Trento, 19 marzo 2018 – Il grande aumento dell’allevamento di bestiame per alimentare il mercato globale del cashmere nella zona dove vice il leopardo delle nevi ha un impatto negativo sulle due prede naturali, tra cui lo stambecco siberiano, e potrebbe minare la sopravvivenza del felino. Lo rivela uno studio dei ricercatori del Muse di Trento, pubblicato sulla rivista internazionale di conservazione ambientale Oryx, che presenta i risultati della prima spedizione alla ricerca del leopardo delle nevi nei Monti Altai della Mongolia.

«Abbiamo analizzato i dati di quasi 50 foto-trappole allo scopo di capire come il bestiame domestico influenza la presenza di leopardo delle nevi e dello stambecco Siberiano, sua preda principale in quell’area», racconta Francesco Rovero del Muse. «I risultati – aggiunge – mostrano che, dove è presente il bestiame, la presenza dello stambecco crolla nettamente. Inoltre abbiamo rilevato che la presenza del leopardo delle nevi non pare cambiare in presenza o assenza del bestiame, ma che non è neanche influenzata dalla presenza dello stambecco; risultato inaspettato, che potrebbe indicare che il leopardo compensa il crollo delle prede con gli animali domestici, esponendosi quindi al bracconaggio e all’incremento dei conflitti con i pastori».

I ricercatori avvertono che la rarità del leopardo è tale da rendere necessari ulteriori studi e approfondimenti con dati provenienti da aree più vaste, e capire le complesse dinamiche di co-esistenza del predatore con le prede e con il bestiame domestico. Il leopardo delle nevi è uno dei grandi felini più rari al mondo, presente solo in alcune remote aree montane dell’Asia centrale, dal Nepal alla Siberia, e si stima ne sopravvivano solo poche migliaia di individui. Il programma di ricerca del Muse, in Mongolia, è condotto in collaborazione con la Ong Mongola Green Initiative e altri partner internazionali tra cui il Museo danese di Storia naturale e l’Università di Losanna. 
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