La sveglia suona ogni mattina alle 5.40. Un minuto dopo Muttley e Maverick sono sugli attenti. Il gioco consiste nell’eseguire al meglio quello che chiederà il «capobranco», l’umano Alessandro Dalvit. E a giudicare dai risultati ottenuti fin qui, Alessandro, 40 anni, imprenditore di Trento che costruisce serbatoi per il vino, sa bene — benissimo — come farsi obbedire. Muttley, femmina di labrador che ha sei anni e il pelo nero come la pece, davanti a lui è il ritratto della concentrazione. E non è certo un caso se un paio di settimane fa ha vinto il campionato italiano per i cani da soccorso, un titolo conteso fra trenta fuoriclasse al suo stesso livello e voluto dall’Iro, l’Organizzazione internazionale dei cani da soccorso.

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L?uomo che insegna ai cani a essere i migliori
Il podio mondiale

Ma se il tuo umano di riferimento è uno come Alessandro non puoi non primeggiare in qualcosa. E così Maverick, l’altro cane di casa Dalvit (maschio, pastore belga malinois) a settembre del 2015 si è aggiudicato il quarto posto nel campionato del mondo per la ricerca in caso di terremoto. Un risultato straordinario, tenendo conto del fatto che quando ha partecipato non aveva nemmeno tre anni.

Il cane da cui tutto iniziò

A dire il vero c’è anche un terzo cane vincitore nella vita del nostro amico imprenditore, un golden retriever femmina che si chiama Cody. È il cane dal quale tutto è cominciato, quello che Alessandro ha voluto per primo nella sua vita, 14 anni fa. «Volevo che imparasse alcune cose elementari per rendere più facile la nostra convivenza e quindi mi sono rivolto alla Scuola provinciale di Trento per i cani da ricerca e catastrofi» ricorda lui stesso. «Poi mi sono avvicinato al mondo del volontariato e della ricerca delle persone, ho cominciato a interessarmi all’educazione dei cani…»

Direttore tecnico della scuola

Risultato? Oggi Alessandro Dalvit è il direttore tecnico di quella scuola, istruisce soccorritori, divide il suo tempo libero fra la famiglia (ha moglie e due figli) e la formazione di unità cinofile da soccorso. Talento puro, dice di lui chi lo vede all’opera. Come del resto si era capito fin troppo bene quando Cody, alle prime armi come cane da ricerca, riuscì a ritrovare un anziano disperso nei boschi trentini, impresa che le valse un «premio fedeltà» ma, soprattutto, applausi a non finire, le coccole del suo padrone e la riconoscenza eterna dell’uomo ritrovato.

Poche parole e tanto tempo

«L’empatia con un cane non si improvvisa e non si inventa» è la prima cosa che Alessandro direbbe a un aspirante istruttore. «Esattamente come fosse un figlio, lui ha bisogno del tuo tempo, tutto il tempo che puoi, della tua pazienza e della tua fermezza ma anche delle carezze e del premio al momento giusto. Pochi ordini ma decisi, non servono tante parole. Quando si stabilisce il feeling lui capisce anche sguardi e movenze. L’empatia si conquista anche in modo un po’ – mi passi il termine – primitivo. Non mi vergogno di dire che con ognuno dei miei cani durante il primo mese di convivenza ho dormito per terra accanto a loro, su un materasso…».

La prova più dura

Premi, riconoscimenti, attestati. Tutto molto difficile da ottenere, faticoso. Ma il lavoro più grande, giura Alessandro, è stato quello per le selezioni Mrt (mission readiness test), esame internazionale di 48 ore durante le quali sia il cane sia l’istruttore vengono sottoposti a prove durissime di resistenza fisica, di ricerche (notturne e diurne)in ambienti ostili o disastrati, di sopravvivenza e di conoscenza dei segnali internazionali. Al mondo sono soltanto sessanta i cani che hanno superato il mission readiness test, in Italia ce ne sono cinque. E indovinate un po’? Due di quei cinque sono Muttley e Maverick. Dopo ogni successo un premio: del cibo, una coppa, una medaglia, un diploma. Ma per Cody, Muttley e Maverick il premio dei premi arriva con le carezze, con la voce del «capobranco» mentre dice «sei stato bravissimo».

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