottero per salire lassù, qualcuno dice che si siano persone bloccate. Le voci si inseguono. Dopo la scossa delle 7 e 41 ne contiamo almeno altre quindici, più piccole, sciame sismico, dicono, una formula che non rassicura.

Il senso di smarrimento nel brusco risveglio

L’epicentro è Norcia e Preci, leggermente più a Sud dal precedente, dunque, pare a soli dieci chilometri di profondità: un 6.1 di potenza che all’inizio, sull’onda dell’angoscia, diventa 7.2 sui siti. Ma l’ultimo calcolo fissa il dato a 6.5. Ha poco senso questo rincorrersi di numeri, ciò che ha senso è il sentimento di smarrimento rimasto sulla pelle di ciascuno, al primo risveglio. Questo tremore che non passa. Che sta nelle mani, assieme al rumore sibilante nelle orecchie. Il colpo viene sentito fino a Bolzano e fino a Foggia. Rieti, con i suoi paesini straziati il 24 agosto, balla paurosamente. E a Roma è il panico, tutta Roma nord soprattutto è coinvolta dall’onda della scossa, le telefonate si sovrappongono, l’angoscia intasa i cellulari. Ci sono nuovi crolli ad Amatrice, nuovi ad Arquata del Tronto, i luoghi piagati la scorsa estate.

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Terremoto, nuova scossa in centro Italia magnitudine 6.5
Soli con la paura

A Norcia vediamo la scena le suore del convento che scappano piangendo, in mezzo alle macerie, con i vigili del fuoco che le sorreggono, che fanno loro da cordone protettivo, perché adesso ci resta soltanto quest’abbraccio, questa fratellanza tra noi italiani, cui aggrapparci. Siamo soli. Noi e la nostra paura. Noi e la nostra terra.

Stava cominciando la ripresa

È la dannazione di questo terremoto, di questo ritorno che sembra eterno. «Qui ora sta franando la gente», ci diceva l’altra mattina il sindaco di Ascoli, Guido Castelli, che s’è vissuto le settimane infinite del dopo 24 agosto, emergenza dopo emergenza, crepa dopo crepa dentro un patrimonio storico che appartiene al mondo. Mentre stavamo cominciando la fase della ripresa, mentre stavamo portando via le macerie delle case e delle anime, nemmeno il tempo di valutare i danni e di litigare con un’Europa matrigna che si comporta come se i borghi d’Italia non fossero patrimonio suo, ecco il nuovo colpo, che tutto spezza. Prima mercoledì. Poi adesso.

Si moltiplicano gli sfollati

Colpi che rendono inimmaginabile e imprevedibile la ricostruzione, l’impatto sugli alloggi che dovevano arrivare per marzo prossimo e che adesso dovrebbero moltiplicarsi, come si sono moltiplicati gli sfollati, quei senzacasa che adesso riempiono gli alberghi della costa adriatica e guardano nel nulla, il nulla del futuro. Cadono massi sul Salaria. Il metrò di Roma si ferma per prudenza. Alle otto del mattino suore e frati pregano in piazza, in questa piazza che ancora trema. Davanti alla basilica di San Benedetto crollata. E noi, guardandoli, preghiamo con loro.

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